Noi, Popolo degli Stati Uniti, allo Scopo di realizzare una più perfetta Unione, stabilire la Giustizia, garantire la Tranquillità interna, provvedere per la difesa comune, promuovere il Benessere generale ed assicurare le Benedizioni della Libertà a noi stessi ed alla nostra Posterità, promulghiamo qui il diritto d’ognuno ad acconciarsi la capigliatura come più lo aggrada. Con parrucca o senza, lunghi, corti e spettinati, affinché persino la calvizie sia un diritto inalienabile, come ultimo destino dell’Uomo. Eppure forse non è un caso, se attraverso la galleria dei primi presidenti di questo grande paese, i ritrattisti del periodo avessero potuto sbizzarrirsi, nel rappresentare l’ampia fronte e quelle chiome splendide e fluenti, alte, folte, inclini a suddividersi come il Mar Rosso innanzi a un’aria imprescindibile di nobiltà. Quando si considera come fu il primo, in ordine di tempo e forse pure d’importanza, a promuovere un modello degno di essere d’esempio alla posterità. Giorgio il generale, il solo ed unico Re Giorgio, come avevano iniziato a definirlo verso il termine della sua guerra, dopo le molte tribolazioni necessarie a soverchiare l’inflessibile potenza dell’Esercito Inglese. E chi non ricorda di aver visto con i propri stessi occhi, ed un onirico realismo, quel momento in cui egli scese dal suo podio di granito indistruttibile, restituendo l’autorità assoluta al popolo ed ai suoi ideali, come altri condottieri con lo scettro del potere assoluto, all’altro lato dell’Atlantico, non avrebbero saputo fare allo stesso modo. Eppur fu proprio quel gesto, più di qualsiasi altro, a cementare e rendere indelebile la sua corona. Un ornamento fatto di capelli: quanti, e per quanto tempo dissero che fosse stata una parrucca. Ma la verità dei fatti era all’opposto. Ed ecco, gente, la mia prova.
Un’anatra ciuffata nella formale definizione genetica della sua razza, creata in tempi non del tutto chiari nella storia dell’allevamento aviario, sarebbe un tipico esponente della specie anatide chiamata Anas platyrhynchos, se non fosse per l’eponima caratteristica sulla cima della propria testa dalle candide piume: talvolta fluente, certe altre tondo e denso come un afro giamaicano, eppure nella maggior parte delle circostanze pieno e morbido come la neve, raccolto sulle tempie e rovesciato in direzione dell’altissima nuca. Di un uccello che in natura non sarebbe mai potuto esistere, per la sua esistenza garantita dalla mutazione di un particolare gene, relativo alla forma del cranio e il contenuto stesso nell’intercapedine tra quest’ultimo e la massa cogitativa all’interno. E se tutto ciò dovesse sembrarvi pericoloso, vi garantisco di non essere troppo distanti dalla verità: poiché per avere un’anatra che sembri, veramente, il primo presidente degli Stati Uniti d’America, è necessario porre in secondo piano un’ampia serie di considerazioni etiche, ormai del tutto date per scontate da una prassi che risale almeno al 17° secolo. Ma potrebbe anche essere molto più antica di così. Prima dell’analisi statistica, prima del metodo scientifico, a chi sarebbe mai potuto venire in mente, d’altra parte, di contare il numero di uova in grado di raggiungere il momento della schiusa, a discapito di tutti quegli embrioni di pulcino destinati, tristemente, a perire durante la formazione della loro stessa e maggiormente imprescindibile essenza. Sto parlando, al fine d’essere più chiari, di una di quelle particolari varietà di animali domestici apprezzate in tutto il mondo (come avviene a gatti, cani…) la cui storia personale è fatta di problemi fisici fatti passare convenientemente in secondo piano. Quelli derivanti da una formazione impropria o in qualche modo incompleta della calotta ossea cerebrale, per non parlare della massa grassa che può derivare da una simile eredità genetica. Sufficiente a compromettere le funzionalità motorie di base. Detto questo occorre realizzare come dall’accoppiamento tra due anatre di cui una vanta quel ciuffo (raramente, usarne due è una scelta responsabile) è stimato che in media il 25% risulteranno omozigote nell’allele pertinente, morendo ancor prima di riuscire a vedere a luce. Il 25% avranno un’eredità piumata del tutto “normale”. Ed il restante 50%, eterozigote ovvero dotate di un gene parzialmente mutato, presenteranno un esempio variabilmente apprezzabile della particolare cresta così apprezzata. Un piccolo prezzo da pagare… Un piccolo prezzo?
