La leggiadra sensazione di chi gioca a basket con il suo amico elefante

“Sorellona, stai pronta. Al mio tre vado a canestro” Disse il giovane scattante mentre faceva rimbalzare la palla, lo sguardo dardeggiante ai lati per dribblare una difesa inesistente. “Tre…” Lei fece un ponderoso passo avanti, mentre estendeva il suo arto flessibile fino a coprire l’intera area dei tre punti. “…Due…” Una finta, un saltello di lato, una rapida giravolta attorno e sotto i fianchi del mastodonte in paziente attesa. “…Uno…” Kimba ben sapeva cosa stava per succedere; in effetti, lo capiva molto meglio delle regole e lo scopo di un simile gioco creato dagli umani, il cui funzionamento aveva sempre eluso la sua mente di un eccezionale pragmatismo “Eee… Op, là!” Ma se c’era una cosa che Kimba avrebbe sempre mantenuto in altissima considerazione, questa era soddisfare le aspettative del suo fratellino maggiore. L’artista ed atleta ex-circense noto come Elephant Boy mise il suo piede destro sopra il trampolino, mentre uno dei membri più imponenti della sua famiglia schiacciava con tutto il peso l’altro lato dell’oggetto basculante. Con un sorriso a denti stretti, frutto di una consumata pratica, il ragazzo si staccò quindi da terra, volando agevolmente ad un’altezza di quattro metri e mezzo. La sfera marrone ben stretta tra entrambe le mani, in una posa imitata direttamente dai migliori giocatori dell’NBA, calò quindi dall’alto sopra quell’anello orizzontale, poco prima di raggiungere con svelto capitombolo la coppia di materassini usati per attutire il suo ritorno sulla terraferma. Il pubblico asimmetrico dietro lo schermo di un computer, all’unisono, si lanciò in un applauso clamoroso. Ben fatto, ben fatto amica mia. Sapevo che ci saresti riuscita!
È un tipo di spettacolo che viene da un contesto stranamente familiare, benché nel contesto del mondo moderno sembrerebbe aver perduto molta della sua poetica funzione originaria. Al punto che l’inconfondibile atmosfera del tendone, coi suo acrobati, clown e gli immancabili animali, si accompagna ad un alone di rimprovero latente che se pure ha una radice logica immanente, può trovarla soprattutto presso l’opera di praticanti poco etici o magari privi d’esperienza. Laddove i membri della famiglia ungherese del tedesco René Casselly Jr, circensi da sette generazioni, raccontano di aver sempre considerato i propri compagni quadrupedi alla stregua di letterali parenti, una tradizione continuata anche dall’ultimo esponente di questa lunga linea di successo e fama imperitura. Almeno finché all’inizio del 2020, complice un periodo economico tra i più difficili del secolo trascorso, lui, suo padre e sua madre hanno deciso di smettere la vita itinerante che avevano condotto fino a quel momento per investire una somma considerevole in un cambio radicale di stile di vita. Acquistando un terreno di 40.000 metri quadri presso Töltéstava, Pozsgai al fine di costituire un sito di pensionamento, rifugio nonché parco zoologico per i propri fedeli elefanti, una giraffa di nome Sabu nonché varie ed eventuali creature tipiche di una qualsiasi fattoria. Abbastanza da avviare un business ragionevolmente redditizio, a patto di sapersi vendere e coltivare la propria immagine anche a livello internazionale. Un obiettivo per il quale, fortunatamente, sarebbe stato proprio il giovane erede di tutto questo a riuscire ad illuminare la strada. Già vincitore assieme al resto della famiglia del Golden Clown Award durante il 36° Festival di Montecarlo del 2012, all’età di soli sedici anni, René ha potuto quindi contare sulla partecipazione l’anno successivo alla stagione del Gran Circo Metropolitano di Budapest, per poi vincere nel 2014 anche il 10° festival dell’Ungheria. Poco dopo tale premio, un nuovo record: l’ulteriore primo posto, questa volta nella categoria individuale dei giovani, del Festival di Montecarlo, diventando il primo a vincerlo due volte nella sua lunga e prestigiosa storia fino a questo momento. Ma la fama all’estero sarebbe stata incrementata in modo esponenziale, paradossalmente, tramite la partecipazione ad un tipo completamente differente di show, la celebre competizione atletica Ninja Warrior, nella cui edizione tedesca sarebbe diventato un eterno finalista per tutto il periodo a partire dal 2017. Agile all’inverosimile, inflessibile nel mantenere la più perfetta forma fisica, Caselly pensò a questo punto di massimizzare la sua fama su Internet, mediante la creazione di profili sui più famosi social network ed oltre. E questo è l’inizio, in buona sostanza, di un tutt’altro tipo di storia…

Tutti gli elefanti del Kimba Park sono del genere africano (Loxodonta) più imponente e capace di raggiungere fino ai 50 anni di età. Abbastanza per imparare a conoscere particolarmente bene le regole del gioco e le aspettative delle loro controparti umane.

