Dopo il trascorrere di un tempo apparentemente eterno, la salvezza giunse dall’alto con le ali angeliche di un miraggio di speranza. Il gruppo di uomini intrappolato dietro il muro perimetrale di un complesso parzialmente in rovina, l’MRAP corazzato in panne per l’esplosione di un ordigno improvvisato posto ai margini della strada. Il fuoco di soppressione mantenuto dai membri illesi del gruppo, contro le finestre dall’altro lato della strada, appena sufficiente ad impedire ai ribelli di varcare le poche decine di metri che li separavano dal gruppo dei ranger incaricati di mantenere l’ordine in una città che bruciava all’interno, bruciava ininterrottamente ormai da quasi una decade in un conflitto che non avrebbe mai potuto conoscere la fine. Il soldato ferito, una gamba fasciata efficientemente dal sergente medico della squadra, con la migliore preparazione al pronto soccorso offerta dall’Esercito Americano, guardò tra la polvere quello che stava succedendo: un cerchio magico che diventava più grande, ancora più grande, quasi come la fine del mondo fosse giunta a reclamare il suo fin lungo periodo trascorso tra i viventi. Eppure nessuno fuggiva, nessuno si agitava, le armi rigorosamente puntate all’indirizzo del pericolo più tangibile e precedentemente noto. Imprecazioni in lingue arabe sembravano risuonare sulla distanza, sebbene fosse difficile tentare di comprenderne il contenuto con un simile rumore di fondo. Mentre la polvere continuava ad aumentare quindi, offrendo uno scudo impenetrabile agli sguardi, il frastuono diventò apocalittico, e una forma scura iniziò a delinearsi sotto l’immagine costituita da quel consorzio di scintille inumane. Era il corpo di un elicottero, l’UH-60 Black Hawk, istintivamente associato da ogni membro delle forze armate in Iraq come un sinonimo di provvidenza inviata per così dire dall’Alto, ovvero il Signore Supremo, generale di stato maggiore dell’unico teatro di battaglia che non può essere definito con il suo vero nome. Eppure in assenza di giornalisti, senza la partecipazione delle telecamere di Al Jazeera, finalmente il miracolo si era compiuto: l’apparecchio volante più celebre della Sikorsky aveva completato la sua trasfigurazione. Avvolto in un manto di fuoco, furia e intollerabile Libertà, guadagnandosi finalmente l’aureola capace d’identificarlo per quello che, in molti l’avevano sospettato, aveva da sempre potuto rappresentare per le truppe di terra e i loro colleghi marine.
Soltanto un uomo, a parecchie centinaia di metri distanza, poté assistere a quella solenne scena. Egli non vide il ferito caricato a bordo, né i suoi compagni che ricevevano il gruppo dei rinforzi, attrezzati con postazioni d’arma sufficienti a mantenere lontano i ribelli fino all’arrivo di un rimorchiatore abbastanza pesante da spostare lo MRAP. Ma poté realizzare mediante la propria fotocamera, fornita del miglior obiettivo a disposizione, una diretta documentazione della scena; abbastanza incredibile da meritare una lunga ed elaborata didascalia d’accompagnamento. Oppure un nome simbolico capace d’immortalarlo per il maggior beneficio della prosperità. L’uomo dietro la percezione di una simile allegoria era il fotografo Michael Yon, e l’appellativo da lui scelto quello di “Effetto Kopp-Etchells” ricercando un probabile analogia con fenomeni fisici storicamente capaci d’ereditare i nomi dei loro scopritori. Laddove nel caso specifico, egli scelse piuttosto d’usare quelli di due giovani soldati, Benjamin Kopp, un Ranger americano e Joseph Etchells, soldato inglese, periti nell’esercizio delle loro funzioni soltanto qualche mese prima di quel drammatico 2009. Soluzione appropriata, quando si considera il notevole numero di volte in cui costoro, assieme a innumerevoli altri membri delle forze impegnate in quella lunga e complicata missione, avranno avuto modo di osserrvare direttamente il verificarsi dello strano fenomeno visuale. Giudicato empiricamente da molti, e per lungo tempo, come un’anomalia ottica del tipo simile a un parelio solare nella stratosfera, piuttosto che la diretta risultanza dello sfregamento delle particelle di sabbia con una superficie costituita da materiale diverso, ovvero le pale del più instabile dispositivo volante costruito dall’uomo. Mentre altri, ancor più ambiziosi, si erano detti pronti a giurare che la luce dovesse derivare necessariamente dalla “combustione meteorica” dei suddetti granuli, proiettati a “velocità superiori a quelle del rientro di una meteora nell’atmosfera terrestre.” Il che potrà anche risultare formalmente vero da un certo punto di vista, ma non oggi sappiamo non giunge a costituire l’intera motivazione di tutto questo. Ed aggiungerei purtroppo, considerate le problematiche implicazioni dell’alternativa…
