La testa tonda dell’uccello rosso disegnò un arco elegante verso l’acqua del suo sacro abbeveratoio, inducendo il parziale capovolgimento del suo corpo sottile. “Glub!” Si udì il potente suono del bicchiere, nel silenzio delle vaste sale della Storia. Poi di nuovo, “Glub…Glub!” Come il passo di un metronomo, sincronizzato col rintocco della progressione logica degli eventi, sotto gli occhi attenti dell’umanità in attesa. Al completare della prima oscillazione, Cheope con la sua regina, laboriosamente sottoposti al trattamento che gli avrebbe dato l’immortalità. Mummie, per i posteri allibiti. Ed al compiersi di quattromila rotazioni ed oltre, nuovamente, l’alta punta trova una collocazione verso il Sole che da la vita. Siamo a Memphis, Tennessee, a novembre del 1991. Per una versione geometrica che fosse alta 98 metri e con 180 di lato, come dai disegni architettonici prodotti dallo studio Rosser Fabrap International. Mentre il volatile in questione, per comprendere il contesto, è il giocattolo ricreato ed adattato ai tempi moderni da John Tigrett, uno degli imprenditori più importanti collegati alla storia di questa città. La cui creazione potreste anche ricordare come addetta brevemente, suo malgrado, della sicurezza nucleare della centrale di Springfield senza il suo caratteristico bicchiere, in una memorabile quanto apocalittica puntata dei Simpson. E così l’uccello con il contrappeso liquido in metilene nella sua parte posteriore, portato a riscaldamento e conseguente ebollizione dalla semplice temperatura ambiente, avrebbe accelerato il proprio movimento nel prosieguo degli anni a venire: la prima volta per i molti tornei di basket della prima mezza decade sotto l’egida della piramide in questione, sebbene la squadra locale dei Grizzlies avrebbe ben presto chiesto e trovato la costruzione di uno stadio molto più convenzionale nel FedEx Forum. Glub! E poi nel 1995 e 1997, per i concerti dei Grateful Dead e di Mary J. Blige. Ma tutti convennero che l’acustica non era perfetta: di sicuro, le antiche tombe egizie non furono pensate come arene musicali. Glub! Il che non avrebbe impedito ai Rolling Stones, nel 1999, di suonare al suo interno. Esattamente tre anni prima di quando Lennox Lewis e Mike Tyson, nel 2002, giunsero tra queste mura oblique per combattere il più grande match nella storia della pay-per-view (fino a quel momento). Ed i giganti combatterono sotto gli spalti gremiti. Mentre la città tentava, disperatamente, di trasformare il sito eclettico in un luogo in cui condurre straordinari eventi. Eppure nonostante un simile successo, la gestione dell’edificio aveva ormai per la città un passivo di 200.000 dollari l’anno. Qualcosa andava fatto, e il prima possibile. Le grandi porte di quel mausoleo vennero chiuse. Per quanto fu possibile determinare nell’immediato, avrebbero anche potuto non riaprire mai più.
Il fatto è che la seconda città più popolosa dello stato del Tennesse con i suoi oltre 600.000 abitanti, tra cui figurò anche la monumentale figura di Elvis Presley, risulta essere nonostante le significative disuguaglianze sociali anche uno dei principali centri industriali del sud degli Stati Uniti, situata presso un vero crocevia di poli di smistamento logistici ed organizzativi. Ed in quanto tale assai potenzialmente meritoria, per qualsivoglia venture commerciale o infrastrutturale su vasta scala. Così come aveva fatto ben comprendere in origine l’artista locale Mark C. Hartz, quando nel 1954 portò di fronte al concilio cittadino il progetto per tre piramidi affiancate al corso del fiume Mississippi, che potessero costituire uno dei principali punti di capaci di evidenziare sulla mappa questo piccolo ritaglio d’Egitto all’altro lato dell’oceano stesso. Idea giudicata poco pratica, almeno finché tre decadi dopo, suo figlio Jon Brent non seppe realizzare un rendering particolarmente affascinante, in cui l’edificio era diventato soltanto uno, splendido e lucente nel suo rivestimento esterno in vetro dorato. Tutto quello che serviva, a questo punto, era un finanziatore ed a tal punto questa idea aveva colpito i cuori del pubblico, che fu possibile individuarne ben due: il primo era il già citato John Tigrett, padre tra l’altro di Isaac, fondatore della celebre catena di ristoranti Hard Rock Cafe. Ed il secondo Sidney Shlenker, proprietario della squadra di basket dei Denver Nuggets e diverse compagnie mediatiche d’intrattenimento. Che voleva includere all’interno dell’edificio anche un museo della musica (naturalmente dedicato ad Elvis) ed un parco divertimenti, se non che il prematuro esaurimento dei suoi fondi, oltre ai disaccordi con il partner d’affari, avrebbe visto prevalere la visione prevalentemente sportiva di Tigrett. Ciononostante, le originali promesse non si sarebbero mai potute realizzare. Portando, piuttosto, ad un qualcosa di radicalmente differente per portata e funzionalità evidenti…
Era quindi il 2004, quando in una storica convocazione del concilio cittadino, Memphis votò positivamente per tenere aperta “ad ogni costo” la sua arena piramidale. Risoluzione che si risolse oggettivamente in un nulla di fatto, per la semplice mancanza dei fondi necessari a farlo. Ed iniziò così una serie di lunghi anni, durante cui la struttura restò sostanzialmente chiusa al pubblico e del tutto priva di funzioni apparenti. Fu allora, narra l’aneddoto, che il celebre conduttore televisivo di un programma della pesca Bill Dance, trovandosi in un viaggio sull’aereo privato del direttore della gigantesca catena di negozi Bass Pro Shop, Johnny Morris, iniziò a parlargli della possibilità di costruire un grande polo commerciale presso la sua città nativa in Tennessee. Idea almeno in apparenza poco probabile o realizzabile, ma che risultò abbastanza interessante in linea di principio da causare il coinvolgimento di diverse figure di addetti ed organizzatori della compagnia. Così che quando Dance e Morris si incontrarono di nuovo poche settimane dopo per un’escursione di pesca al pesce gatto, l’idea effettiva del negozio appariva ormai più largamente definita. Ci sarebbero stati grandi spazi espositivi. Avrebbe incluso almeno uno, forse due ristoranti. Un acquario. Un hotel. Il piano terra avrebbe visto l’integrale ricostruzione di una palude, con tanto di coccodrilli vivi! E diverse gallerie di tiro, popolate di animatronic delle principali prede dei cacciatori nordamericani, avrebbero permesso ai visitatori di sperimentare l’emozione della vita all’aria aperta senza dover lasciare il comodo contesto urbano. Ultimo dettaglio, assolutamente non da poco: tutto questo avrebbe trovato posto all’interno della gigantesca piramide sul fiume Mississippi. Fu del tutto impossibile, stavolta, dire di no a Dance.
