Così come i film di Peter Jackson continueranno il loro movimento a ritroso attraverso la linea temporale del Signore degli Anelli, la pubblicazione delle opere di J.R.R. Tolkien avviene ormai da generazioni con un’ordine invertito rispetto a quando furono scritte. Linguista e accademico oltre che scrittore e poeta, massimo specialista mondiale su Beowulf e filologo prima ancora di diventare inventore d’idiomi e mondi fantastici, il celebre autore inglese fu anche un importante studioso del ricco e variegato corpus narrativo collegato al ciclo di Re Artù. E intorno a questo argomento, è noto ormai da tempo, egli scrisse anche un sofisticato poema epico, di oltre 200 pagine, dedicato alle vicende vissute dal sovrano verso la fine del suo regno. Di tale opera, intitolata The Fall of King Arthur (La caduta di Re Artù) lo scrittore fece menzione per l’ultima volta in una sua lettera del 1955, ma purtroppo la lasciò incompiuta al momento della morte. Ma d’improvviso, con un colpo di scena letterario degno del Nome della Rosa, non tutto appare più perduto: lo scorso ottobre infatti la casa editrice HarperCollins ha rivelato su Internet di aver ricevuto da Christopher Tolkien, figlio dell’autore, i manoscritti originali del poema e di stare lavorando con lui al fine di portarlo finalmente in libreria. Pochi giorni fa, con tempistica decisamente azzeccata, le due parti hanno infine deciso di rilasciare al grande pubblico i primi, affascinanti versi del libro.
The Fall of Arthur è un poema narrativo in versi allitterativi, quindi non in rima ma basato sulla ripetizione di suoni e sillabe, nella tradizione delle antiche opere letterarie dei sassoni e dei britanni. Racconta di come Re Artù, in viaggio presso una distante località di nome Mirkwood, toponimo esistente anche nella Terra di Mezzo, venga richiamato a Camelot per sconfiggere il traditore Mordred, personaggio che in alcune versioni del mito è il suo figlio illegittimo nato dalla Fata Morgana. Il vecchio re, già piegato nello spirito dall’infedeltà dell’amata Ginevra, dovrà allora radunare per l’ultima volta i suoi cavalieri, al fine di scacciare i ribelli e mercenari che insidiano i popoli di Britannia. Ecco l’incipit:
“Arthur eastward in arms purposed
his war to wage on the wild marches,
over seas sailing to Saxon lands,
from the Roman realm ruin defending.
Thus the tides of time to turn backward
and the heathen to humble, his hope urged him,
that with harrying ships they should hunt no more
on the shining shores and shallow waters
of South Britain, booty seeking.”
La mia parafrasi in italiano:
“Artù verso Est montava intenzion guerresca
di portar contesa alle selvagge Marche,
verso le terre sassoni sui mari navigando,
delle vestigia sul suolo Romano, difensore.
A cancellare il corso degli eventi
lo spingeva la sua speme, e ad umiliare i barbari,
che con le moleste navi non predassero ancora,
le splendenti spiagge e le acque miti
della Britannia meridionale, in cerca di bottino.”
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