La prova che l’incontro inaspettato tra tecnologia e natura possa occasionalmente condurre a conseguenze positive può essere individuata in questo materiale, prodotto e raccolto sul suo canale dall’esperto preparatore di vivande Tavakkul, abitante del villaggio Qəmərvan tra i recessi più selvaggi dei rilievi dell’Azerbaigian. Selvaggi come il titolo della serie su Internet, Wilderness Cooking, con pubblicazione presso i principali portali social dei nostri giorni e una visibilità quantificabile sugli oltre 10, e qualche volta fino a 30 milioni di visualizzazioni per singolo video. Mi chiedo, in effetti, se non l’abbiate già visto anche voi, mentre opera con esperienza più che palese, nell’allestire campi base, assemblare rifugi, punti di cottura, rudimentali tavoli di tronchi legati tra di loro. Poco prima di procedere nell’approntare il presidio, mediante messa in opera di piatti a base di carne, a partire da quei princìpi generativi così distanti dall’esperienza odierna del cuoco di provenienza urbana. Che poi sarebbero la vera e propria carcassa d’animale, con zampe e tutto il resto, selezionato di volta in volta al fine di stupire l’occhio appassionato dei sui innumerevoli spettatori. E non solo. C’è davvero da sorprendersi, alla fin della faccenda, se una creatura alata di queste terre si è dovuta interessare ai conturbanti aromi sollevatisi nell’aere che gli appartiene? All’inizio di febbraio, il creativo culinario e videografico si è ritrovato il più incredibile degli ospiti durante la preparazione del suo pranzo. Un uccello dall’apertura alare di 3 metri, e circa 14 kg di peso…
La sommaria descrizione del video, formalmente dedicato alla preparazione sulla fiamma viva di un intero delizioso agnello, sezionato, arrotolato e racchiuso in un pratico strato protettivo di carta argentata, attribuisce all’imponente pennuto la qualifica alquanto generica di “aquila caucasica”, il che in effetti fa ben poco al fine di aiutarci a definirne la specie. Poiché un tale appellativo, dal punto di vista filologico e formale, appartiene soltanto al leggendario uccello gigante, figlio di Tifone ed Echidna, incaricato da Zeus di mangiare ogni giorno il fegato di Prometeo incatenato (per l’appunto) sopra il monte Caucaso. Il che parrebbe configurare come alternativa maggiormente prossima la tipica aquila delle steppe (A. nipalensis) se non fosse per un rapido confronto tra le scene registrate ed un catalogo dei principali rapaci della regione, tale da trovare in breve tempo una chiara corrispondenza nell’aspetto all’avvoltoio cinereo (Aegypius monachus) con la sua testa ricoperta di piume solamente nella parte superiore, le ali di colorazione uniforme e il grosso becco uncinato dalla punta nera. Non che l’autore, assai probabilmente, avesse alcun tipo di dubbio in merito, benché sia ragionevole pensare che abbia scelto di massimizzare la visibilità mediante l’utilizzo di una definizione maggiormente apprezzata dai motori di ricerca online. Così come sia del tutto lecito avanzare qualche dubbio sull’effettiva natura accidentale dell’incontro, vista l’evidente sicurezza con cui il volatile si appresta al rumoroso e potenzialmente pericoloso essere umano, accettando da lui i piccoli bocconi prelevati dalla carne e la verdura che sta preparando, senza mostrare il tipo di timore istintivamente posseduto dalla maggior parte degli animali selvatici. Benché, vada anche detto, l’attenzione mostrata dai costui nei suoi confronti, attento a non toccarne le piume direttamente per non lasciargli addosso strani odori, appaia quanto mai realistica nel dipanarsi di una simile circostanza…