Comprensibilmente e in una prima battuta, l’idea non piacque affatto alla città di Memphis. Trasformare il loro svettante ed orgoglioso punto di riferimento, considerato come la risposta locale all’arco di St. Lous, Missouri, in un semplice e noioso centro commerciale? Mentre entro il 2005, le testate giornalistiche iniziavano a parlare dell’ipotesi tra le diverse alternative, tra cui quella sempre possibile di farne un vasto casinò (dopo tutto, la somiglianza con la più grande piramide del Luxor di Las Vegas era evidente) le trattative proseguirono febbrilmente. Ma l’edificio sarebbe rimasto vuoto per ulteriori 5 anni, fino alla sudata e laboriosa approvazione di quello che sarebbe venuto dopo. Con uno stanziamento iniziale di 30 milioni di dollari, la catena Bass Pro iniziò quindi il rinnovamento dietro l’ottenimento di un leasing di 55 anni, inclusivo di creazione di un alto ascensore centrale per il raggiungimento rapido del “vertice” della questione, dove avrebbe trovato posto il ristorante principale, con spettacolare vista sul ponte Hernando de Soto. Significativi miglioramenti, inoltre, vennero ultimati alla viabilità e gli spazi del parcheggio locali. Eppure, nonostante tutto, le critiche non sarebbero mancate. Quasi letteralmente irraggiungibile senza l’impiego di un’automobile (ma questo vale per tanti altri siti turistici degli Stati Uniti) l’enorme negozio campeggia dunque all’incrocio di uno svincolo e una superstrada, col vistoso logo della sua catena presso il centro esatto della facciata. Forse proprio quest’ultimo, l’aspetto più straniante almeno se interpretato dal punto di vista di un paese del Vecchio Mondo, dove si sarebbe preferito collocare l’insegna innanzi al monumento, per evitare di cambiarne l’aspetto complessivo ed il significato, senza tuttavia impedirgli di comparire sulle patenti di guida emesse a partire dal 2011 dallo stato del Tennesse. Detto ciò, la rinascita della piramide fu rapida e innegabile, con una quantità di visite stimate attorno ai 3 milioni complessivi di persone a partire dalla sua riapertura nel novembre del 2011, tanto da aver suscitato l’interesse per ulteriori miglioramenti, come un secondo albergo e un’adrenalinica zipline posta ad estendersi dal suo punto più elevato. Per smentire, finalmente, le reiterate voci su una sua presunta “maledizione”, iniziata quando pochi anni dopo l’apertura fu trovato e rimosso durante operazioni di manutenzione l’improbabile teschio di cristallo integrato nella struttura del tetto, secondo una leggenda qui posizionato proprio da Isaac Tigrett in persona, figlio del committente, con finalità segrete e/o potenzialmente sataniste. Nient’altro che un ulteriore strano capitolo, di uno strano edificio in quella che potremmo definire strana città.
Antica capitale del primo nomo (distretto) dell’impero Egizio di Aneb-Hetch, la popolosa città di Menfi fu abbandonata attorno al 2200 a.C. Abbastanza tardi da costituire il seggio del potere per oltre otto dinastie, che qui costruirono templi, palazzi e necropoli, sebbene nessun tipo di piramide paragonabile a quelle della piana di Giza, oggi forse il singolo punto di riferimento storico più importante e riconoscibile al mondo. Indelebili come soltanto qualcosa di altrettanto antico può riuscire ad esserlo, anche grazie alle proporzioni mai più raggiunte per questa particolare espressione geometrica di un’onorevole sepoltura. Giacché l’uomo moderno, con le sue transitorie e trascurabili passioni, potrà anche aver tentato a più riprese d’imitarne l’incrollabile magnificenza. Dal punto di vista meramente strutturale, potrà anche essere riuscito a superarle. Ma dovranno necessariamente trascorrere altre quattro migliaia di anni, perché sia possibile dare un giudizio in merito alla qualità del risultato finale. E chissà se entro una tale oscillazione assai remota dell’uccello Glub-glub, la gente avrà finalmente smesso di affermare che Elvis potrebbe ancora camminare tra i viventi.