Lo stato basilare di un’idea non può cambiare attraverso il trascorrere dei secoli, a meno di voler individuare un senso di continuità attraverso albe o tramonti dalla tonalità completamente all’opposto. Ciò che muta, normalmente, è la maniera in cui una tale luce si riflette, su ogni superfice lucida che agisce alla maniera di uno specchio, incluso il materiale metallico impiegato nelle torri e le alti effigi delle Nazioni. Finché al trascorrere di un numero abbastanza lungo di generazioni, persino il rame riflettente di quest’ultime può perdere la sua essenziale brillantezza; ma chi può dire che l’ossidazione sia sinonimo di perdere la forza ed il mordente della comunicazione originale? Ciò che era, al giorno d’oggi, esiste ancora. Mentre le allegorie, se veramente meritavano di essere rappresentate, riescono a resistere alla progressione imprescindibile degli eventi. Benché occorra, per capirlo, andare oltre la scorza esterna che costituisce il senso dell’immagine, fin dentro il cuore di coloro che hanno posto in essere la cognizione qui rappresentata. Autodeterminazione per tutti i popoli del mondo. E pace, soprattutto, per la luce della fiamma della verità eminente. Ciò che rende Lady Liberty così reale, tuttavia, per le moltitudini dei newyorchesi e tutti quelli che li guardano con attenzione duratura nelle epoche, è il suo essere tangibile per chi ha la voglia di venire a visitarla. Una forma fisica oltre che concettuale, come un alto pinnacolo sull’isola di Bedloe, dove un tempo si coltivavano le vongole per dare la materia prima ai ristoranti della grande città, e ancora prima venivano impiccati i pirati. E se tutto ciò dovesse anche soltanto cominciare a sembrarvi prosaico, aspettate di prendere coscienza in merito alle significative proporzioni della realtà!
Dire che misura “appena” 93 metri di altezza, piedistallo incluso, non è del tutto sufficiente a dare l’impressione di cosa stiamo parlando. Non di fronte all’importanza niente meno che colossale, occupata da un simile monumento nella comunicazione narrativa e come simbolo fondamentale di quei nostri insigni predecessori, che frapponendosi alle iniquità persistenti si sono prodigati al fine di spezzare le metaforiche catene, da cui la figura della Dea romana Libertas incede maestosamente, benché tutti tendano a vedere soprattutto la sua mano alzata con la luce di potenziale faro nella baia urbana più famosa dell’Occidente. Fin da quando nel 1886 i cinque componenti trasportati via nave dalla capitale della Francia all’altro lato dell’oceano venivano laboriosamente riassemblati, secondo il preciso progetto dello scultore Frédéric Auguste Bartholdi, in cima a quella forma stellare del piedistallo ricavato da un antico forte di mare. E non fu facile, come sappiamo molto bene, raccogliere quei fondi necessari, e convincere i politici, affinché un dono vagamente affine a quello di antiche guerre di Troia potesse giungere trovare la sua collocazione ultima e finale. Senza inoltrarci eccessivamente in tale parte della storia, è altresì degno di venire approfondito l’aspetto collaterale della forma risultante, quell’oggetto che oggi abbiamo modo di ammirare e come questo appaia, per coloro che possono essere abbastanza fortunati da riuscire a visitarlo.
