Ottimo salmone. È norvegese? No, viene dalla Svezia. Magnifica costruzione, mobilia degna di assoluta ammirazione. È Ikea? Non proprio; poiché giunge da una congiunzione di polimeri, la mera risultanza chimica di una trasformazione del petrolio. Si tratta di plastica, non legno rimpastato e perforato al fine di facilitare l’utilizzo di perni e bulloni. Questo qui è un tipo di materiali che… Congiungono la loro stessa essenza. Grazie all’utilizzo di un brevetto che proviene dalla storia moderna del Nord Europa: leg godt era quel motto (“gioca bene”) da cui venne a materializzarsi il marchio che è la base dell’idea. Finché al concludersi di un lungo giorno di lavoro al ristorante di famiglia, andando a letto ancora prima di aver preparato la cena, non comparve innanzi a me il sinuoso verme parlatore. Abitante della mente dalla pelle molto spessa, per il peso dei pensieri che provengono dalla terra del subconscio e delle meraviglie: “Hai mai pensato quanto sarebbe semplice” egli mi disse “Se nella terra della plastica, mangiassimo soltanto quella… Traendo nutrimento dai legami chimici del mondo! E rimuovendo dal continuo ciclo metabolico della natura, cose indistruttibili, il pericolo della materia che non può essere ridotta agli elementi di partenza. Non senza l’uso di avanzate tecniche di riciclo. E digestione?” Già, il lavoro dello stomaco. Operoso organo del tutto privo di occhi, bocca o fiumi utili a evitare la tracimazione, il cui impiego ideale viene spesso subordinato alla cupidigia di riuscire a ingurgitare il più elevato numero di calorie. Tanto da esser giunti ormai da tempo a metabolizzare l’ardua conclusione, in base a cui ogni cosa può diventare parte del nostro metabolismo; previo impiego del giusto livello di disciplina, ovvero l’utilizzo di tecniche adeguate tra le mura di una vera cucina.
Questo è il senso e la tematica, del progetto qui rappresentato in tanti gesti colorati e inquadrature frutto di un’impegno significativo. Non per niente, il nome dell’autore coreano del canale in oggetto si configura come “I Like Home” (“Mi piace casa”) interiezione di partenza, nonché dichiarazione d’intenti, pienamente indispensabile per applicarsi nel complesso compito di fare qualche migliaio di fotografie. Una dopo l’altra, un centinaio dopo l’altro, da inserire prontamente nel computer della propria professione creativa. Affinché mandate in rapida sequenza, possano creare l’illusione del movimento. Ecco una tecnica che negli anni si è trovata a trarre grande beneficio dall’impiego della tecnologia più sofisticata. Ma che costituisce anche, per sua implicita natura, uno dei pilastri fondativi del contesto stesso di cinematografia umana. Trovando, non per niente, alcuni esempi significativi agli albori stessi di quest’arte nelle pellicole di Segundo de Chomón, Émile Cohl ed Alexander Shiryaev. Personaggi dei primi del Novecento, che d’altronde non avrebbero tardato a comprendere il lavoro del collega asiatico, con qualche dubbio residuo sull’effettiva finalità dichiarata. Questo in quanto la preparazione del tonno-Lego in questione, per quanto desumibile dal titolo stesso, si presenterebbe come esempio di ASMR (Autonomous sensory meridian response) che sarebbe poi la produzione aurale di una serie di sussurri e suoni scricchiolanti destinati, nell’idea dei propri produttori, a stimolare un senso di coinvolgimento fisiologico della persona posta metaforicamente all’altro capo del registratore. Notevole, nevvero? Ma la vera qualità che qui troviamo pienamente realizzata, volendo essere oggettivi, è proprio quella delle animazioni realizzate mediante il sistema dello stop-motion, tanto irreali da poter trovare posto anche in una mega-produzione hollywoodiana. Il che ci porta all’inevitabile domanda… Di chi sia costui, e da dove proviene? Quali sono esattamente, i suoi obiettivi? In molti hanno raggiunto un tal consenso che vorrebbe definirlo una figura largamente misteriosa, come un giustiziere della notte tra miliardi di suoi simili, fautori della nuova ondata del fantastico che viene, come il suo pesce, dall’oceano delle profondità digitali. Eppure non è del tutto impossibile, pensare di riuscire ad attribuirgli un nome…
