La voce profonda del narratore pronuncia lenta queste parole: “Sei uno dei Non Morti, eternamente senza luce, eternamente privo di speranza”. Il pubblico dell’annuale premiazione americana VGA Awards trattiene il fiato: è ormai tradizione che l’evento, in cui vengono premiati i migliori videogiochi dell’anno secondo la giuria di Spike TV, sia utilizzato come trampolino di lancio per i più attesi e popolari prodotti futuri. Qui negli anni scorsi hanno debuttato giochi del calibro di Batman: Arkham City e Halo Reach, titoli dalla grande accessibilità e appartenenti a saghe celebri dall’alto valore commerciale. Ma mai, neanche una volta, si è verificato nulla di simile. Il pubblico di giovani e casual gamer cui si rivolge questo programma assiste in silenzio al bellissimo full motion video fatto realizzare, probabilmente, da uno studio di animazione esterno allo sviluppatore From Software. Si accendono le luci, due secondi di silenzio e… all’improvviso il trionfo, la platea in delirio. Cosa ci sarà di tanto speciale nell’ennesimo Action-RPG giapponese, per di più tanto cupo, dai colori spenti e con un vibe che tende decisamente verso il tragico e il deprimente? In cui tutto è già morto, forse ancora una volta i veri eroi risiedono nel passato, il grosso della storia comparirà in descrizioni testuali o sarà appannaggio esclusivo delle congetture di community elitarie, solo parzialmente informate…La risposta è che la serie di Dark Souls è un folle e sfrenato anacronismo, forse il videogioco più atipico e significativo degli ultimi 20 anni.
Nei precedenti episodi, siamo stati posti di fronte a un’esperienza digitale difficile, a tratti incomprensibile, dalle meccaniche astruse e abbiamo usato guide o walkthrough come risorsa essenziale per progredire e assistere al finale della storia. Questi giochi, capolavori a sorpresa, furono proposti dapprima solo in Giappone con un’esclusiva per PS3 finanziata dalla coraggiosa Sony, l’ostico Demon’s Souls. Ma che poi ebbe un successo tale da giustificare l’esportazione del gioco in America. E che fatto oggetto di un passaparola senza precedenti, finì contro ogni previsione per essere tradotto a vantaggio del bistrattato mercato europeo. E che lì, a sorpresa, vendette tanto da giustificare un seguito multi-piattaforma. Che grazie a interminabili petizioni è stato infine convertito alla meglio su PC, vendendo ancora e ancora. Un videogame di nicchia che non dovrebbe neanche rientrare tra gli interessi del giocatore medio, ma che invece smuove le montagne: da 24 ore se ne è tornato parlare assiduamente sulla macro-message board democratica Reddit, tra le sezioni del disilluso e anonimo 4Chan, nell’esigente forum specialistico NeoGaf, persino tra i feed di Facebook. Non c’è da sorprendersi: Dark Souls rientra nell’Olimpo dei migliori videogiochi mai prodotti. Perchè tratta il giocatore come un adulto, senza continui tutorial o spiegazioni. Perchè non cancella il decesso del protagonista con un rapido Game Over e il rientro dal checkpoint, ma lo rende parte integrante dell’esperienza. In Dark Souls se muori puoi letteralmente perdere tutto… Basta un’attimo o un momento di sfortuna, come l’invasione inaspettata di un giocatore nemico, abbastanza furbo da tendere un agguato in luoghi pericolosi o che sappia usare al meglio le sue armi e abilità. Allora forse si perde la pazienza perchè il gioco è stato ingiusto. Ma due minuti dopo si torna ad impugnare il pad, ad infinitum. Per quanto mi riguarda sono pochi i videogiochi moderni ad aver mantenuto intatto lo spirito originario di questo mezzo espressivo. I grandi capitali d’investimento e la tecnica del beta testing contemporaneo, finito per diventare anche un focus testing e sondaggio su grossi mercati potenziali, hanno ormai largamente appiattito il senso d’avventura e il controllo autorale di quella che rimane, suo malgrado, una vera e propria forma d’arte. Il trionfo “inspiegabile” di questa serie, per chi conosce l’ambiente, ne è una chiara prova. Il problema è: lo avranno capito anche gli stessi dirigenti di chi l’ha saputa creare?
Un esempio: Need For Speed è un videogame di macchine, considerato come adatto ad un pubblico hardcore, ovvero di giocatori esperti. Questo perchè ci sono auto reali, percorsi cittadini e inseguimenti con la polizia. E’ trasgressivo, è cool. Ma negli ultimi 6 episodi le auto sgommano come personaggi di Mario Kart, la progressione è sempre garantita e non si può fallire una gara dopo aver semplicemente centrato un lampione a 200 Km/h, come sarebbe giusto in un contesto logico e simulativo. Questa è la tendenza naturale del videogioco moderno: se 10 anni fa guidavi una Porsche schivando il traffico per giungere al traguardo, oggi puoi ancora farlo. E molti altri insieme a te, perchè il gioco è più facile e accessibile, vende di più. Ma siamo sicuri che il punto fosse il cosa stavi facendo e non il come? Se non ci sono conseguenze, vale davvero la pena di evitare il lampione? Perchè devo sbloccare tutte le armi dell’ultimo sparatutto cinematografico se vinco lo stesso i combattimenti e devo al massimo ripetere qualche sequenza di due minuti? Chi ha davvero voglia di dare la caccia agli elusivi conigli di Assassin’s Creed 3 se l’unica ricompensa sono pistole e spade per fare bella figura in uno screenshot? Forse Dark Souls è l’unico, il solo vero videogioco in senso classico che sia stato prodotto per questa generazione di console. E vederlo presentato ai VGA Awards, tempio del gaming semplice e generalista, come dicevo fa una certa impressione. Perchè a conti fatti le possibilità sono due:
1- L’Industria sta per cambiare, le grandi compagnie si sono accorte che la meme commerciale del gaming for everyone ha esaurito ogni potenziale e stiamo per tornare ai giochi ben più impegnativi dei tempi passati. Monster Hunter per Wii U diventa il titolo più venduto nella storia di una console Nintendo, seguito a ruota da due nuovi Star Fox ed F-Zero. Nel frattempo X-Box 640 e Playstation 4 ricreano gli anni d’oro del 1995-2000, in cui l’innovazione tecnologica dettava le leggi del mercato videoludico. Gabe Newell completa Half-Life 3…
2 – Dark Souls 2 sarà l’ennesimo prodotto commerciale per il grande pubblico, con un budget più ampio dovuto alla sua maggiore facilità e accessibilità. La serie finirà come Ninja Gaiden o Armored Core (sempre di From Software) franchise un tempo leggendari trasformati in blockbuster dell’ultima ora, lanciati con molta pubblicità e dimenticati dal grande pubblico in poche intense, redditizie, settimane.
Dark Souls 2 è confermato su PS3, Xbox 360 e PC, ma ecco un aspetto che dà da pensare: non sarà diretto dal creatore della serie Hidetaka Miyazaki, relegato qui al ruolo di semplice supervisore, ma dai due newcomer Tomohiro Shibuya e Yui Tanimura, che hanno già annunciato di voler creare un gioco “Più comprensibile e adatto a chi non ha esperienza con la serie”. Chi vivrà vedrà… E morirà. Nel frattempo PRAISE THE SUN