E se il brodo primordiale, nella propria trasparente sussistenza, avesse nella storica realtà dei fatti, costituito un’irrecuperabile stato di grazia? Il momento biologicamente più perfetto proprio perché puro nell’intento e la sua logica primaria di funzionamento, in cui ogni meccanismo, ciascun singolo rapporto tra le cause, contribuiva alla meccanica di base della Vita, l’Universo e tutto Quanto il Resto? Perché piccolo fino al punto di essere infinitesimale non vuole dire, necessariamente, “semplice”, mentre un singolo concetto può essere allungato, trasformato e interpretato finché assuma proporzioni logiche spropositate; rimanendo, nella sua sostanza, segretamente immutato. Nessuno può affermare chiaramente, quanto antico possa essere quest’organismo; poiché difficile risulta immaginare forme fossili di un essere che occupa tra i 10 e i 20 mm nel suo complesso, essendo privo di scheletro, guscio o qualsivoglia altre parte somatica inerentemente mineralizzata. Anche se, questione non da poco, per quanto ci è dato comprendere può essere difficile parlare di un’evoluzione… Quando è il singolo esemplare stesso, a poter essere sopravvissuto creando un filo ininterrotto dai preistorici recessi fino all’era delle macchine per cuocere il riso. Immortalità: chi non vorrebbe provarla, almeno una volta nella vita! La rinuncia pressoché completa ad ogni logica capace di condurre all’ora della fine, ovvero il presupposto imprescindibile a una scheggia luminosa di divinità. Così che soltanto il mero insorgere d’eventualità incidenti, ovvero la cruenta disgregazione della propria forma fisica, possa chiudere sopra di noi il sarcofago dell’ultimo tramonto e la dissoluzione che ne deriva. Eppure in questi strani giorni, persino un tale approccio può riuscire a risultare inefficace.
Lode all’Hydra sessile, come direbbe qualcuno: ecco un essere che non vuole proprio morire, ed anche quando sembra che stia per farlo, riesce spesso a ritornare più forte, e soprattutto numeroso di prima. Immaginate voi come sarebbe la nostra vita, se tagliandoci nel punto mediano potessimo rigenerare le due parti mancanti del nostro corpo, ritornando ad uno stato primigenio e indistinguibile per ben due volte dalla perfezione di partenza. Il che funziona tanto bene, nel caso della piccola creatura pluricellulare d’acqua dolce che rientra in questo genere, famiglia, ordine (Anthoathecata) classe (Hydrozoa) e phylum (Cnidaria) da costituire anche la base di funzionamento del suo processo riproduttivo “ideale” consistente nel processo cosiddetto di gemmazione. Che poi sarebbe la creazione di una piccola copia di se stessi, tentacoli e tutto il resto, la quale progressivamente cresce come la diramazione di una pianta. Per poi stringersi e staccarsi dal tubulo del corpo principale, deambulando allegramente verso i floridi confini della propria intima realizzazione, anni, secoli e magari addirittura interi millenni a questa parte. Poiché non importa quanto possa provarci, o intimamente desiderarlo nel profondo della sua rudimentale rete nervosa, un mero accenno di organo pensante… La vera entità che ha saputo meritarsi un tale nome mitologico semplicemente non può invecchiare. Avendo superato i limiti imposti a (quasi) tutte le creature dal processo universalmente noto come senescenza, data la rara assenza di proteine di tipo FoxO, coadiuvata dalla coesistenza di tre popolazioni indipendenti di cellule staminali. L’entropia, indesiderabile quanto inevitabile, della vista stessa…
E se adesso foste inclini a sollevare l’obiezione, chiaramente condivisibile, che la vita di un essere imparentato con le meduse e lungo un massimo di due centimetri non possa essere così eccezionalmente interessante o desiderabile, non potrei fare a meno di darvi ragione, sebbene alcuni distinguo vadano applicati ad un così finale postulato. Poiché il prezioso passatempo di qualcuno è la noia insuperabile di altri e ciò è altrettanto applicabile, da un certo punto di vista, per quanto concerne la mera necessità di sopravvivere ogni giorno andando a soddisfare il proprio principale, e molte volte unico bisogno. Cibo? Metazoi? Anellidi? Cobepodi? Perché no. Ed anche qualche cladocero e persino l’occasionale larva d’insetto. Tutte prede, in altri termini, sufficientemente piccole da essere inglobati