In un quesito degno della mitica creatura greca nota con l’appellativo di Sfinge, rovina dei Cadmei, potrei farvi sollevare un sopracciglio domandando a seguire: quale creatura nasce nera, è principalmente blu nel periodo mediano della propria esistenza, e poi diventa gialla una volta prossima al coronamento dei suoi giorni da trascorrere sulla Terra? Intesa come nome del Pianeta che condividiamo, piuttosto che la mera parte emersa di quel mondo dall’ambiente relativamente temperato ed accogliente. Questo perché l’essere in questione, di suo conto, trascorre i propri giorni a una profondità mediana di 30-40 metri, qualche chilometro a largo di luoghi come l’Indonesia, la Polinesia, la Nuova Caledonia, la Cina ed Il Giappone. Ed un po’ più raramente l’Australia, l’Africa Orientale, il Madagascar, l’India. Un indizio dunque forse meno indicativo di quanto si sarebbe indotti a pensare, vista l’estrema vastità di questo territorio, dando l’opportunità di coadiuvarlo con un altro cenno in merito all’intestatario dell’enigma mitologico convenientemente modificato. Perché si tratta, in modo estremamente distintivo, di quel tipo di essere che la scienza è solita classificare come ermafrodita protandrico, ovvero che nasce maschio, per poi diventare solamente, con il trascorrere di anni, una femmina a tutti gli effetti pronta a deporre le proprie uova. Il che stringe significativamente il cerchio, a patto che abbiate già sentito parlare di questo notevole animale. Esatto: Rhinomuraena quaesita, l’anguilla (a nastro) con il naso prominente “[molto] ricercata”, per una comprensibile, quanto imprescindibile ragione: la loro bellezza e unicità variopinta. Così come esemplificato dal naturalista statunitense Samuel Walton Garman, che nel 1888 pensò di aver trovato una specie cognata delle già note R. amboinensis, più piccole e del tutto cupe nella tonalità dominante della propria livrea, mentre la nuova versione di un metro di lunghezza appariva caratterizzata da un contrasto appariscente giallo sulla lunga pinna dorsale e blu/violetto nel resto del corpo, per un mera coincidenza non troppo diverso dai colori della bandiera dell’Ucraina. Ma anche dotata di una grande bocca quasi sempre aperta, con la mandibola inferiore di lunghezza minore, e quella soprastante ulteriormente ornata dal possesso di un paio di narici tubolari, con la forma approssimativa di un’infiorescenza o altra parte di vegetale. Ragion per cui vengono identificate convenzionalmente in Cina con l’espressione poetica di anguille della foglia di salice, o qualche volta drago d’acqua in forza della vaga somiglianza con l’essere supremo che domina i flussi oceanici ed i venti soprastanti, secondo il folklore di una buona parte dell’Asia. Particolarmente quando la si vede nuotare, con un caratteristico movimento sinuoso e ondulatorio, attività spesso compiuta successivamente al crepuscolo per le abitudini largamente notturne di questo carnivoro predatore. La cui preferenza resta ad ogni modo quella di giacere in agguato, nello stesso pertugio dove trascorre sonnecchiando il corso principale delle proprie giornate, con soltanto la testa sporgente assieme a qualche centimetro di coro e pronta per ghermire i piccoli pesci che costituiscono la parte principale della propria dieta. Nella maniera istantaneamente riconoscibile di un tipico ostacolo dei videogames…
Parte del vasto ordine degli Anguilliformi, come tutte le altre murene, l’anguilla a nastro possiede alcune caratteristiche che rimandano direttamente all’identità riconoscibile della categoria. A partire dall’inizio del suo ciclo vitale, che vede scaturire i nuovi nati nella forma delle larve trasparenti a forma di losanga dei leptocefali, capaci di nutrirsi delle minuscole particelle di materia vegetale ed altro cibo fluttuante nella colonna verticale dell’oceano che conosceranno presto come la propria casa. In circostanze spesso geograficamente separate dall’habitat comunemente impiegato dalle anguille a nastro che iniziano a