La realtà effettivamente degna di essere trattata, in merito all’aspetto barbieristico di colui che seppe unire e conquistare, organizzare e assecondare la visione di un’America del tutto priva d’imposizioni superiori (tranne, se vogliamo, quella della Provvidenza ed anche ciò in misura strettamente controllata) è che non importa quanto buffa o stravagante possa sembrarci oggi, la figura che compare al centro del biglietto da un dollaro che tanto bene siamo giunti a riconoscere, persino all’altro lato del globo. In realtà i capelli di Re Giorgio sarebbero stati percepiti nel suo secolo come utilitaristici e relativamente privi d’affettazioni. Ovvero in altri termini, per utilizzare una comparazione azzardata ma diffusa, l’equivalente a posteriori del taglio cortissimo che siamo soliti associare ai marine. Legati dietro e pettinati ai lati, mantenuti lunghi per accrescerne il volume il più possibile. E rigorosamente, imprescindibilmente ricoperti di candida cipria. Forse l’unica concessione al mondo della moda continentale, che era solito associare a quel colore un senso di saggezza ed eleganza indipendentemente dalle proprie idee in materia di politica e diritti nazionali all’indipendenza. Che le anatre George Washington, crestate o “di Bali” siano d’altra parte una diretta conseguenza dello stile del presidente, piuttosto che il contrario, appare straordinariamente opinabile. Quando si considera la frequenza con cui simili creature comparivano in maniera indiscutibile già nei quadri del pittore olandese Melchior d’Hondecoeter (1636 – 1695) eccelso tecnicista amante della caccia e della natura. Questo perché come avreste potuto forse iniziare a comprendere, l’effettiva provenienza di questi animali di pregio non furono gli Stati Uniti bensì le distanti colonie delle Indie Orientali, da cui vennero trasportate in Europa verso la metà del XVII secolo assieme ad altre merci di tipologie e natura maggiormente convenzionali. Costituendo poco più di una curiosità da cortile, almeno fin quando nel 1853 vennero descritte dal naturalista D.J. Browne e qualche anno dopo, finalmente inserite nello standard d’eccellenza delle razze riconosciute dall’Associazione Statunitense di Allevatori d’Anatre e Galline. Ciò in funzione della buona salute dimostrata dalla discendenza oggetto di tanti anni di selezione artificiale, purché si prendesse in considerazione la percentuale di pulcini effettivamente nati all’interno di ciascuna covata di 16 e 18 uova. E trascurate certe “piccole” problematiche (neurologiche) di coordinazione, deambulazione e uso effettivo delle ali; ma d’altronde, perché mai un’anatra domestica avrebbe dovuto muoversi di corsa o Dio non voglia, addirittura mettersi a spiccare il volo?
Studi genetici moderni hanno dunque dimostrato come la probabile origine delle attuali anatre ciuffate debba essere stato assai probabilmente il Germano Reale, varietà selvatica famosa per il capo verde degli esemplari di sesso maschile, benché il gene dominante che costituisce l’origine della capigliatura in questione risulti essere straordinariamente pervasivo, potendo facilmente dare tale risultanza in ogni varietà d’anatra domestica successivamente all’accoppiamento accidentale, fatta eccezione per l’anatra muta o muschiata (Cairina moschata) dalle caruncole vermiglie, frutto di un’altra biforcazione dell’albero biologico dell’Esistenza. Difficile immaginare a fronte di una simile tipologia d’analisi, quale avrebbe potuto essere l’interpretazione di Washington in merito all’intera faccenda. Lui che, giungendo alla fine del suo mandato e soltanto due anni dopo (1799) la vita stessa, non avrebbe mai visto completata la grande capitale destinata a portare il suo stesso nome, avendo senz’altro vissuto come molti nella sua epoca una parte della propria vita a stretto contatto con l’ambiente rurale e le sue più costanti implicazioni. Almeno parzialmente, a quanto ci è dato di comprendere, alla base di una parte imprescindibile della propria leggenda…
Una delle storie più famose e ripetute dai biografi, pur essendo assolutamente inventata: George da bambino che rubando l’ascia del padre, decide di provarla sfogandosi su un prezioso ciliegio nella fattoria del padre. E quando quest’ultimo scopre la malefatta, tentando di convincerlo a confessare, lui che gli risponde: “Non posso assolutamente mentire, padre mio… Sono stato io a tagliarlo!” Ah, quale magnifica onestà, da parte di un futuro grande padre della Nazione! E il padre che risponde: “Meglio un figlio come te, che cento, ma che dico, mille alberi!” Al cospetto dei silenti e affascinati animali della fattoria. Oppure quella volta in cui, recentemente arruolatosi nell’esercito dell’Unione, il giovane Washington lanciò un dollaro d’argento riuscendo a farlo rimbalzare da un lato all’altro del vasto fiume Potomac in mezzo alle anatre, dove si adagiò quietamente e miracolosamente sull’altra riva. Peccato che la prima moneta corrispondente ad una simile descrizione non sarebbe stata coniata prima del 1794, quando lui avrebbe avuto effettivamente 62 anni! Ma è davvero possibile giungere scolpire l’effige di un uomo, sul fianco dello svettante monte Rushmore, senza ingrandire almeno in parte la splendente aura luminosa della sua leggenda? Perché la verità innegabile, da noi acquisita tramite alcuni ritratti d’epoca oggi dati per veritieri, è che senza cipria il primo presidente avrebbe avuto i capelli di un rosso acceso, simile a quella delle divise dei soldati inglesi. E resta questa, starnazzante e inamovibile, la scomoda realtà.