all’interno del gastroderma, la sacca ricoperta d’epidermide che svolge la funzione di uno stomaco, capace di scomporre e digerire il necessario a garantire all’idra il proprio sostentamento. Lasciando nel frattempo la maniera in cui essa riesce a procurarselo, a costituire la parte più interessante dell’intero processo in essere fino al suo soddisfacente completamento nutrizionale; poiché l’idra pur essendo inerme, nel grande schema generale delle cose, non risulta certo disarmata sulla scala della sua effettiva interazione a parità di proporzioni in essere. Grazie al possesso, frequente nel suo phylum, di una ricca dotazione di nematocisti, cellule altamente specializzate capaci di secernere e veicolare, nel bersaglio di turno, pericolose neurotossine paralizzanti. Essendo collocate, molto convenientemente, in ciascuno dei fino a 12 tentacoli estendibili che partono dalla “testa” dell’idra, con dei piccoli peli d’innesco chiamati cnidociglia, alla stimolazione dei quali la sostanza viene proiettata all’indirizzo della preda o il nemico di turno, lasciando che l’interazione chimica con il suo sistema nervoso riesca a fare il resto. Il tutto su una scala certamente insufficiente ad arrecare danni ad esseri della grandezza di un umano. Ma più che sufficiente, a risultare un piccolo terrore dello stagno e l’intera quantità più piccola dei suoi molti abitanti.
Dando luogo a un grado d’efficienza certamente responsabile, almeno in parte, per l’insolitamente semplice ciclo vitale posseduto all’interno dell’intero gruppo biologico degli cnidari o celenterati, il quale normalmente presuppone uno stadio riproduttivo accompagnato dalla metamorfosi in creatura vagabonda, con la forma tanto spesso riconducibile a quella di un ombrello. Laddove il metodo impiegato dal più piccolo cugino è l’evidente preferenza per la fase esistenziale definita come polipoide, consistente nel fissare il proprio piede a ventosa su una superficie solida. Ove trascorrere la parte maggiore della propria vita, fatta eccezione per l’occasionale quanto occasionale necessità di spostarsi mediante l’esecuzione di una serie di caotiche capriole o giravolte. Mentre una rara casistica nomade risulta essere quella, documentata anche in taluni acquari, del tentacolare essere attaccato saldamente al guscio di una lumaca. Finendo per seguirla nelle sue estensive peregrinazioni lungo il suolo sabbioso dell’esistenza. Forse una forma di simbiosi, o magari un semplice incidente fortunato, capace di associare la parte migliore di entrambi i mondi. Immortalità e mancanza di radici… Cosa può esserci di meglio a questo mondo?
E in tutti quei casi in cui le cose sembrano prendere una piega sfortunata, ancora una volta l’idra sembra possedere delle frecce segrete al suo infallibile arco. Vedi l’innata predisposizione ridondante, eppure occasionalmente utile nei periodi di magra, alla riproduzione sessuata mediante deposizione di uova e conseguente fecondazione, da parte di esemplari appartenenti ai sessi rispettivamente coinvolti nell’esecuzione di tale incontro. Potendo in questo modo superare la natura dispendiosa del comune processo di gemmazione. Mentre altre specie, delle circa 40 note alla scienza, sembrerebbero aver superato totalmente un simile problema, avendo posto in essere un diverso processo di simbiosi con particolari tipologie d’alghe, capaci di sviluppare la fotosintesi replicandosi e venendo al tempo stesso digerite dall’animale ospite coi suoi tentacoli protesi all’infinito. È questo il caso della notevole Hydra viridissima, capace di contare sull’addizionale vantaggio evolutivo dell’ermafroditismo, messo a frutto tramite riproduzione sessuata ogni qualvolta la temperatura supera i 20 gradi.
Perché non è sempre piacevole creare unicamente meri cloni di se stessi. Soprattutto quando si è propensi a prolungare la propria vita fino alle propaggini remote del futuro, sinonimo di cambiamento senza freni o alcuna regola di tipo evidente. Sebbene tanto più le cose cambino, maggiormente tendano a restare le stesse. Giustificando il sostanziale anelito, universalmente funzionale, di un ritorno verso l’ottimo principio primordiale di partenza. Che sia brodo, oppure semplice minestra. Mentre il mondo ci chiamava, con fastidiosa insistenza, dal riquadro di una singola finestra.