La forte pioggia che ha invitato i gamberi preistorici a rinascere in Arizona

E fu così che un caldo giorno d’estate, all’improvviso, la piazza fu nuovamente gremita di esseri viventi. Quella stessa superficie sotto il livello del terreno, dove oltre mille anni fa il pueblo degli Anasazi era solito riunirsi per i grandi eventi politici, culturali e soprattutto le importanti partite al gioco rituale della palla, chiamato dalla maggioranza ōllamaliztli o tlachtli. Con una differenza particolarmente significativa, tra le tante: la maniera in cui il terreno permeabile aveva agito da barriera per un’intensa pioggia stagionale, formando la ragionevole approssimazione di un bacino acquatico stagionale. All’interno del quale, qualcosa di ancor più antico aveva avuto modo di risvegliarsi. Stiamo parlando, per intenderci, di circa 250 milioni di anni riferiti alla specifica discendenza di queste creature, risalenti in modo più che letterale “all’epoca dei dinosauri”. Come orgogliosamente scritto sulla scatola delle loro uova tanto spesso essiccate, prima di essere vendute per agevolare un particolare tipo d’esperimento educativo. Concettualmente non così diverso da quanto successo recentemente presso il Monumento Nazionale di Wupatki, non troppo lontano da Flagstaff, AZ.
Ma c’è qualcosa di davvero speciale nell’improvvisa quanto inaspettata ricomparsa spontanea di centinaia, se non addirittura migliaia di esseri adattati alla vita subacquea, all’interno di uno spazio totalmente secco fino a poche settimane prima e che tale era rimasto per un’ampia quantità di mesi: appena 10,2 centimetri di pioggia in tutto il 2020, per poi riceverne 12,7 nel giro di una singola settimana e mezzo nel corso dello scorso luglio 2021. Abbastanza da cambiare le regole e dare inizio ad un particolare processo reiterato attraverso i secoli: il ritorno dei cosiddetti gamberi girino americani, altrimenti detti Triops longicaudatum. Presenze abbastanza insolite da portare a una reazione di significativa sorpresa da parte dei visitatori che per primi li hanno avvistati, e non meno spiazzamento da parte dei ranger incaricati di gestire e proteggere l’antico sito. Difficile, d’altronde, conciliare il singolare aspetto di questi abitanti a quello di qualsiasi altra entità terrestre, con la possibile eccezione del limulo (L. polyphemus) della costa est statunitense. Con proporzioni ridotte a un massimo di 7,5 cm, rispetto al granchio corazzato con l’aculeo che può arrivare a misurarne fino a 60 e “soli” tre occhi, contro i nove della controparte. Che in effetti appartiene al phylum dei chelicerati assieme ai suoi più prossimi parenti, i ragni. Laddove l’esserino triocchiuto in questione è un crostaceo a tutti gli effetti, nell’ordine dei notostraca, databili almeno all’epoca del Triassico secondo i fossili classificati fino a questo momento. Ecco, dunque, una creatura che esisteva su questa Terra molto prima della venuta degli esseri umani, e che probabilmente riuscirà tranquillamente a farlo dopo la loro dipartita grazie al principio della conservazione morfologica, che gli ha permesso di mantenersi sostanzialmente invariati per un tempo maggiore rispetto a quello di qualsiasi altro animale di cui abbiamo conoscenza. Una vita semplice ma funzionale, consistente nell’attendere pazientemente per molte settimane o mesi nella forma inerte di un uovo, fino al riformarsi del proprio habitat naturale di pozze situate in alcuni dei luoghi più secchi in assoluto. Diventate improvvisamente, causa l’arrivo di un fronte monsonico o altri fenomeni comparabili, capaci di sostenerli per il tempo necessario a nascere, crescere e riprodursi. Affinché il ciclo possa riuscire a ripetersi, ancora una volta e per molti inusitati secoli a venire…

L’attività di scavo con le zampe articolate è molto importante per l’istinto dei Triops, sia per riuscire a nascondersi che prima dell’atto imprescindibile di deposizione delle proprie uova. Proprio per questo, è molto importante dotare di un fondo sabbioso il loro acquario.

