La pura matematica dell’Universo esposta nel museo del futuro a Shanghai

Qual è il fondamentale nesso, che costituisce il senso ed il significato della nostra esistenza? Da quale prospettiva originale hanno avuto modo di trarre l’origine, i nostri insigni predecessori su questa Terra? E in direzione di quale punto prospettico e remoto, le nostre gesta, le scelte quotidiane, i bisogno e gli alti aneliti ci guidano senza sosta? Qualunque sia il romanzo umano che potrà trovare la sua potenziale sintesi, nel tentativo di rispondere a questa nota triade di domande, il Sole, gli astri e le altre stelle continueranno ancor per lungo tempo a danzare. Disegnando arcane immagini e tracciando le ombre tutto attorno a una struttura come questa, dove ogni linea possiede uno specifico significato, e la ricerca funzionale di partenza trova l’espressione nella forma stessa e la singola ragione dell’edificio. Così come lo strale di luce, catturato e amplificato dall’impressionante oculo dorato, entro cui la luce viene incamerata ed instradata tutto attorno ad un tradizionale specchio d’acqua, usato negli antichi testi per le osservazioni lunari. Mentre la sfera immobile e sospesa, senza pilastri o altri orpelli chiaramente visibili, silenziosamente attende il suo momento di tornare a brillare. In questa metropoli moderna di Shanghai, presso la foce del Fiume Azzurro chiamata in precedenza shang – 上 (shàng/zan, “sopra”) ed hǎi/hae – 海 (“il mare”) ed in tempi più recenti Módū – 魔都, la Città Magica per eccellenza di tutta la Cina. Senza nessun tipo di conflitto, s’intende, nei confronti delle cose razionali come ampiamento esemplificato dalla popolarità in patria e all’estero del grande museo locale della Scienza e Tecnologia vicino al Century Park, capace di accogliere oltre 3 milioni di visitatori l’anno. Struttura ed importante istituzione che nel corso di questi ultimi anni, ha trascorso le sue giornate nella trepidante attesa del completamento di un suo avveniristico avamposto, da collocarsi presso il nuovo quartiere di Lingang, l’unico dove potesse sorgere una simile struttura spropositata. Sulla base del progetto presentato nel corso di un concorso internazionale dal grande studio architettonico newyorchese Ennead, che nel 2014 riuscì a sbaragliare la concorrenza grazie alla sua visione estremamente avveniristica di ciò che un simile complesso potesse riuscire a rappresentare. Riprendendo essenzialmente, nel sistema stratificato delle sue diverse forme, il tipo d’apparato scientifico cui è stata dedicata la sua stessa monumentale presenza, quello per lo studio dell’astronomia secondo i metodi del tipo ragionevolmente più condivisibile ed evidente. A partire dalla pianta stessa del tripartito ed ellissoidale edificio, considerata come una rappresentazione facilmente apprezzabile di tre orbite intersecantisi, ovvero in altri termini una traduzione estetica del ben noto problema dei tre corpi. Una domanda aperta, in altri termini: “In che modo l’Uomo può tentare di comprendere, attraverso i limitati strumenti concettuali a propria disposizione, gli arcani moti del Cielo e della Terra?” Con la già descritta grande meridiana posta innanzi all’ingresso, tanto per cominciare. Capace d’illuminare il cerchio perfetto al centro della piazza soltanto una volta l’anno, giusto in corrispondenza del solstizio d’estate. Ed una volta fatto il proprio ingresso oltre le sinuose mura, fin dentro la sfera dominante dal profilo esterno dell’edificio, capace di costituire il più vasto ed imponente planetario al mondo. Eppur difficilmente, nel progetto creato alle origini di questo nuovo punto di riferimento cittadino, il quadro potrebbe dirsi concluso senza la cupola invertita ed aperta posta all’altro lato del palazzo, le cui pareti riflettenti altro non dovrebbero riuscire a fare che amplificare l’effetto del cielo notturno stesso, sottoponendolo in tal modo all’attenzione di coloro che si trovano al di sotto. Come in una sorta di viaggio in prima persona, attraverso gli strumenti della mente, verso quelle stesse meraviglie che si trovano all’interno degli spazi espositivi sottostanti. Poiché al di là di qualsivoglia preconcetto si possa continuare ancora oggi ad avere, l’immagine della Cina che compare oltre le splendenti porte di un tale anfiteatro per la scienza, è quella di un paese proiettato al massimo verso il futuro ed in modo particolare il remoto numero di opportunità oltre la porta inconoscibile delle stelle. Verso un mondo e un metodo che per molti di noi, in assenza d’esperienze utili ad acquisire una visione olistica, resta un mistero largamente meritevole di essere approfondito…

Fantastiche visioni digitalizzate, accompagnate da momenti educativi che sconfinano nel naïf. Non manchi di provare il futuro visitatore, ad esempio, la serie di mele dalla densità e peso progressivamente maggiori, sulla base dei diversi pianeti del Sistema Solare. Né l’opportunità probabile di farsi fotografare con gli abiti e parrucca di Isaac Newton nel solito gioco dei ruoli, letterale caposaldo degli spazi museali d’Oriente!

