Un lungo condizionamento contestuale assieme al peso della convenzione digitalizzata che convergono nella necessità fondamentale di acquisire la “cosa più desiderata”, “l’oggetto/soggetto del desiderio”, “il cruccio dell’anelito primario”. Persone, cose ed animali, se non la risultanza delle prime, per il tramite delle seconde, all’interno dell’insieme immaginario dei terzi; ovvero in altri termini, il muride comunemente noto col vezzeggiativo linguisticamente invariabile di Pikachu. Ma c’è qualcosa di ancor meglio, nella logica del collezionista, che è possibile riporre nell’involucro della prototipica sfera Poké. Sto parlando, chiaramente, di un topo elettrico di un giallo LEGGERMENTE più scuro. Shiny è il termine che viene riferito al singolo esemplare di creatura di quel mondo che ha un colore differente, perciò inerentemente più rara e dunque preziosa. Ma nel mondo reale tale ideale categoria di esseri è generalmente fluida al punto di poter includere, di volta in volta, tutti gli animali poco noti che assomigliano a una varietà più comune. Il che implica, molto più spesso di quanto tenderemmo a pensare, l’intromissione più meno diretta della mano dell’uomo. Nel caso dei topi comuni d’altra parte, con la loro vita breve e la ben nota capacità di proliferazione, gli aspiranti allevatori hanno molto di cui divertirsi. Una creatura intelligente, semplice da nutrire ed ancor più semplice da accudire, che può essere addestrata ad obbedire ad una larga varietà di comandi. Finché l’onda inarrestabile delle generazioni non permetterà, dopo poco più di un ciclo di stagioni, di poter apprezzare il risultato del proprio specifico processo di selezione. Fino all’ottenimento di un qualcosa di talmente eccezionale, così straordinario e fuori dal comune, da sembrare non meno fantastico di un Charmander verde oliva.
Così la foto che vedete qui sopra, avendo circolato orma da più di cinque anni online (tanto che il soggetto sarà ormai da tempo transitato a miglior vita) è stata laboriosamente ricondotta al suo autore e proprietario del topolino, l’utente Sapphiresenthiss del portale Deviantart, che oltre ad un’interesse per i disegni a tema supereroistico del genere slash (d’incontri romantici tra eterni nemici) parrebbe avere l’interesse duraturo nell’allevamento di tarantole e roditori. Speriamo all’interno di gabbie ben separate. E qualifica il suo notevole beniamino come appartenente alla “razza” dei Satin Texel, sulla base della classificazione utilizzata nel corso degli show di settore. Ora come potrete facilmente comprendere, vista la complessità inerente nella definizione di categorie all’interno della famiglia Muridae a maggior ragione risulta difficile inserire le risultanze d’innumerevoli processi paralleli di perfezionamento genetico all’interno di macro-categorie universalmente riconosciute, come le razze di cani e gatti. Tanto che si usano, in maniera molto pratica, dei tratti di riconoscimento multipli al fine d’identificare l’effettiva schiatta del partecipante all’estetica tenzone. Di cui queste, potrete facilmente apprezzarlo, sono due delle più altamente desiderate…
Nel vasto mondo degli artisti creativi, come certamente può essere categorizzato il possessore ed allevatore di un topo come questo, ci sono due tipi di capolavoro: quello che colpisce chi è già esperto del settore, e quello talmente ben riuscito da emergere a pieno titolo nell’ingombro spazio del senso comune, suscitando l’istantanea e diffusa ammirazione di coloro che neppure avevano coscienza dell’esistenza di un tale ambito espressivo e situazionale. Il che parte quasi sempre da una base solida, come il topo Satin (“di velluto”) creato per la prima volta dall’americano Tony Cooke, una figura prossima alla leggenda tra i suoi colleghi ed insigni successori. Autore di un testo sull’allevamento del roditore domestico per eccellenza pubblicato nel 1977 (Exhibition and pet mice) ma la cui biografia parrebbe di difficile reperimento, al punto che i pochi dettagli di cui disponiamo basterebbero a caratterizzarlo come uno scienziato