Una struttura notoriamente costruita in due parti, il piedistallo di cemento e l’allegoria metallica posta sopra di esso, la statua della Libertà compare dunque in tutta la sua interessante magnificenza in questo video riassuntivo dell’autore in CG Jared Owen, già creatore d’innumerevoli filmati esplicativi (e sponsorizzati) strettamente interconnessi alla storia pregressa degli Stati Uniti. Che inizia il suo racconto dall’apertura digitale delle porte “centenarie” ricavate nelle mura del sopracitato Fort Wood, per accedere a uno spazio al piano terra dall’ampio salone centrale, che ruota tutto attorno al parallelepipedo posto a sostenere la gigantessa che giustifica l’intero sforzo pregresso. Qui trovava posto fino al 2019 un intero museo comprensivo della torcia sostituita negli anni ’80, soltanto successivamente spostato nell’edificio più moderno all’altro capo dell’isola. Dopo tutto, non è sempre l’ideale esporre i propri cimeli all’interno di una sala a forma di stella e rigorosamente priva di finestre…
Previo acquisto del biglietto necessario, il visitatore potrà quindi (o per meglio dire, poteva viste le attuali restrizioni Covid) imboccare la via delle scale che conducono ai sette piani del piedistallo, già esso un edificio alquanto interessante e in grado d’offrire una vista a 360 gradi sulla baia newyorchese antistante. Questo è il punto a cui si ferma un buon 90% dei turisti, anche considerata la difficoltà di ottenere dei permessi per l’accesso alla statua propriamente detta, che generalmente necessitano di esser stati prenotati settimane, se non mesi in anticipo rispetto alla propria visita. Ma per coloro che possano dirsi tanto fortunati, la via d’accesso al settimo piano si aprirà come le porte del Paradiso, permettendogli di accedere ad uno dei più importanti pezzi di storia tangibile sull’intero territorio statunitense. Benché l’esperienza possa trasformarsi, certe volte, in un Inferno… O almeno è così che la raccontano molti sui forum e i siti di recensioni per chi ama viaggiare, in forza di problematiche di tipo logistico rispetto alle quali nessun grado teorico, o dei storia idealizzata, possono contribuire a fornire una soluzione. Poiché l’avvenente involucro esterno della Lady, costituito dal suo metallico mantello plasmato mediante il sistema del repoussé, ovvero grazie alla forma negativa su una struttura in legno, non sarebbe certo risultato sufficiente a sostenere il proprio stesso peso nonostante la presenza della fondamentale intelaiatura d’acciaio reticolato. Il che avrebbe richiesto, all’epoca in cui venne posto in essere, la collocazione di un pilastro centrale progettato da niente meno che Gustave Eiffel, lo stesso ingegnere dell’omonima torre parigina, il quale anticipò in questo caso di qualche anno le particolari soluzioni strutturali dell’opera più frequentemente associata al suo nome. Con la non trascurabile esigenza, in questo caso, d’integrare il tutto all’interno della scultura originariamente realizzata da Bartholdi, il che avrebbe introdotto alcune significative problematiche operative. Il cui risultato pratico ma non propriamente confortevole, oggi, può dirsi chiaramente sotto gli occhi di tutti: l’unico modo di salire fino alla parte superiore della statua, d’altronde, è un’angusta scala a chiocciola a doppia elica, completamente diversa dalle pratiche scalinate poste all’interno del piedistallo. Tanto incuneata su se stessa, nel limitato spazio interno del pilastro, che le persone abbastanza alte devono chinare la testa per l’itero tempo trascorso su di essa, il quale può talvolta estendersi e superare anche un’ora intera. Questo per la quantità di persone che venivano fatte entrare allo stesso tempo, nell’epoca pre-Covid, formando una fila pressoché continua all’interno dell’involucro non propriamente fresco ed arieggiato, soprattutto d’estate. Il tutto al fine di raggiungere, finalmente, lo spazio relativamente limitato della testa con la sua corona dalle sette punte, le cui 25 finestre posizionate ad arte dovrebbero rappresentare la luce che si riflette al sorgere del Sole dell’avvenire. Una soluzione esteticamente notevole, tutt’altro che utile d’altronde al fine di mostrare chiaramente il panorama, ragion per cui molti di coloro che compiono la dura scalata tendevano ad uscirne spesso delusi, almeno per i pochissimi minuti trascorsi in quell’ambiente prima di dover iniziare la lunga discesa fino al punto di partenza.