Ospite di una ricca serie di meraviglie sufficienti a dare un senso al suo splendente aspetto esteriore, il nuovo museo di Shanghai monotematico per l’Astronomia (con il maggior planetario, ma anche la metratura nel suo complesso più significativa al mondo) sembrerebbe quindi rispondere al tipo di visione espositiva tipica del mondo anglosassone, in cui ogni cosa dev’essere spiegata non soltanto attraverso i numeri o reperti, ma mostrata nella sua maniera o declinazione dal più alto grado possibile di spettacolarità. Dopo aver oltrepassato il foyer con tanto di spropositato pendolo di Foucault, perennemente intento a dimostrare la rotazione della Terra in uno spazio accuratamente recintato dall’accesso di un pubblico privo di casco, e partendo a pieno titolo dallo schermo per la proiezione cinematografica IMAX situato all’interno ed utile alla proiezione di materiale divulgativo assieme alla sfera che raffigura il globo stesso. Sulle cui pareti interni viene fatto figurare l’Universo osservabile mediante telescopi non dissimili da quello situato nel verdeggiante parco stesso che circonda il museo, sfruttando al massimo la posizione periferica del quartiere Lingang e non ancora resa impenetrabile (per quanto?) dall’inquinamento luminoso che così frequentemente supera le aspettative al culmine delle ore notturne dei contesti urbani. Una predilezione per gli schermi e proiezioni che finisce per mostrarsi in ogni singola sala per il pubblico, con grandi rappresentazioni interattive del campo gravitazionale ed altre caratterizzate dall’immediatezza della nostra stella che s’illumina nel centro di uno schermo al LED sovradimensionato. Segue, come possiamo apprezzare dalla lunga serie di video e reportage in doppia lingua per una volta pubblicati con il più evidente intento esplicativo sulle pagine audiovisive di YouTube, un’area dedicata all’esplorazione lunare in ogni suo aspetto, con tanto d’esperienza di galleggiamento virtuale gentilmente offerta da un braccio mobile dotato di sellino alla sua estremità finale. Così che, “cavalcandolo” risulti possibile sperimentare la stessa esperienza vissuta dai formidabili pionieri che discesero in quelle valli per tutta la durata del progetto Apollo. Un’esperienza che se dovesse riuscire a ripetersi, potrebbe anche coinvolgere al giorno d’oggi astronauti provenienti dal più grande paese dell’Estremo Oriente, come auspicato dai recenti progressi effettuati nel corso del loro lungo e complesso programma spaziale. Altro reperto certamente meritevole di citazione il meteorite di Changxing, alla cui forma oblunga ed incrostata di abbaglianti particelle parzialmente vetrificate è stata dedicata un’intera stanza, utile a valorizzarne l’incomparabile capacità di moltiplicare ed amplificare la luce proveniente dalle pochissime finestre possedute dall’edificio. Una scelta architettonica evidentemente precisa, finalizzata non soltanto a concentrare l’attenzione dei fruitori verso le inimmaginabili distanze virtualizzate del cosmo, ma per esplicita dichiarazione dei creatori anche ridurre l’impronta ecologica dell’edificio, costruito al fine di minimizzare i consumi per la climatizzazione nel contesto meteorologico tanto spesso temperato, ma talvolta caldo ed umido della città Shanghai. E soprattutto all’apice del mese di luglio, il cui giorno 17 in quest’anno 2021 è stata prevista l’inaugurazione ufficiale, benché diversi stress test con svariate migliaia di persone siano stati compiuti fino a questo momento, riservando particolare attenzione alle norme ideali per il mantenimento della massima sicurezza nell’epoca del Covid, una questione di primaria importanza per un’attrazione che si giudica capace di attrarre persone da una percentuale significativa di paesi situati all’altro capo di questo vasto e (comprensibilmente) preoccupato mondo.

Alcuni dei commentatori già affermano che il Museo dell’Astronomia perda molto del suo fascino durante gli orari diurni, vista la netta ed accidentale somiglianza con il terminal di un aeroporto. Personalmente, trovo che si tratti di un notevole complimento nei confronti del terminal dell’aeroporto.

Con un effetto esteriore che dal punto di vista architettonico non si può definire in altro modo che post-modernista, l’ultimo capolavoro di Ennead riprende d’altra parte alcune delle loro opere precedenti al cambio di nome quando il vasto studio internazionale aveva recentemente cambiato nome da Polshek Partnership. Vedi in modo particolare il Rose Center per la Terra e lo Spazio del Museo di Storia Naturale di New York, costituito essenzialmente da una sfera iscritta in un cubo, la cui collocazione cronologica nel 2000 appare sufficiente a rappresentare un momento culturalmente e socialmente diverso, in cui ancora spiccava con preponderanza un intento programmatico finalizzato a porre la “funzione” al centro del design estetico di partenza. Che non potremmo di sicuro giudicare Brutalista per l’assenza dei metodi e moduli espressivi previsti da una simile corrente, benché vada sottolineata l’appartenenza ad una progressione logica mirata a dare una spiccata “personalità” agli edifici. Che non sia mai la mera risultanza di un desiderio di distinguersi, quanto la significativa conseguenza ultima di un discorso pratico. O come nel caso del museo cinese, attraverso influssi che derivano dal mondo della matematica e della filosofia.
Poiché attraverso il corso delle epoche, nulla ha saputo ispirare e motivare le ricerche tecnologiche dell’uomo, più che il naturale desiderio di elevarsi oltre gli spazi entro cui il destino sembra averlo intrappolato. E quale modo migliore, per riuscire a farlo, che tentare di educare fin da subito le nuove generazioni?

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