specializzato nel campo delle radiazioni con l’accesso a numerosi laboratori in giro per gli Stati Uniti. Da uno dei quali, per un vezzo del momento, avrebbe prelevato e messo in salvo un singolo esemplare, dal pelo particolarmente lucido e più lungo del normale. Ora l’aneddoto vuole che il povero topolino, forse a causa degli esperimenti subiti o l’ambiente malsano in cui era stato tenuto, soffrisse di una pessima salute richiedendo cure ed accorgimenti particolari. Ma avesse anche dentro di se un inestimabile tesoro: il gene Foxq1sa o forkhead box Q1, capace di trasmettere le notevoli caratteristiche del suo manto a qualsiasi figlio o figlia avrebbe prodotto nel corso della propria esistenza. E così via a seguire, tanto che il Dr. Cooke seppe riportarlo ad uno stato di salute sufficiente da poter mettere al mondo una prole di sana corporatura, destinata a trasformarsi successivamente alla diffusione sul mercato in vera e propria stirpe. Mentre ancor meno definita risulta essere, di contro, la discendenza pregressa del cosiddetto topo curly o (Ast)Rex, di nuovo una formula contratta che si riferisce al codice genetico Re/*, un tratto dominante ed ereditario capace di concedere un pelo in media più lungo e movimentato, donando l’aspetto interessante ai topi risultanti che a questo punto possiamo dire di aver ben conosciuto. Molto più diffuso e facile da ottenere rispetto al Satin, al punto che ne esistono numerose varianti selezionate in base al colore, questa tipologia di roditori compare frequentemente in video esplicativi e trattazioni online, spesso connotata dalla notazione young (giovane). Questo perché la caratteristica natura del pelo più lungo e ondulato tende a sparire con il raggiungimento dell’età adulta, a causa dell’emersione dei follicoli parzialmente compressi. Da cui emerge come ancor più largamente desiderabile il caso delle discendenze cosiddette Texel, che mantengono più a lungo tale caratteristica ma purtroppo finiscono per perdere il pelo con il raggiungimento dell’età avanzata. Ma la perfezione, come sappiamo fin troppo bene, raramente appartiene a questo mondo…
Per tornare dunque al magnifico esemplare esposto anni fa da Sapphiresenthiss, purtroppo rimasto senza un nome proprio da associare alla foto, apparirà chiaro come esso rappresenti la perfetta convergenza di almeno due dei tre fattori genetici fin qui descritti, verso l’ottenimento di uno degli esempi più formidabili di un piccolo roditore d’allevamento, che avrebbe potuto facilmente ricevere i più elevati riconoscimenti delle federazioni internazionali operative in questo ramo. Fotografato tra l’altro in condizioni ideali e su fondo scuro, giustificando pienamente il soprannome informale ottenuto su Internet di golden mouse (topo dorato). Il che ha inerentemente generato un altro tipo di fraintendimento, poiché convenzionalmente l’animale a cui viene attribuito una simile definizione è l’Ochrotomys nuttalli della Virginia, Texas e Florida centrale, un tipo di topo del Nuovo Mondo dalle inclinazioni comportamentali fortemente arrampicatorie. Famoso per la sua costruzione di nidi sferici sui rami degli alberi con muschio e rametti, nonché la colorazione marrone chiaro che talvolta tende a riflessi lucidi non del tutto differenti da quelli dei cugini Satin. Fermo restando come alcun tipo d’ibridazione con il topo domestico Mus musculus resti di gran lunga impossibile, trattandosi di creatura tassonomicamente inserita nella famiglia dei cricetidi, e per questo incompatibile con le controparti addomesticate ormai da svariati secoli a questa parte.
Così come un Pikachu non potrà mai far figli con il Dedenne, il Bidoof o il Rattata. A meno di voler ricorrere alle improbabili alterazioni genetiche proposte dal famoso portale Pokemon Fusion Generator capace di condurre alla più perfetta e poetica perversione del concetto di Shiny. Qualcosa di naturalmente irrealizzabile ma che titilla e misteriosamente attrae l’immaginario degli umani. Se soltanto, per una volta almeno, rimanesse il puro e immateriale frutto della fantasia!