I Like Home, come possiamo desumere da una rapida ricerca sul Web coreano, altri non sarebbe in effetti che Song Sang-gyu, maschio ventottenne dalla pregressa e comprovata esperienza professionale, al punto da aver collaborato in precedenza, con l’alias di Skyduck61, ad almeno una campagna pubblicitaria per il lancio del film Venom della Marvel nel 2018, ancora oggi ammirabile sul suo canale e che pur non usando questa volta i popolari mattoncini delle costruzioni, si trova ancora una volta incentrato sul tema delle tecniche culinarie all’interno di una cucina magica, in cui tutto sembra muoversi in maniera cadenzata, grazie all’uso di precise tecniche e avanzati software dall’impiego tutt’altro che elementare. Difficile, d’altra parte, immaginare metodologie migliori per rappresentare simili sequenze, quando si osserva la perizia con cui riesce a rappresentare i singoli gesti del procedimento, dal taglio della testa e della coda del pesce di turno, ancora “vivo” quando viene trasportato al centro dell’inquadratura, subito seguìto dal passaggio reiterato del coltello, al fine di rimuovere le pinne e scaglie preminenti (costituite da uno strato, neanche a dirlo, di Lego sottili). Per poi rimuovere la lisca stessa, una fine creazione con tanto di cardini per renderla maggiormente realistica, così come il taglio della carne stessa; operazione durante la quale, l’autore si è persino preoccupato di rappresentare il movimento tremulo del blocco sottostante, mentre viene sfilettato un preciso colpo di coltello alla volta. Ma tutto questo non ancora nulla, di fronte all’eccezionale selezione di dettagli offerti agli occhi dello spettatore nel vasto catalogo pregresso delle sue proposte: in cui l’acqua “sfrigola” durante la cottura, mediante l’uso di blocchetti trasparenti o semi-sfere provenienti dalle macchine del gacha, contenenti un tempo le sorprese tanto amate nell’Estremo Oriente. Il sangue sgorga come mattoncini di color vermiglio, che restano attaccati alle lame in modo tanto reale da essere quasi cruento. Ed ogni qualvolta materiali maggiormente malleabili entrano a far parte della produzione, Song aumenta ulteriormente la complessità e ambizione dei suoi trucchi di scena, come nella creazione dell’omelette in stile giapponese che al termine della cottura si trasforma in plastilina o pongo, pronti da essere tagliati per creare il riconoscibile effetto scenografico con apertura sopra il monticello di “riso”. O la fontana di cioccolato, i gelati ed altre notevoli proposte del suo canale, la cui la logica sembra esser quella di mostrare al mondo la trasformazione stessa della materia, neanche si trattasse dell’opera di un moderno alchimista. Il cuoco stesso, di suo conto e con notevole attenzione ai dettagli, si muove al ritmo dei fotogrammi che costituiscono il punto cruciale della sua opera, accompagnando ogni passaggio con gestualità magniloquente e fisicamente corretta. Il suono stesso, nel frattempo, resta sempre impeccabile facendo fede alla qualifica di video ASMR, mostrando l’accesso a librerie di qualità o capacità innegabili nell’uso delle metodologie inventate da Jack Foley.
Mentre alcune soluzioni cinematiche, con ingredienti veri come aglio e cipolla che si trasformano in Lego senza soluzione di continuità nel momento stesso in cui vengono tagliati, finiscono per rivelare l’effettiva possibile ispirazione dell’autore, nient’altro che il notevole e indimenticato Fresh Guacamole (2012) di PES, al secolo Adam Pesapane, artista americano dello stop-motion nominato all’Oscar e in buona parte responsabile della riscoperta internettiana di quest’arte all’inizio del trascorso decennio.
E non sarà stato facile, senz’altro, assumere quel ruolo onirico che normalmente è pertinenza di creature insostanziali, proto-anellidi notturni provenienti da profondità lungamente inaccessibili a noialtri bipedi percorritori delle superfici bucolicamente terrestri. Laddove l’utilizzo della stop-motion, soprattutto in questi anni, sembrerebbe aver trovato un luogo fertile proprio nel mondo multiforme di Internet, dove anche un video di pochissimi minuti, sebbene richieda molte settimane di preparazione, può raggiungere la più alta visibilità.
Grazie ai sistemi di selezione dei contenuti offerti dai portali collettivamente gestiti, quale può essere descritto il vasto mondo di YouTube. Per lo meno finché non trionfano le logiche del guadagno, come quella recentissima ed assai discussa di rimuovere il conteggio dei “non mi piace” troppo invisi alle grandi compagnie che tra queste auguste sale vengono soltanto per farsi pubblicità. I cui diritti ad annientare la democrazia dei commenti, immancabilmente, dovranno continuare ad essere anteposti a quelli di chi sceglie di donare il suo lavoro a una silente collettività dall’altro lato del Grande Tubo. Perché la logica del capitalismo c’insegna che, se è gratis, dovrà necessariamente valere molto poco. L’esatto opposto della logica del pescatore sostenibile, parte imprescindibile della catena naturale degli eventi, che preleva nutrimento senza nulla dare in cambio (almeno, necessariamente) al vasto mare. Ma l’esca, si sa, non è la stessa per tutti gli ambienti…