Volendo risalire dunque indietro nella storia della statua, e le esperienze miserabili vissute da coloro che hanno insistito per riuscire a viverne fino all’ultimo spazio accessibile a qualsiasi costo, sarebbe difficile mancare di menzionare la Torcia. Elemento se vogliamo basilare dell’intera opera se intesa in senso artistico, al punto di esser stata esposta per diversi anni, assieme alla testa, nelle fiere di Parigi fino all’invio verso gli Stati Uniti, non tutti sanno o hanno mai pensato che essa potesse essere anche parte dell’edificio. Originariamente accessibile (e con finalità di servizio, ancora assolutamente tale) mediante l’impiego di una coppia di scale a pioli poste dentro il braccio di Liberty, fino alla piccola balconata circolare che trova posto sotto ed attorno alla “fiamma”. Qualcosa in grado di andare ben oltre al grado di rischio concepibile al giorno d’oggi per un’attrazione aperta al pubblico, benché si ha notizia di come fino al 1916 la visita fosse concessa dietro il pagamento di una somma adeguata, prima che un evento imprevisto fornisse il pretesto per chiudere definitivamente un simile accesso. Sto parlando di una questione raramente menzionata dalle guide turistiche, per quanto fondamentale nella storia pregressa della città di New York: la catastrofica esplosione dell’isola di Black Tom, terra emersa artificiale usata, all’inizio della grande guerra, come deposito di munizioni ed altri materiali militari pronti ad essere spediti verso l’alleato russo. Almeno finché una probabile coppia di sabotatori dell’Impero Tedesco, la cui identità non fu mai accertata totalmente, impiegarono delle speciali bombe-sigaro con innesco chimico per far saltare in aria tutto quanto, in un disastro che avrebbe portato a 4 morti e più di 100 feriti. Nonché la proiezione di una certa quantità di detriti fino alla vicina isola di Bedloe, ribattezzata Ellis dal nome di un mercante che l’aveva posseduta fino al 1839, alcuni dei quali raggiunsero e danneggiarono la torcia in maniera non del tutto chiara. Ma anche al completamento del complesso restauro, la pesante grata finalizzata ad interdirne l’accesso non sarebbe mai più stata rimossa…
Magnifica e magniloquente, spropositata nella fantasia collettiva, la Statua della Libertà possiede quella dote ineffabile che permette ai monumenti di cambiare molto spesso le proprie dimensioni. Anche a causa di un’industria cinematografica la quale, utilizzandola tanto spesso come fondamentale simbolo nelle rappresentazioni fantasiose di un catastrofismo incipiente, ha più volte giocato sull’idea che potesse essere molto più grande della realtà. Vedi il famoso manifesto pubblicitario di Fuga da New York, in cui la sua testa decapitata ostruisce agevolmente l’intera Quinta Avenue. O l’impressionante momento nel film in stile kaiju Cloverfield, quando il Godzilloide di turno scaraventa lo stesso componente per le strade, facendolo rotolare alla maniera di una palla di cannone molto, molto sovradimensionata. Il che avrebbe portato alla surreale giustificazione del regista Matt Reeves, famoso per aver detto: “Sarebbe sembrata troppo piccola, se avessimo seguito la realtà.” E lasciamo anche perdere il fatto che il malleabile rame usato nell’involucro esterno, spesso circa il doppio di una moneta, difficilmente avrebbe potuto resistere a simili sollecitazioni…
Una storia che si rinnova attraverso le generazioni, dunque, di un qualcosa che deve apparire più imponente, perché grande è l’ideale che si è scelto di rappresentare con esso. E forse l’unica modalità, per raggiungere una reale percezione della verità, e andare a visitarlo e rendersi effettivamente conto dei limiti a cui doveva conformarsi l’ingegneria umana di oltre un secolo a questa parte. Il che potrà anche deludere qualcuno, ma è un importante presa di coscienza verso un passo ulteriore: la maniera in cui ogni evento è parallelo, nella progressione quantistica della realtà. E persino le ingiustizie della schiavitù pregressa, con una lieve deviazione della grande Ruota, potrebbero tornare a complicare le nostre vite. Senza fare affidamento a quella grande luce in essere, tenuta bene in alto da questa moderna versione del colosso di Rodi.