Gli affollati abissi delle anguille dal moto ondulatorio indefesso

Nel settore galattico Beta-Coriolis Gamma-201, la reattività dei protocolli d’emergenza indicava chi poteva sopravvivere e chi invece, avrebbe dovuto soccombere all’attacco dei pirati spaziali. Ancora una volta gli abitanti dei vasti recessi ricoperti di sabbia stellare, rivolsero i propri apparati di rilevamento verso le correnti galattiche e solari, nella costante ricerca del riconoscibile profilo di un possibile aggressore. Finché qualcuno, verso i margini della colonia, operò vistosamente per ritrarre il proprio corpo longilineo all’interno dell’abitazione sotterranea. “Allarme, allarme, squalo in avvicinamento” serpeggiò l’avviso implicito determinato dal ritmo e i movimenti della collettività in pericolo incostante… Ed uno dopo l’altro, gli abitanti in quel fatidico momento fecero quello per cui tanto a lungo si erano preparati. Immersione! Così che a partire da un campo florido di quelle rapide e flessuose forme di vita, restò in apparenza una distesa priva di alcun movimento, ciascun individuo al sicuro nella sua personale ed invisibile camera di muco. Il pirata nel suo affusolato vascello, dopo qualche attimo, spalancò leggermente le gigantesche fauci dai molti denti simili a coltelli. Ma non poté far altro che proseguire oltre il suo pattugliamento, conservando solamente un vago senso di perplessità immanente. “Dannate, dove siete?” Rivolse gli occhi piccoli alla distante superficie dell’oceano senza posa. “Anguille pronte a tutto per aver salva la vita, persino rinunciare alla capacità di… Nuotare.”
Come un campo d’alghe, come un’aiuola, come un frutteto e come una fioriera: ogni tipo di metafora è calzante, purché provenga in via diretta dal mondo delle piante, sia subacqueo che in superficie. Poiché di sicuro, la maggior distinzione tra coloro che biologicamente ci assomigliano e i più verdi ornamenti dei nostri giardini, è la capacità di muoversi da un punto all’altro ogni qualvolta l’occasione si presenta assieme alla necessità di farlo. Mentre il comportamento di un’anguilla appartenente alla famiglia delle Congridae, come queste Gorgasia hawaiiensis dell’eponimo arcipelago, assomiglia piuttosto a quello di una Mimosa pudica o sensitiva, la pianta che protegge le sue foglie richiudendole per l’avvenuta sollecitazione di un possibile divoratore. Ed è concettualmente molto simile questa particolare strategia sommersa, che vede il pesce senza scaglie non più lungo di 60 cm e con un diametro di circa 10-16 mm raggiungere un preciso punto dei legittimi fondali d’appartenenza. In cui provvedere a seppellir se stesso senza alcun particolare grado di preparazione psicologica o possibile sentiero alternativo; nell’abitazione che costituirà l’unico rifugio possibile per l’intera parte rimanente della sua vita.
Il che non impedisce, d’altra parte, all’anguilla di provvedere efficientemente a nutrirsi, primariamente di cobepodi e altre forme di vita planktoniche trasportate dalle correnti marine, ma nel caso specifico dell’anguilla hawaiana soprattutto di minuscole uova di pesce, catturate in orario diurno, quando si può fare affidamento sulla capacità di osservazione per percepire in tempo ogni possibile aggressore. Il che conduce essenzialmente a questa scena chiamata “il giardino”, con le molte dozzine di creature poste l’una a ridosso dell’altra che oscillano insistentemente da una parte all’altra, assecondando per quanto possibile i naturali influssi delle masse d’acqua sottoposte a continuo rimescolamento. Casistica in merito alla quale, nel 2018 è stato redatto uno studio (Khrizman et al.) capace di evidenziare la posizione assunta nel corso di tale prassi ininterrotta dalla prima osservazione mai fatta di questi animali: rigida e verticale, nel caso di situazione sottomarine calme. O con la flessuosa posizione di un punto interrogativo, nel caso in cui si rendesse necessario resistere a spinte trasversali fino a 40 volte più intense…

Uno sguardo attento a ogni ora del giorno, per poi ritirarsi quietamente sottoterra al sopraggiungere dell’ora del tramonto quando il pericolo diventa troppo significativo. Strategie precise, che nascono da molti secoli di selezione darwiniana di coloro “che avevano capito” e “tutti gli altri malcapitati”.

