Strisce orizzontali segmentate, sotto aguzzi triangoli a forma di freccia, sormontati da altrettante piccole bandierine perpendicolari al terreno. Sopra il tetto un semi-cerchio, mirato a rappresentare possibilmente la volta celeste. Un grande portone ad arco nel centro e di fronte ad esso, la scritta calligrafica riportante il celebrato nome: Walt Disney, proprietario della più rinomata e significativa compagnia d’intrattenimento al mondo. Il cui logo non è soltanto un castello, bensì l’unione di questa popolare immagine con scintille sfolgoranti e una particolare melodia. Eppure, guarda caso, è sempre quella costruzione architettonica a restare maggiormente impressa agli spettatori, al punto che vagando per la campagna della Scozia settentrionale nei pressi di Alford nella contea di Aberdeen, finiscono per restare all’improvviso come folgorati, da un’insistente, inevitabile senso di déjà vu. Nel momento preciso in cui si ritrovano a scorgere, a lato della vecchia A980, una replica ragionevolmente fedele della forma classica, e innegabilmente tipica, di quanto visto tante volte al cinema o in videocassetta fin dai tempi dell’infanzia e quella dei propri stessi eredi. Una forma cromaticamente contrastante in mezzo alla vegetazione, quella del riconoscibile castello di Craigievar, vista la particolare tonalità delle sue svettanti mura: 26 metri per sette piani di mura di un surreale, caratteristico colore rosa. Perfettamente uniforme lungo l’intero estendersi del suo contorno fortificato, fino alla serie mensole architettonicamente decorative poste a due terzi della sua altezza e fino all’intrigante serie di balconi, piattaforme e torrette multipiano che occupano la svettante sommità fortificata. Ponendo le basi per una capacità di attirare i visitatori da lontano meglio di qualsiasi cartellone pubblicitario, ben nota fin da quando nel 1879 la regina Vittoria in persona, durante una scampagnata con il marito Alberto si ritrovò a scorgerlo da lontano, non potendo resistere al richiamo della sua strana ed interessante forma. Finendo per andare a visitarlo incuriosita ed in assenza di alcun occupante, un episodio rimasto tra quelli di maggior prestigio nella storia dell’edificio. Le cui origini possiamo far risalire, nelle cronache storiografiche, ad almeno due secoli prima…
Era dunque l’inizio del XVII secolo quando Patrick Forbes, vescovo di Aberdeen e proprietario di Corse Castle, ricevette per l’ennesima volta suo fratello minore William, famoso per le strane iniziative d’affari e le ingenti fortune sperperate dietro irrealizzabili idee. Eppure ciononostante, viste le spropositate fortune della sua famiglia, gli accordava l’ulteriore prestito, nella quieta speranza che stavolta avrebbe ottenuto un metodo efficace per uscire dall’indigenza. Il giovane Willie dunque, come erano soliti chiamarlo a quel tempo, usò i fondi per acquistare una nave e dirigersi, senza particolari esitazioni, fino alle coste della Polonia, dove riempì le proprie stive di legna da costruzione a buon mercato. Che una volta ritornato nella patria Scozia, riuscì a vendere con importante nonché significativo guadagno. Era l’inizio di un nuovo processo commerciale e ben presto, i vascelli sotto il suo comando si moltiplicarono, permettendogli di disporre di una considerevole somma da investire in qualsiasi progetto potesse prender forma nella sua mente. Così nel 1625, egli scorse il terreno e la svettante costruzione posta parzialmente in opera dal clan impoverito dei Mortimer, che avendo ormai esaurito i fondi cercavano di vendere per andare a trasferirsi in città. Rimasto colpito dalle potenzialità di un tale luogo, scelse quindi di acquistarlo e portarne a termine la costruzione, realizzando l’idea spesso ripetuta da suo padre William Forbes of Corse, di vivere in una residenza in cui “I ladri dovranno bussare se mai dovessero voler mettere piede all’interno.” Un’ambizione che potremmo a pieno titolo affermare che sia stata centrata in pieno…
Costruita in perfetto stile Baronale di una tower house (residenza fortificata) e su probabile modello del castello di Balmoral risalente al 1390, l’edificio fu completato con la caratteristica pianta ad L del cosiddetto quarto periodo di Scozia, oltre ad un piano rialzato lievemente più largo di quello sottostante come esemplificato dal punto discontinuo nella sua sagoma strutturalmente compatta. Originariamente circondato da una cinta muraria oggi andata in rovina, fatta eccezione per un tratto situato ad ovest del dongione attentamente preservato attraverso i secoli, il torrione vantava inoltre soltanto una singola porta, accrescendo sensibilmente le sue prospettive di difendibilità in caso d’assedio. Ereditando quindi la fortuna paterna il figlio di William Forbes, con il suo stesso nome, ne investì una parte considerevole al fine di diventare baronetto, un titolo destinato a guadagnare ulteriore prestigio con il proseguire della dinastia ed il matrimonio del suo quinto erede (anch’egli di nome William) con l’onorevole Sarah Sempill, figlia di Hugh Sempill, dodicesimo signore del suo clan. Il primo Sir William tuttavia, di per se stesso, aveva messo al mondo soltanto un singolo figlio maschio di nome John, soprannominato il Rosso per il suo temperamento violento ed impulsivo. Al punto che fu proprio lui, secondo una leggenda, a dare vita al primo e più temuto fantasma del castello (presenza inevitabile da queste parti) appartenente allo spasimante segreto di una delle sue cugine o sorelle, da lui scaraventato senza pietà da una delle finestre più alte del castello. Forse connesso, o qualche volta accompagnato, dalla presenza ectoplasmica di un non meglio definito violinista, caduto accidentalmente nello stesso periodo dentro il pozzo nelle cucine del complesso, evento a seguito del quale sembra possa comparire unicamente alle persone che possiedono il cognome “Forbes”.