scurirsi, seppur non nella misura del famoso e remoto sito del Mar dei Sargassi utilizzato dalle anguille dell’Atlantico settentrionale. Stiamo d’altra parte parlando di una creatura piuttosto sedentaria e tutt’altro che territoriale, al punto che esemplari multipli e dello stesso sesso possono anche convivere all’interno dello stesso pertugio individuato tra le rocce, i coralli e le madrepore dei fondali. Questo perché una volta raggiunta l’età adulta dopo un periodo di circa 3 o 4 anni, la suddivisione tra le due ipotesi rilevanti tende a diventare distintivamente fluida, con singoli esemplari dimostrati dalla scienza in grado di mutare sesso anche cinque o sei volte nel corso della propria esistenza. Sempre provvedendo a mutare la quantità di giallo presente nella propria pelle ricoperta di muco e priva di scaglie, sebbene sia soltanto verso il raggiungimento della seconda decade, identificato come probabile limite del baratro finale della senescenza, che l’anguilla ormai del tutto gialla raggiunge le sue dimensioni massime e si dedica completamente alla parte maggiormente dispendiosa della riproduzione. Un momento, questo, raramente osservato in cattività nonostante l’alta considerazione riservata a questa sgargiante creatura nell’ambiente degli acquari pubblici e privati, a causa della significativa difficoltà nell’accudirla e mantenerla in vita fino ai termini naturali della propria esistenza. Laddove gli archivi di Internet sono largamente forniti delle approfondite testimonianze degli appassionati, che nel corso di lunghe settimane hanno fatto di tutto per incoraggiare il proprio costoso beniamino a mangiare, molto spesso andando incontro a un doloroso e inevitabile fallimento. Mentre coloro che riescono, sfiorando comunque l’abisso dell’inedia e la perdita temporanea dei colori straordinari della murena, offrono un racconto quasi psicologico e sempre diverso di come siano riusciti abilmente a convincerla che le pinze con il cibo surgelato fossero uno dei loro simili, stimolando il desiderio a ghermire e trangugiare l’essenziale boccone della giornata. Giungendo ad ottenere l’ottimo partecipante della vita segregata nella grande vasca d’acqua, vista l’indole per lo più amichevole di questi pesci grandi e affascinanti nei confronti dei propri coabitanti, a patto che siano stati scelti di una dimensione superiore all’apertura massima della sua bocca perennemente spalancata.
L’anguilla a nastro, piuttosto comune nei principali luoghi del proprio areale, nonostante si sospetti una possibile riduzione della popolazione complessiva a causa del mutamento climatico, rappresenta comprensibilmente uno degli avvistamenti più apprezzati dai sommozzatori di tali circostanze, entusiasticamente fotografata ogni qualvolta se ne presenti l’opportunità. Non così frequente come si potrebbe pensare, vista l’indole timida ed attenta che la porta a nascondersi molto rapidamente non appena percepisce l’avvicinarsi di un pericolo, facendo affidamento su una percezione olfattiva e visuale molto probabilmente superiore alla media. Per quanto osservato limitatamente dalla scienza, in merito a un animale su cui sono stati redatti una quantità relativamente limitata di studi accademici, forse preferendogli altre occupanti maggiormente celebri della stessa nicchia nel complesso sistema dell’ecologia marina.
Sia perciò concesso un ampio merito ai fotografi subacquei, che ancora una volta ci offrono una valida finestra sull’imprescindibile splendore di tutto ciò che vive ed invero prospera al di sotto degli strati superiori degli oceani di questo pianeta. Oltre all’indizio necessario per riuscire a prevalere nelle ore finali, dinnanzi alla creatura dal corpo leonino che così tanti eroi del mondo antico seppe incuriosire, confondere, ed infine fagocitare. Dimostrando quanto tenue sia la divisione tra creature tangibili e quelle create dal profondo sogno della ragione. Nonostante i lunghi e laboriosi processi che si trovano all’origine della nostra umana fantasia.