Nell’ideale piano sequenza effettuato tramite il passaggio di un drone, che costituisce il punto di partenza imprescindibile di una qualsiasi visita contemporanea digitale a una città, apparirà sopra la città di Oslo uno strano tipo di monumento. Simile a una torre quando visto dalla giusta direzione, con un rapido cambio di prospettiva troverà la forma inusitata del suo profilo: diagonale, digradante ed armonioso come l’effettiva curvatura di un serpente, ma di un tipo la cui testa appare simile a un rettangolo. E la coda… Vetro, ferro e cemento dall’impiego forse non facilissimo da intuire agli occhi di chi vive in pianura. A meno di trovarsi lì nella particolare settimana di marzo, quando ogni anno cade la ricorrenza dedicata a questo antico colle e il rituale che da oltre un secolo risulta collegato ad esso, culminante col decollo di un succedersi di eccezionali atleti. Coloro che trasformano la discesa in decollo, ed un comune paio di sci ai piedi nelle ali di un aeroplano. Proprio qui sullo Holmenkollen (collina piatta) che nel 1892, per la prima volta, venne raggiunto da una schiera di cavalli e carri, per l’avvenuta designazione come luogo di svolgimento di uno dei più importanti sport nazionali. Quello stesso salto con gli sci, per l’appunto creato alla sua origine esattamente 84 anni prima, quando il generale norvegese Olaf Rye decise di dar dimostrazione della sua forma fisica e coraggio alle truppe in rassegna innanzi alla chiesa di Eidsberg a Viken. “Appena” 9,5 metri di volo, destinati tuttavia a cambiare letteralmente la storia degli sport invernali. Compresi quelli praticati informalmente per l’intero corso del secolo successivo negli immediati dintorni della capitale, in luoghi tra i palazzi ed i sentieri cittadini come Ullbakken, Voksenkollen e Husebybakken, almeno finché nel 1891 l’Associazione Nazionale per la Promozione dello Sci (Skiforeningen) non determinò tali location come troppo anguste e perciò inadatte all’alto numero di spettatori che volevano assistere di volta in volta all’esibizione dei partecipanti. Dal che il trasloco in questo luogo maggiormente periferico e non semplicissimo da raggiungere, ma dotato delle migliori caratteristiche topografiche possibili per favorire il distacco umano dal suolo nevoso. E l’iniziativa fu da subito un successo, con migliaia di spettatori accorsi fin dalla prima edizione nonostante le difficoltà logistiche in assenza dei moderni strumenti di collegamento o pratici viali. Resta interessante notare, osservando quello che costituisce oggettivamente il più antico trampolino sciistico tutt’ora funzionante, come in tale epoca esso non avesse certamente l’aspetto che possiede ora. Poiché basilare restava l’idea in quell’epoca nel territorio dei Paesi Nordici, che il decollo indotto nel corso di una discesa nevosa dovesse essere esclusivamente praticato su percorsi del tutto naturali, senza le antiestetiche sovrastrutture che avrebbero iniziato ad essere costruite nel successivo ventennio a partire dagli Stati Uniti. Ciononostante, ad un considerevole costo per le autorità cittadine, fu deciso già dal 1894 di modificare in parte quel paesaggio appiattendo una problematica gobba che tendeva a causare più di qualche incidente, cui venne anteposta nel 1904 anche una rampa costruita con la pietra, tale da incrementare sensibilmente la distanza attraversata in aria dai saltatori. A partire dal 1910 essa venne progressivamente alzata ed infine nel 1914, cedendo ai possibili guadagni derivanti da ottimali presupposti di ammodernamento, lo Holmenkollenbakken (trampolino di Holmenkollen) propriamente detto venne fornito di una rigida sovrastruttura di metallo, nonostante gli articoli infiammatori della stampa e le proteste degli abitanti di Oslo. Tale svettante edificio simile al tragitto di una montagna russa, a partire da quel fatidico momento, sarebbe in seguito stato ricostruito per un gran totale di 19 volte. A partire dal suo primo drammatico, ma fortunatamente non così tragico incidente…
Era l’alba di un giorno come gli altri nel 1927, quando poco dopo una gremita competizione sciistica sullo Holmenkollen una pesantissima nevicata ricoprì completamente l’intera sovrastruttura di salto e la vicina tribuna in legno per i giudici di gara, tanto alta da essere stata soprannominata dai cittadini come “Torre di Babele”. L’incombenza reiterata degli agenti atmosferici, unita al peso dell’acqua semi-congelata, contribuirono nel causare un crollo rovinoso di quell’edificio, che per buona misura portò giù con se buona parte della rampa metallica per gli sciatori. Fu una notizia piuttosto impressionante, visto come con tempistiche anticipate di soltanto una mezza giornata avrebbe potuto coinvolgere e ferire non pochi spettatori. Ma trattata come un fatto secondario dai giornali di allora, e interpretata in modo inverso come un segno del destino: Oslo doveva ricostruire il suo trampolino e farlo ancor più grande e svettante di prima. Ormai da tempo lo Holmenkollenbakken