Il quarantottenne Tavakkul non sembra proprio essere, d’altronde, il tipo di media maker autopubblicatosi che possa ritrovarsi a commettere frequentemente un qualche tipo d’errore. Operativo a partire da un paio d’anni, all’inizio dei quali amava presentarsi al pubblico indossando una curiosa livrea da chef nera, che senza il cappello finiva per assomigliare vagamente a una divisa da kung-fu cinese, egli si è adattato progressivamente al tipo d’immagine maggiormente funzionale nell’attuale panorama delle produzioni internettiane, col suo stile informale e quasi eccessivamente serio, impersonale nei gesti quanto attento a esprimere un potente e imprescindibile messaggio di fondo: che un ritorno allo stile di vita di una volta non debba necessariamente implicare alcun tipo di perdita dei valori tanto faticosamente acquisiti dall’uomo moderno. Né i suoi formidabili strumenti a supporto dei due pilastri, niente meno che fondamentali, di divulgazione e conoscenza. Così ogni pietanza, selezionata di volta in volta in base alle disponibilità di quella che parrebbe essere una vera e propria fattoria, viene approcciata con metodologie tradizionali messe in mostra nella maniera più approfondita, senza tralasciare alcun dettaglio grazie a valori di allestimento della scena, montaggio e regia del tutto superiori alla media. Al punto da lasciar immaginare una partecipazione al progetto del tipico secondo operatore mediatico non soltanto posizionato dietro la cinepresa, ma anche in grado di occuparsi al 100% in tutto quello che concerne la parte informatica della “ditta”, ovvero la post-produzione di ciascun video. Che si tratti del giovane che compare brevemente, in alcune delle sue proposte, per aiutarlo a sollevare pietanze particolarmente grosse ed ingombranti? Più difficile immaginare invece quale dei due sia il responsabile della gestione dei canali social connessi al progetto, di un tipo capace di attrarre la più elevata e straordinaria partecipazione di un pubblico internazionale, spesso incline a esprimersi impiegando i rispettivi idiomi di appartenenza.
E al centro di tutto questo, l’incredibile selezione d’ingredienti ben più che ordinari: bovini, ovini, caprini, cacciagione, oche, fagiani, carpe (!) del caspio (Abramis brama) e poi verdure ed ortaggi di provenienza assai difficilmente meno che genuina. Perché ve l’immaginate probabile un qualche tipo di alterazione anti-crittogamica o genetica tra le remote montagne caucasiche e foreste primordiali di una simile portata? Qualcosa che persino oggi, persino su Internet, non è davvero particolarmente semplice ritrovarsi a sperimentare con la nostra fantasia e immaginazione. Ben venga, dunque, questo nuovo trend del cucina su larga scala contestualizzata ad arte, all’origine di una vasta quantità d’opinioni ed idee.
Catalogabile formalmente in quel particolare filone di video tutorial spesso denominato su YouTube village cooking (ed in effetti anche lui utilizza spesso questo titolo) Wilderness Cooking spicca nel suo genere per la bellezza dei panorami utilizzati al fine d’inquadrare le diverse situazioni, un valore aggiunto attribuibile esclusivamente alla naturale bellezza della regione di Qamarval. Ed il sincero apprezzamento nei confronti di un simile tesoro da parte dell’autore, come ampiamente spiegato nella sua dichiarazione programmatica d’intenti, e in assoluta conformità con la propria personale appartenenza all’etnia locale dei Lezgins, minoranza di religione islamica famosa per la società egualitaria organizzata in un gruppo di clan indipendenti. Ciascuno tradizionalmente interconnesso alla supervisione di un singolo picco caucasico, sopra il quale ognuno deve assolvere a una specifica mansione. E chi meglio di lui, come più volte dimostrato su pellicola, poteva cucinare il pasto per i propri molti figli, nipoti o forse quelli dei suoi vicini? Che da tutto questo possa derivare anche una coltivazione dell’immagine locale, e forse un aumento del turismo (quando giungeranno tempi migliori) costituisce un semplice valore aggiunto ed opportunità futura. Ma di un tipo che ben pochi avrebbero l’interesse di trascurare!