Non è sempre facile verso le ore del tramonto, sulla distanza, giungere a comprendere le vere proporzioni delle cose. O degli animali. Così scrutando l’orizzonte col binocolo, verso gli erbosi recessi di Zambia, Angola e Mozambico, può succedere di scorgere quello che sembra a tutti gli effetti una iena gradevolmente striata che si nutre dei rimasugli di una indefinibile carcassa animale. Chinando la sua testa con le grandi orecchie da pipistrello, una, due volte, il muso colorato di rosso per il sangue. Ma soltanto chi dovesse intrattenersi sufficientemente a lungo in tale osservazione, finirebbe per notare qualcosa di etologicamente inaspettato: che neppure in un singolo caso, lo spazzino carnivoro apre completamente la sua bocca, che non mastica, non strappa e non fagocita pezzi di carne. Preferendo, piuttosto, tirare fuori a un ritmo sostenuto la sua lunga e articolata lingua rosa eccezionalmente ruvida e corazzata, ancora e ancora. Siamo forse dinnanzi ad un fenomeno di vampirismo? Forse il mostro sta bevendo il sangue ancora tiepido della gazzella? Non proprio, o per lo meno, non solo. Poiché il pasto principale, in questo o un’altra grande quantità di casi, risulta essere piuttosto qualche cosa di assolutamente VIVENTE. Le larve di mosca, le uova, i vermi contenuti in quelle membra prossime alla putrescenza. E di sicuro, se questa fosse veramente una “semplice” iena, diversi altri aspetti finirebbero per suscitare un senso generale di straniamento. Trascorso un tempo sufficientemente lungo, un ratto delle canne dal peso approssimativo di 3 Kg entra casualmente nel raggio visivo dello spettatore. Completamente ignorato da quel potenziale predatore, gli gira attorno. Le sue vere proporzioni, a un tratto, appaiono evidenti: esso può raggiungerne in altezza una metà abbondante delle affusolate zampe. Questo perché l’insettivoro quadrupede misura, in effetti, non più di 50 cm al garrese. Più o meno come un cane di taglia medio-piccola che abita comunemente all’interno delle nostre case.
Eppure il nome comune che ad esso si riferisce, preso in prestito dalla lingua locale afrikaans, allude principalmente a due concetti: aardwolf (letteralmente: “lupo di terra”) finendo per assomigliare linguisticamente a un altro formidabile divoratore d’insetti, l’aardvark (“maiale di terra”) con cui condivide la massima parte della sua dieta. Costituita, nel presente caso del Proteles cristata, in larga parte di esponenti della famiglia Hodotermitidae prelevate direttamente dalla loro città di fango, consumate in quantità semplicemente spropositate. La mitologia vichinga parlava a tal proposito del grande lupo Fenrir, che secondo una profezia avrebbe ricevuto il compito di divorare il Sole negli ultimi giorni degli Dei e degli uomini. Una creatura che avrebbe potuto molto facilmente divorare interi eserciti nello spazio tra il tramonto e l’alba, il che potrebbe facilmente rientrare nella descrizione di una così piccola ed, almeno apparentemente, inoffensiva creatura. Secondo stime informate, largamente approfondite negli ambienti di studio, un singolo protele arriverebbe a trangugiare fino a un quarto di milione d’esapodi eusociali nel corso di una singola notte. Qualcosa di apocalittico e glorioso al tempo stesso, soprattutto per gli agricoltori che devono fare i conti quotidianamente coi problemi logistici presentati dall’improvviso palesarsi di un termitaio. Sebbene voglia il caso, ed è una triste contingenza, che la pessima reputazione posseduta dai suoi cugini “maggiori” porti a una crudele intolleranza anche nei confronti di questo atipico esponente dell’ordine dei carnivori, complice anche la poca conoscenza per la rarità in determinati territori. Tanto spesso cacciato o ucciso sul terreno delle fattorie, per la presunta quanto erronea idea che possa occasionalmente nutrirsi degli animali domestici contenuti all’interno di esse. Un errore niente meno che madornale: perché mai la suddetta creatura dovrebbe fare una scelta simile, quando un qualcosa di molto più dolce e nutritivo può costituire un pasto equilibrato, nutriente e soprattutto carico d’apocalittica soddisfazione… Secondo i ben precisi gusti alimentari della sua specie.