non era d’altra parte paragonabile, per l’efficienza e lunghezza dei suoi salti, al record del mondo fissato sui 60 metri e per questo fu deciso di drenare un’intero lago. Niente meno che il Besserudtjernet, situato sulle pendici del Colle Piatto ed impiegato come fonte idrica per diversi hotel, i quali avrebbero dovuto in seguito effettuare un più diretto collegamento all’acquedotto cittadino. Ulteriori spalti vennero così aggiunti, mentre il tragitto di decollo e la zona di atterraggio si trovavano ampliati di una considerevole quantità di metri. Nel 1940, con l’attribuzione a questo importante sito storico del Campionato Sciistico Nordico della FIS, si decise di ricostruire la torre e relativa discesa ancor più alte di prima, per un totale di 40 metri dal livello della cima della collina. Se non che, per un crudele scherzo del destino, l’anno successivo la Norvegia sarebbe stata invasa dalla Germania nel corso della seconda guerra mondiale, relegando tale struttura strategica a torre di avvistamento per i cannoni della contraerea tedesca. La rinascita, a seguire, sarebbe giunta nel 1946 con l’importante e commovente “Corsa della Pace” (Fredsrennet) durante cui un gruppo di spettatori, inaspettatamente ed autonomamente, si dispose nello spazio di atterraggio formando i caratteri “H-7”, come segno d’omaggio al loro sovrano Haakon VII che assisteva dalla tribuna reale. La presenza di decine di migliaia di persone sull’iconica collina era ormai un’occorrenza frequente, ma il record di presenze che resiste ancora oggi sarebbe stato stabilito durante le Olimpiadi Invernali del 1952, che utilizzarono l’interno complesso sportivo sorto negli anni attorno allo Holmenkollen e videro una quantità stimata tra le 120.000 e 150.000 persone accorrere per assistere a quello che veniva percepito dai locali come il singolo evento più importante e spettacolare dell’intera kermesse. Seguirono lunghi anni d’intenso utilizzo, con ricostruzioni ed ampliamenti nel 1963, 81, 93 e 99. Tanto che uno slogan frequentemente utilizzato nei circoli dei commissari edilizi di Oslo diventò “Preservare l’attività piuttosto che l’edificio” di fronte all’inevitabile usura subita dallo Holmenkollenbakken per i forti venti e le frequenti precipitazioni nevose della sua specifica collocazione. Almeno finché nel 2002, con un progetto dal costo decisamente superiore a quelli precedenti, fu finalmente deciso di dar forma ad una struttura di tipo più duraturo…
L’iniziativa provenne ancora una volta su suggerimento dell’associazione sciistica Skiforeningen, che chiese ed ottenne dalla città un finanziamento parziale di 52 milioni di Corone pari a quasi 5 milioni di Euro per implementare un nuovo trampolino in tempo per i campionati del 2011 della FIS, che si sarebbero tenuti proprio nella città di Oslo come ricompensa dopo un lungo processo di negoziazione. Venne istituita quindi una competizione architettonica, che fu vinta dallo studio belga JDS di Julien de Smedt, grazie all’avveniristica torre tutto-in-uno che assomiglia per molti versi ad un vero e proprio grattacielo dalla disposizione diagonale. In cui ogni elemento, inclusi gli spalti, i locali tecnici, gli spogliatoi per gli atleti e persino il negozio di souvenir sono integrati in un singolo corpo monolitico, così da accentuare l’imponenza e spettacolarità della svettante struttura. Che non fu rapida, né semplice da costruire, con uno sforamento del budget assolutamente spettacolare rispetto ai 310 milioni di NOK originariamente previsti, pari in ultima analisi a 715 milioni. Il primo salto successivamente all’inaugurazione il 3 marzo del 2010 ad opera di Bjørn Einar Romøren avrebbe tuttavia ricompensato le aspettative degli appassionati, superando abbondantemente i record precedenti con un gran totale di 110 metri. Un record destinato ad essere superato ancora nel 2011, coi 131 raggiunti da Anders Jacobsen.
Pur non essendo una collina di salto particolarmente alta o performante nell’attuale panorama del salto a livelli olimpici, la Holmenkollenbakken vanta indubbiamente uno status simbolico difficilmente raggiungibile da qualsivoglia possibile alternativa. Costituendo anche una meta turistica di primo piano, con il museo dedicato alla storia degli sci e quello che potremmo tranquillamente definire il punto più alto, nonché la vista migliore di tutta Oslo. Al punto che è stato stimato, in epoca pre-Covid, che il trampolino riesca ad attirare una quantità di visitatori stimata attorno al milione annuo, superiore a qualsiasi altro punto di riferimento nazionale.
Tutto questo, a partire dall’iniziativa di quel singolo eroico ufficiale, che dando sfogo ad un impulso momentaneo aveva dimostrato di poter spiccare il volo, “appena” 41 anni prima di morire, si dice eroicamente, nel corso della battaglia di Fredericia contro le forze danesi. Quando ancora non bastavano le passioni e una cultura dalle origini comuni, per unire saldamente i popoli d’Europa. E qualcuno direbbe, ahimé, che non bastino ancora.