Tutti gli appartenenti al genere Triops (dal greco “tre occhi”) nascono in uno stadio planktonico chiamato nauplius, durante il quale non possono far molto altro che filtrare i materiali nutritivi all’interno dell’acqua stagnante. In questo periodo il loro occhio centrale, del tipo primitivo sufficiente a rilevare unicamente le fonti di luce, si troverà progressivamente affiancato dai due organi visivi laterali dalle plurime sfaccettature, esteriormente non dissimili da quelli delle libellule, usati con successo dalle creaturine durante il nuoto. Questo perché con la loro crescita esponenziale e il successivo attraversare delle diverse fasi (instar) tipiche dei crostacei, esse diventeranno dei feroci predatori carnivori con duro carapace frontale, capaci di fagocitare qualsiasi cosa possa entrare nella loro voracissima bocca ventrale inclusi i propri stessi fratelli, situata al centro dell’addome e circondata da una quantità di fino a 70 phyllopodia, arti natatori a forma di foglia ed ulteriori 6 zampe articolate capaci di agire come antenne, oltre ad ospitare le branchie necessarie per la respirazione dell’animale. Al termine dei 6 segmenti ha inizio quindi la coda, particolarmente lunga nella specie nordamericana, coronata da una forcula o biforcazione simile alla testa di un diapason, ragionevole retaggio di un’epoca dinosauresca di creature dall’aspetto diabolico e spaventoso.
Eppure c’è qualcosa di stranamente grazioso in questi piccoli alieni cannibali, tanto da averli visti associati in epoca moderna ad un commercio non privo d’estimatori, tra i collezionisti e possessori di acquari intenzionati a fare un’esperienza biologica di un tipo particolarmente insolito, che può iniziare con il semplice ordine per corrispondenza di un letterale sacchetto di uova, mantenute in vita come fossero dei semi vegetali. Le quali una volta immerse in acqua e sottoposte ad appropriata illuminazione come da loro predisposizione evolutiva, si schiuderanno in un periodo massimo di circa una settimana, iniziando a percorrere il ciclo che gli ha permesso, attraverso tempi incalcolabili, di continuare a preservare la loro discendenza. Attraverso il completamento accelerato di 40 mute nel giro di poche settimane, i Triops raggiungeranno quindi lo stadio adulto e conseguente maturità sessuale, condizione per loro dotata di una straordinaria versatilità, molto rara nell’intero regno animale; essi potranno infatti, preferibilmente, accoppiarsi tra esemplari dei due sessi, ma anche scegliere di diventare ermafroditi nel caso (tutt’altro che infrequente) che una colonia contenga soltanto uno dei due sessi, o persino riprodursi mediante partenogenesi direttamente dalle femmine non fecondate. Un triplice approccio senz’altro catalogabile, tra i diversi aspetti, entro quelli maggiormente funzionali a mantenere in vita una comunità soggetta alle velleità imprevedibili della meteorologia terrestre, in tutti i continenti della Terra fatta eccezione per l’Antartide, dove le rigide temperature hanno impedito loro di diffondersi fin dalla loro prima occorrenza biologica a noi nota.
L’intero ciclo vitale del crostaceo dura, quindi, circa una quarantina di giorni benché in natura sia molto più probabile la sua fine anticipata, causa predazione ad opera di pesci e uccelli predatori, come purtroppo successo per la brulicante collettività comparsa presso il Monumento Nazionale di Wupatki, ben presto scoperta da un gruppo di falchi notturni minori (Chordeiles minor) che hanno accettato di buon grado l’opportunità di banchettare di un così apprezzabile ed insperato banchetto. Il che del resto, per quanto possiamo presumere, non dovrebbe aver impedito agli esemplari più veloci e cauti di scavare enfaticamente fino alla sepoltura delle proprie preziose uova e materiale genetico contenuto all’interno. Verso la perpetuazione di un’antica serie di geni, rivelatosi capaci di attraversare indefessi la pluralità degli anni trascorsi.

Spazzini per inclinazione innata, i gamberi girino mangiano pressoché qualsiasi cosa. Ormai da tempo, tuttavia, gli appassionati hanno individuato uno dei loro cibi preferiti nelle carote tagliate a fette, qualcosa che assai difficilmente potrebbero riuscire ad assaporare in natura.

Forme di vita in apparenza inusitate, che tuttavia appartengono all’ambiente da un periodo ancor più lungo, e ininterrotto, di quanto sia possibile anche soltanto far risalire il nostro sguardo indagatore. Aprendo la fantasia nei confronti di un tempo in cui le regole dell’ecosistema erano sostanzialmente diverse, sebbene dovessero rispondere alla stessa serie di nozioni imprescindibili e continuative nel tempo.
Come la ciclicità imperturbabile e il ritorno delle stagioni, una certezza dovuta all’asse d’inclinazione della Terra stessa… Che ancor per molti Eoni a partire da oggi, continuerà ad esistere invariato, tornando a colmare le profonde pozze del paesaggio indipendentemente dallo sguardo degli storici pronti a notarlo. Donando, con assoluta prevedibilità operativa, una nuova, breve ed eccitante vita ai suoi silenziosissimi occupanti.

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