Togli il tendone dal circo, in effetti, e cosa resta? Nient’altro che un ragazzo che gioca tranquillamente con il suo elefante. È strano come lo stigma coerentemente associato a determinate pratiche possa scomparire una volta che ne vengono rimossi i fattori esteriori, benché rimanga perfettamente apprezzabile l’effettiva sostanza di cui è composto. E allora sorge spontanea la domanda su quale debba essere, effettivamente, l’interpretazione più corretta. Riassumeva efficientemente la questione lo stesso René Casselly Senior, padre di Elephant Boy, in un’intervista rilasciata nel 2019 al portale d’intrattenimento Barcroft: “Ci sono buoni ristoranti e cattivi ristoranti. Qualche volta l’esperienza può effettivamente risultare negativa, ma non per questo puoi decidere di chiuderli tutti quanti.” E ci sono casi, purtroppo, in cui gli incidenti accadono anche quando si è guidati dalle migliori intenzioni. Il che costituisce un ostacolo capace di stroncare sul nascere qualsiasi tipo di carriera. Non è semplicissimo a tal proposito ricostruire gli eventi capitati nell’inverno del 2020 alla famiglia Casselly, durante cui due dei loro beneamati pachidermi, Mambo (37 anni) e Betty (35) sono morti durante uno spostamento su strada in circostanze non del tutto chiare. Incerte proprio perché i membri dell’organizzazione, commettendo un’oggettiva imprudenza, scelsero di mantenere segreta la questione provvedendo a seppellirli nel loro terreno, finché l’evidente assenza degli animali non li costrinse a rivelare la triste verità. Emersa infine ad ottobre, assieme al racconto di come un terzo esemplare zannuto di nome Tonga (31 anni) avesse rischiato molto da vicino di morire anche lui, non fosse stato per il tempestivo intervento del veterinario. Una vicenda molto triste di cui è ancora possibile leggere l’annuncio sui canali social di Elephant Boy, assieme al video in cui smentisce la voce del tutto infondata secondo cui gli animali sarebbero morti soffocati causa l’impiego di spazi veicolari inadeguati. Senza tuttavia prodigarsi nel fornire l’effettiva causa di decesso di quelli che notoriamente considerava alla stregua di veri e propri fratelli.
Il che lascia la possibilità di trarre varie conclusioni, che comunque esulano dalla portata del qui presente articolo, ma restano del tutto funzionali ad un’analisi del carattere e la storia di un simile artista. La cui evidente passione nei confronti degli animali che ha personalmente addestrato e con cui trascorre quotidianamente le sue giornate appaiono assolutamente sincere al punto da concedergli, anche da parte dei commentatori meno generosi, almeno il beneficio del dubbio. Ben nota risulta essere d’altronde la memoria ed avanzata capacità cognitiva del più grande mammifero di terra, la cui indole può essere guidata unicamente tramite due tipi di rafforzamento particolarmente enfatico nell’applicazione di determinate metodologie. Ed esclusa per ovvie ragioni la crudeltà del mahut dell’India medievale, armato dei suoi ganci, fruste e speroni, è possibile affermare che l’ubbidienza e precisione dimostrata da un pachiderma oggigiorno sia direttamente proporzionale alla capacità del suo maestro umano di comprenderne, e chiaramente sfruttarne a suo vantaggio, l’indole naturalmente benevola tramite l’approccio del rafforzamento positivo. Ben nota risulta essere, coerentemente, la maniera in cui un elefante farebbe di tutto per evitare di nuocere ad un altro essere vivente, per lo meno accidentalmente, questione alla base della diceria secondo cui simili mastodonti avrebbero un naturale timore nei confronti di un minuscolo topolino. Così come in un famoso aneddoto, collocato geograficamente in India, un elefante si sarebbe rifiutato categoricamente di spostare un tronco nel solco necessario al fine di tirare fuori l’automobile del suo padrone da un fosso, permettendo di scoprire di lì a poco come dentro si trovasse a dormire un cane. È perciò tanto strano pensare che il contributo dato allo show da Kimba, con l’occasionale partecipazione dello stesso miracolato Tonga (previa installazione di tappi protettivi sulle appuntite zanne) siano semplicemente motivati dal desiderio di assistere, ed evitare l’eventuale infortunio, di colui che per ovvie ragioni è ancora incline a considerarli letterali membri della famiglia? Cos’è un domatore, dopo tutto, senza l’animale che ha scelto di proteggere e nutrire per il resto delle vicendevoli esistenze. E cosa quella controparte, magari nata in cattività, probabilmente assai lontana dal suo ambiente naturale, in assenza degli spazi necessari ed il considerevole investimento finanziario necessario a garantirne la continuativa sopravvivenza…

Elephant Boy al tempo delle sue esecuzioni circensi, intenzionalmente assenti dai canali social che gestisce in maniera personale. Forse proprio per crearsi un nuovo tipo d’immagine, lontana da un linguaggio ormai desueto. Il che può essere anche interpretato come un messaggio ed ottima speranza per l’avvenire.

Al che molti sarebbero pronti a rispondere che “Determinate scelte di carriera, al giorno d’oggi, non dovrebbero più essere portate in essere dai loro praticanti”. Eppure tutti quei leoni, quelle tigri, quegli elefanti ostinatamente esistono e continueranno a farlo. Mentre i parchi naturali, l’incontaminata savana, le foreste dell’India selvaggia, continuano a veder ridotta la loro estensione, per una mera e semplice necessità vitale: la continua crescita del numero di esseri umani su questo pianeta.
Dopo tutto, chi non ha mai tentato d’insegnare un trucco o gioco al proprio migliore amico premiandolo mediante un croccantino? E sebbene il cane sia una creatura domestica, fin da tempo immemore alle origini della sua stessa storia, si può anche affermare che esso non possegga, come nel caso di un pachiderma, la capacità di comprensione e adattamento garantita da un cervello complesso del peso approssimativo di 5 Kg. Ed in fondo, se vogliamo, l’unico che realmente capace di giudicare l’operato di Elephant Boy, la sua famiglia, il suo lavoro, sarebbe un possessore della stessa esperienza e conoscenze pregresse in merito all’intera faccenda. In altri termini: un circense. E credo tutti sappiano, anche senza un simile passaggio, il solo tipo di giudizio che potrebbe esprimere in materia.

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