Ampliato e migliorato attraverso gli anni, il castello di Craigievar aveva finito per cadere almeno parzialmente in rovina all’inizio del XIX secolo, quando il suo ultimo erede, un ulteriore Sir John Forbes, contattò un architetto di Aberdeen per pianificare la demolizione della torre principale e sua sostituzione con una struttura più moderna. Ipotesi fortunatamente scongiurata, in forza della sua importanza storica, e all’inizio di un lungo e costosissimo processo di restauro dell’edificio. Fu probabilmente questo il periodo in cui acquisì il suo caratteristico colore rosa dall’originale tonalità grigio chiaro, in forza dei pigmenti incorporati durante l’immancabile processo di harling, la copertura dell’intonaco esterno usata in Scozia a base di calce e pietre in polvere, perfetta per tenere lontana l’umidità climatica dai muri. Durante i lavori John invitò inoltre con successo presso la sua proprietà un celebrato gruppo di artisti italiani, responsabili dei magnifici soffitti in stucco decorato ancora oggi visibili in buona parte dei castelli della Scozia Orientale. La cui opera può essere ammirata in una serie di sale all’interno del torrione, con varie figure mitologiche e motivi geometrici considerati tra i più raffinati dell’intero paese. Particolarmente memorabili, i Nove Prodi della tradizione cavalleresca, alcuni personaggi omerici tra cui Ettore ed Aiace e una figura ricorrente chiamata “Alessauder Magnas”, interpretazione locale del grande condottiero macedone che conquistò il mondo antico. Il catello fu riempito inoltre d’importanti tesori artistici e reperti, tra cui dipinti, armature e arredi in pregiato legno di mogano, databili ai primi secoli del Medioevo.
Impossibilitata infine a continuare le costose opere di mantenimento del castello, la famiglia Forbes decise nel 1963 di donarlo al Fondo di Tutela di Scozia, ricevendo in cambio significative agevolazioni fiscali e gratitudine da parte dell’amministrazione locale. Che non tardò a trasformare l’iconico edificio in un museo ed attrazione turistica, aprendo la strada alle ulteriori e significative opere di restauro portate a termine negli anni ’70. Seguendo, purtroppo, una metodologia tutt’altro che appropriata, visto l’uso di significative quantità di cemento nella ricostituzione dello strato esterno di harling, tali da portare ad infiltrazioni d’acqua capaci di minacciare la stabilità del castello. Così che nel più recente 2007, Craigievar fu nuovamente chiuso e sottoposto a revisione, questa volta utilizzando un intonaco di tipo tradizionale e disposto rigorosamente a mano, fino all’ottenimento di risultati decisamente più soddisfacenti. Ultimo momento significativo, nel 2019, il ritrovamento in un magazzino non troppo lontano dell’antica porta principale in legno di quercia, rimpiazzata nel 1825 e che oggi può essere ammirata sotto vetro dai visitatori che scelgono di fare una simile esperienza.
Per un viaggio capace di gettare un ponte ininterrotto attraverso i secoli, così come progettato inizialmente dal già facoltoso disegnatore di Topolino, quando decise di rivolgere la sua attenzione ai particolari racconti, e valori estetici di un mondo ormai straordinariamente remoto. Ma possiamo veramente affermare, con la fine dei conflitti combattuti mediante gli antichi sistemi, che il concetto di un castello simile sia ormai del tutto superato? O piuttosto è diventato più importante che mai, come linea ininterrotta che permette di tenere solide le nostre radici? Dopo tutto, oggi una perfetta replica di tutto questo potremmo costruirla a Disneyland nel giro di poche settimane. Eppure non sarebbe, sotto nessuno degli aspetti rilevanti, esattamente la stessa cosa del castello di Craigievar.