Se si osserva il catalogo recente delle opere creative d’ingegno, evidenziando le soluzioni progettuali preferite per creature o personaggi artificiali (robot, cyborg e droidi di varie nature) non potrà che emergere il particolare approccio della “mono-ruota” o sfera deambulatoria, sostituto tecnologico di soluzioni maggiormente naturalistiche come un semplice paio, o quantità maggiori di zampe. Ciò che BB-8 della più recente trilogia Guerre Stellari, il decontaminatore M-O in Wall-E della Pixar e il talvolta molesto Claptrap di Borderlands hanno in comune è una praticità relativamente ridotta nel mondo reale, qualora si tentasse di trasferire la loro particolare modalità operante in un ambiente non del tutto privo di asperità, scalinate, ogni altro tipo di ostacolo facilmente superabile da entità bioniche di tipo maggiormente convenzionale. Tutt’altra storia rispetto al tipico mecha giapponese da combattimento, in cui le ruote vengono generalmente aggiunte come ausilio di mobilità ulteriore, essendo integrate in genere all’altezza del tallone o delle caviglie, per essere abbassate e messe in funzione ogni qualvolta si presenti la necessità di accorciare le distanze mediante l’utilizzo di una linea di collegamento asfaltata. Il che, oltre a fornire un valido presupposto per ottime scene d’azione e inseguimenti, rispecchia quelle che potremmo definire come una delle più importanti finalità perseguibili da parte di un dispositivo autonomo dotato di riflessi autonomi o n qualsiasi tipo di spirito d’iniziativa: la versatilità necessaria ad affrontare, senza imputarsi, un ampio ventaglio di possibili circostanze. Così la nuova versione del già relativamente celebre Ascento, produzione materialmente tangibile di un gruppo di studenti d’ingegneria robotica affiliati al Politecnico di Zurigo e poi inquadrati all’interno di una start-up indipendente, sembra presentare una risposta alla domanda che non molti avrebbero pensato, fino a pochi anni fa, di porsi: con quali costi e compromessi è possibile produrre una creazione cybernetica vendibile ad un pubblico professionale che sia al tempo stesso veloce, maneggevole e capace di svolgere semplici mansioni mentre viene controllata a distanza? Anche più del popolare “cane” Spot di Boston Dynamics e potenzialmente ampliando quel segmento di mercato, così sorprendentemente avveniristico quanto quello delle automobili volanti, un simbolo di futurismo che in effetti sembrerebbe aver trovato la sua realizzazione negli esa-o-più-cotteri tenuti in volo dall’IA, sebbene al grande pubblico non sia stata ancora offerta l’opportunità di provarli. Una semplice questione di tempo, chiaramente, come quello che dovrà trascorrere prima che “passanti” simili diventino una vista anche soltanto occasionale per le strade cittadine, laddove l’ambiente urbano risulta essere dichiaratamente quello ideale affinché il bizzarro bipede possa trarre il più evidente giovamento dalle sue particolari soluzioni tecnologiche e modalità di funzionamento. Soprattutto nella nuovissima versione identificata molto appropriatamente con l’appellativo di “Ascento Pro” il cui principale tratto distintivo sono le due grandi ruote da bicicletta (o sedia a rotelle) montate in corrispondenza dei piedi, contrariamente alle versioni molto più piccole usate fino a questo momento. Il che potrà anche renderlo meno adatto a muoversi in ambienti particolarmente stretti ma incrementa in modo esponenziale la mobilità inerente in tutta un’altra gamma d’ambienti, in grado d’includere anche parchi pubblici, boschetti o ipotetiche distese sabbiose che tendono all’infinito. Già la seconda iterazione di Ascento si era d’altra parte dimostrata, in un video del febbraio 2020 che ha raggiunto agevolmente il milione di visualizzazioni, di adattare le sue particolari caratteristiche strutturali alle difficili sfide proposte dal suo team di ricerca & sviluppo, benché una particolare aggiunta del nuovo modello dimostri quanto fosse ampio il margine di un ulteriore miglioramento: l’inclusione di un sistema LIDAR di mappatura degli immediati dintorni, impiegato dal sofisticato software di bordo per preparare ed adattare i movimenti del robot a ogni possibile contesto d’impiego. Un aspetto, quest’ultimo, che sembrerebbe aver fatto pensare al pubblico di Internet una possibile applicazione futura. Che potrebbe anche non essere quella a cui state pensando…