Facile da apprezzare molto più spesso in fotografia, sebbene perfettamente catturabile anche tramite la realizzazione di un video dalla quantità di fotogrammi sufficientemente elevata, il cosiddetto fenomeno di Kopp-Etchells ha continuato a costituire un mistero più volte accennato nei notiziari televisivi statunitensi (dopo tutto, chi non ama un vago afflusso angelico nei propri reportage di guerra?) finché a qualcuno non venne in mente di chiedere all’unica persona che potesse fornire una risposta fondata sulla reale cognizione di fatto. Ovvero il meccanico elicotteristico incaricato, a intervalli ragionevolmente regolari, di sostituire le strisce metalliche posizionate alle estremità delle pale dopo il passaggio di un certo numero di ore di volo. Elementi che avrete senz’altro notato, e su cui potreste esservi fatti qualche pregressa domanda, nell’inquadratura ravvicinata delle suddette superfici di volo, incaricate di generare portanza mediante la rotazione ultra-rapida attorno all’elemento di un bullone centrale. Tanto veloce in effetti, da costituire un bersaglio perfetto per pericolosi episodi di FOD (Foreign Object Damage) causati dall’urto diretto di materiali estranei all’indirizzo del fronte che avanza lateralmente per ogni secondo in cui si trova staccati dal terreno. Componenti caratterizzate di un colore diverso, proprio perché costituite da metalli con caratteristiche particolari di resistenza agli urti come il titanio ed il nickel, benché nulla possa naturalmente riuscire a restare integro per una quantità sproporzionata di mesi ed anni. Così che anche il materiale più indistruttibile o presunto tale, all’interno di un ambiente in cui non colpisce l’occasionale sassolino di passaggio ma migliaia o milioni di minuscoli granuli al trascorrere di un ciascun singolo minuto, non può fare a meno di erodersi con rapidità allarmante e chimicamente significativa. Al punto da riuscire a scatenare nelle strisce metalliche, attraverso lo stesso principio piroforico di una marmitta che tocca terra, una pluralità di scintille all’interno dello spettro visibile dall’occhio umano. Che ruotano su loro stesse formando l’effettiva immagine di un disco, soltanto accidentalmente identica a quella posseduta dai santi o figure angeliche del cristianesimo d’Occidente.
La derivazione perciò per lo più ambientale dell’effetto Kopp-Etchells lo porta dunque a verificarsi per lo più in situazioni altamente prevedibili, dove il livello di particolato sabbioso nell’aria è particolarmente elevato e quando si vola al di sotto di una certa altezza, in genere fatta corrispondere a 500 metri circa. Mentre quando ci si trova a terra ma con il motore avviato a un regime minore, la rotazione non sembrerebbe abbastanza veloce da riuscire ad abradere il metallo con la velocità richiesta. Ciò detto, per quanto occasionalmente utile in condizioni di visibilità ridotta ed al fine d’inviare indicazioni più precise al pilota dalle postazioni terra, la formazione del disco di luce costituisce ancor più spesso un potenziale ostacolo alla conduzione di operazioni segrete, soprattutto nelle ore notturne. Poiché difficilmente potrebbe risultare più facile individuare un elicottero, che mediante la presenza nel cielo solitario di un singolo, oppur doppio lucore mistico dalla riconoscibile derivazione statunitense. E tutto questo nonostante i significativi investimenti, di risorse ed ore di progettazione, al fine di trovare soluzioni alternative o materiali capaci di resistere ad un simile deperimento sfolgorante, tale da culminare imprescindibilmente con la sostituzione delle strisce metalliche più volte durante la vita operativa di un singolo elicottero. Con un aumento esponenziale di molte decine, se non centinaia di migliaia di dollari per ciascun periodo d’utilizzo sufficientemente esteso. Nient’altro che un ulteriore costo, da aggiungere ai già notevoli investimenti sopportati da un paese durante un periodo di guerra. Piuttosto che l’ennesima, lunga e complessa missione di pace.
Black Hawk ed il più piccolo S-67 Spirit, ma anche apparecchi dal doppio rotore come il V-22 Osprey ed il CH-47 Chinook, capaci di donare una pregiata sovrapposizione prospettica all’apprezzabile, nonché dispendioso momento visuale: nessuno degli elicotteri utilizzati dalle Forze Armate all’interno di un territorio desertico può dirsi libero dall’esigenza di sostituire periodicamente le strisce anti-abrasive, lasciando intendere l’inevitabile produzione dell’aureola anche quando non c’è nessuno a poterne ammirare la mistica evanescenza. Il che risponde, in maniera collaterale, alla prototipica domanda di quale sia il rumore prodotto dall’albero che cade in solitudine nella foresta. In una totale congiunzione metafisica di causa ed effetto, poiché l’osservazione diretta degli angeli potrà anche essere impossibile per tutti coloro che mancano di un livello abbastanza alto di fede nella divina Provvidenza… Ma il ferito sul campo dal fuoco di sbarramento degli assaltatori ribelli, al momento in cui gli sembra di scorgere l’arcangelo Gabriele, verrà ad ogni costo accolto, di lì a poco, nel soprastante regno dei cieli. E l’unica domanda da porsi è se il corpo potrà seguire l’anima, permettendo il proseguire della nostra stessa breve e travagliata avventura.