Principalmente notturno, solitario e molto timido nel suo comportamento, l’aardwolf costituisce una delle più interessanti risposte dell’evoluzione al problema di far sopravvivere un piccolo mammifero nella boscaglia intermedia, sita tra i due biomi della savana e delle foreste di tipo miombo, popolate di pericolosi licaoni, elefanti ed antilopi sfuggenti. Capace di trarre nutrimento sufficiente a sopravvivere individualmente da un territorio di appena 1-4 Km quadrati, senza la necessità di comportamento sociale o la costituzione di un branco. E marcando piuttosto, con la più attenta cura, i confini di tale spazi mediante l’impiego della particolare ghiandola odorifera situata in posizione peri-anale, capace di secernere una sostanza nera ed appiccicosa. Il che fa di ciascun esemplare il guardiano intollerante verso qualsivoglia tipo di sconfinamento anche grazie ai chiari segnali inviati mediante la notevole cresta erettile posseduta dagli esemplari adulti, simile a una vera e propria capigliatura da punk. La cui esibizione costituisce l’antefatto all’aggressione immediata e senza pregiudizi del rivale di turno, in una baruffa culminante con abbai, una sorta di chiocciare indistinto e un ringhiare incombente. Eventualmente, ma non spesso, seguìti dall’impiego del morso agevolato dalla presenza di canini ben sviluppati e con specifiche finalità d’autodifesa, risultando altrimenti del tutto inutili nel consumo quotidiano della preferibile tipologia di nutrimento.
Simili sconfinamenti, ad ogni modo, avvengono soprattutto nel periodo primaverile, durante la stagione degli amori. Quando i maschi meno forti sono soliti attaccare il territorio di quelli che hanno già trovato una compagna, e sono pronti a proteggerne l’accesso esclusivo fino alla nascita dei propri cuccioli con piglio chiaramente monogamo ed indiscutibilmente guidato dal rispetto del legame familiare. Se non che il particolare metodo riproduttivo dell’aardwolf prevede che sia la sua compagna, piuttosto, ad accettare o cercare gli incursori di provenienza incerta, trovando sempre il momento ideale perché possa svolgersi l’accoppiamento fuori dal vincolo, generando la casualità frequente che i suoi figli non appartengano, effettivamente, a colui che successivamente sarà pronto a prendersi l’incarico di accudirli. Il periodo di gestazione, quindi, richiede tra gli 89 e i 92 giorni, al termine del quale i nuovi nati, tra i 3 ed i 5, saranno inizialmente del tutto privi d’indipendenza e trascorreranno i propri giorni all’interno della tana scelta dai genitori, che può essere costituita da una buca scavata ad hoc, anfratti pre-esistenti creati da altri mammiferi africani e poi abbandonati, o persino uno stretto pertugio tra le rocce. Se appropriatamente nascosto e protetto da sguardi indiscreti, dunque, lo sviluppo dei piccoli fino all’indipendenza è ragionevolmente garantito, creando la casistica di una creatura con grande percentuale di successo nel riprodursi, e che risulta nella sua età adulta pressoché priva di possibili nemici. Fatta eccezione, s’intende, per l’uomo.
Abbastanza prolifico e resiliente da poter vantare una diffusione particolarmente ampia, che include due gruppi situati rispettivamente nell’Africa Orientale e quella meridionale (un tempo si credeva fossero due specie distinte) il protele non risulta oggi considerato in alcun modo a rischio d’estinzione, mostrando piuttosto un apprezzabile mantinemento della sua popolazione complessiva. E questo nonostante la progressiva ed inevitabile riduzione dei territori realmente privi d’interferenza antropogenica, mostrando una capacità d’adattamento in linea con quella posseduta dai suoi distanti cugini canidi, pur essendo, contrariamente all’apparenza, un membro a pieno titolo del gruppo dei feliformi (così come le iene).
Strettamente legati alla presenza di termitai, che possono appartenere a specie differenti a seconda del proprio areale di provenienza, gli aardwolf presentano dunque un particolare tipo di relazione coscienziosa con tali imprescindibili fonti di nutrimento. Non potendo infatti scavare in profondità con gli artigli, come fatto dall’aardvark, essi si limitano a leccarne via le occupanti dalla superficie, avendo sempre la massima cura di non eliminare completamente la popolazione complessiva contenuta all’interno. Ciò affinché la colonia, trascorso un tempo sufficientemente lungo, possa tornare a prosperare offrendo l’occasione di ulteriori banchetti futuri. Una rara, quanto encomiabile propensione alla predazione sostenibile, che potrebbe o dovrebbe portare a interrogarci sulle nostre scelte recenti in materia di conservazione dell’ambiente.
Ma come sapevano i profeti dei tempi trascorsi… Un conto è sapere qualcosa. Tutt’altra storia scegliere d’agire al fine di contrastarne “l’inevitabile” occorrenza. Forse proprio per questo si diceva che il fato fosse ineluttabile; una visione del mondo che si addice largamente alla struttura sociale di un termitaio. Con l’avvicinarsi della grande umida livella, che ogni cosa sugge e ingurgita all’interno del vorace stomaco lupesco. Perché nessuno vuole rinunciare al suo profitto prima dell’atimo finale. E quando sarà finalmente tempo, chi può affermare con reale cognizione di causa, se ne resterà abbastanza per agire… In tempo.