“Provate a montarci sopra un paio di mitragliatrici” suggeriva l’ultima volta l’immancabile commento di YouTube, tipicamente americano, basato sulla visione per cui ogni ottima tecnologia debba necessariamente transitare per i recessi di una simile industria, prima di poter approdare a un più sereno e democratico impiego di tipo civile. Suscitando, in modo alquanto interessante, la reazione dell’addetto alla gestione del canale (forse il community manager del politecnico?) pronto a dichiarare come ogni applicazione di tipo bellico sarà immediatamente scoraggiata dagli svizzeri, poiché totalmente fuori dal ventaglio delle modalità d’impiego considerate ideali. Tutt’altro tipo di reazione, e persino un certo grado d’interesse, suscita d’altronde il tipo di commento, replicatosi in maniera esponenziale a seguito della presentazione del nuovo robot, che vorrebbe vederne una versione adattabile alla mansione di supporto tecnologico per i diversamente abili con problemi di deambulazione, a vantaggio dei quali potrebbe idealmente costituire una nuova tipologia d’ausilio inerentemente superiore alla classica sedia a rotelle. I problemi ingegneristici da risolvere, naturalmente, non sarebbero affatto pochi. Ma non è difficile immaginare un essere umano sostenuto all’altezza della vita dal corpo centrale della macchina, con le gambe raccolte all’interno di una struttura pieghevole, che sale agevolmente le scale, guarda il mondo dall’altezza dei suoi simili e raggiunge senza problemi gli oggetti nei ripiani più alti degli scaffali. Una visione ancora non particolarmente prossima sebbene facilitata ulteriormente dalla possibilità di cambiare sul campo la batteria al robot, che dimostra tuttavia quanto le priorità di tanti poli tecnologici fino a questo momento siano state allineate altrove, considerando il mercato della robotica come un’unicum piuttosto che diviso in variabili segmenti dal diverso grado d’utilità immediata. Ed è forse per questo che il sito ufficiale del progetto, capace di presentarsi come la classica proposta nei confronti di possibili finanziatori futuri (non a caso, il precedente Ascento riportava le etichette di almeno un paio d’importanti sponsor) parla lungamente delle classiche applicazioni per il piccolo-grande robot del politecnico, ivi inclusa la sorveglianza, manutenzione e l’irrinunciabile, in tale campo “ricerca di sopravvissuti in caso di disastro naturale”. Ci fece anche una striscia il popolare fumetto online xkcd, mirata a sorridere sulla classica ed onnipresente giustificazione per ogni sorta di bizzarro automatismo concepito nelle sale universitarie di mezzo mondo, laddove questo singolo e particolare esempio sembrerebbe d’altra parte sostenere la proposta con un certo livello d’innegabile sostanza di base. Vedi la durevolezza del robot costruito in dura plastica PA12, con molle torsionali capaci di ammortizzare gli urti col terreno e quelli risultanti dai rapidi balzelli, di cui la piattaforma risulta essere capace ogni qualvolta sollevare i “piedi” non dovesse risultare sufficiente a raggiungere un luogo elevato. Ulteriore concessione agli aspetti maggiormente pratici di un suo impiego futuro, particolarmente nel campo della logistica e consegna di pacchi, l’autonomia incrementata fino a 5 ore (in base al carico e la difficoltà del tragitto) della nuova versione concepita per il mercato professionale. Un qualcosa che incrementa in modo importante l’effettiva implementazione all’interno di processi simili, anche rispetto alle proposte della concorrenza: lo stesso Spot di Boston Dynamics dichiara, a tal proposito, un’autonomia di appena 90 minuti.
Quando si considera l’ampia varietà di soluzioni create dai processi evolutivi della natura, tra pesci, uccelli ed insetti non si può fare a meno di notare la grande assenza di animali forniti di ruote. Struttura biologicamente irraggiungibile, per l’impossibilità fisica di vascolarizzarla, lubrificarla e soprattutto sostituirla, qualora inevitabilmente andasse incontro ad un consumo drasticamente rapido del proprio battistrada. Ed è forse proprio questa la ragione per cui l’ingegno contemporaneo ama creare storie empatiche nei confronti di creature dotate di un così chiaro elemento artificiale, incredibilmente utile a risolvere il problema fondamentale degli spostamenti. Il problema della robotica materialmente possibile fino a questo momento, dunque è sempre stato quello di percorrere due strade divergenti: quella della bionica, ispirata alle strutture naturali di questo mondo, Vs. l’integrazione di processi e metodologie complesse in esseri che potremmo facilmente accomunare ad elicotteri, automobili o carri armati. Il che potrebbe anche andare incontro a un rapido processo di mutamento, non appena impareremo a coniugare assieme il meglio di entrambi i mondi. Così come sembra fare lo svizzero Ascento, nella sua ultima e più impressionante iterazione. Forse un punto di partenza, piuttosto che quello d’arrivo, per un nuovo tentativo di coniugare tecnologia e natura. Ivi incluso il miglioramento delle condizioni per chi avrebbe il massimo bisogno, tra tutti, di tornare ad un più alto grado di agilità ed indipendenza. Forse il più importante margine di miglioramento, a vantaggio della vasta e indivisa collettività pensante.