Poco importa, d’altra parte, delle condizioni climatiche o le circostanze transitorie di un determinato luogo d’appartenenza. L’anguilla del giardino, intesa come l’intero insieme di queste creature composto da ben 180 specie in 32 generi diversi, rappresenta il tipico esempio di un animale perfezionato e specializzato al massimo, con la finalità di sopravvivere mediante un preciso stile di vita e approccio alle questioni dell’esistenza. Che prevede una vita comunitaria in colonie di molte centinaia, se non addirittura migliaia di esemplari, accompagnato dall’attento scavo da parte di ciascuno di un’abitazione tubolare corrispondente grosso modo alla forma esatta del suo corpo serpentino. Il che porta, comunque, ad occasionali dispute territoriali soprattutto durante il periodo degli accoppiamenti tra i due sessi distinti, che alquanto incredibilmente vengono comunque effettuati senza che nessuna delle due controparti debba lasciare il suo piccolo fossato di appartenenza. Ma soltanto a fronte di un incontro delle anguille che si “baciano” avvolgendosi l’un l’altra, sempre con la parte posteriore infissa nella rispettiva buchetta, poco prima che lei liberi le uova all’interno della colonna degli abissi soprastanti. E lui, nello stesso attimo, il materiale genetico necessario a confermarne l’effettiva fecondazione. Successivamente alla schiusa delle suddette (dopo una tempistica mai scientificamente calcolata) le giovani anguille già perfettamente indipendenti note come leptocefali, dal notevole aspetto trasparente, provvederanno a scavare piccole buche nei luoghi più bassi del fondale marino mediante l’impiego delle proprie piatte code muscolose, per trasferirsi gradualmente in case sempre più grandi e distanti dalla superficie. Fino al raggiungimento di una profondità variabile a seconda delle specie prese in considerazione ma che nel caso della G. hawaiiensis si aggira attorno ai 27-30 metri, dove il ciclo potrà ricominciare nuovamente da capo. Ma non prima che dinnanzi agli occasionali o possibili pericoli del vasto mare, le protagoniste della storia possano ricorrere più volte a quello che in assoluto gli riesce meglio: scomparire tra le sabbie innanzi agli occhi dei loro nemici. Che includono potenzialmente i sub umani, vista la maniera in cui tali creature comunque non particolarmente apprezzabili dai gastronomi riescono ad attrarre l’attenzione degli appassionati d’acquari, nel contesto di un mercato internazionale piuttosto florido e redditizio. Benché limitato dalla necessità di disporre di una vasca sufficientemente grande, e soprattutto dotata di un substrato abbastanza profondo da permettere all’anguilla di seppellire il suo intero corpo. Una strategia la quale, comunque, in natura non funziona il 100% delle volte, se è vero che determinate specie di razze riescono a scovarle setacciando il fondale, per poi provvedere a risucchiarle come si trattasse di un vero e proprio piatto di spaghetti, mentre alcuni studiosi ritengono che alcuni pesci predatori abbiano imparato a scavare per riuscire a catturarle. Sebbene si tratti per lo maggior parte di teorie mai realmente giunte a valida dimostrazione. Il che continua a rendere poco chiaro il possibile ruolo ecologico di queste anguille all’interno della lunga & sofisticata catena alimentare del mondo sommerso. Benché sappiamo, almeno, la durata approssimativa della loro vita: stimata attorno ai 6 anni di età, abbastanza per provvedere più volte alla creazione di una successiva generazione di agitati fili sottomarini alla costante ricerca della propria soddisfazione planctonica quotidiana.

L’introduzione delle anguille Congridae all’interno di un acquario è possibile, sebbene presenti una serie di problemi logistici tutt’altro che indifferenti, inclusa l’abitudine a catturare occasionalmente i pesci più piccoli e gamberetti di quell’habitat artificiale. Pur restando, in questo, certamente preferibile all’alternativa auto-seppellente del ferocissimo bobbit worm (vedi)

Tra le specie più notevoli di anguille del giardino, nonché le maggiormente ricercate con finalità commerciali umane, sarà opportuno citare la specie diffusa in tutto l’Oceano Indiano della Gorgasia Maculata, con articolata livrea inclusiva di piccoli puntini sull’intero corpo e tre macchie nere più grandi, situate in posizione equidistante lungo l’estendersi di tale forma longilinea. E l’ancor più notevole G. preclara, originaria del Pacifico occidentale e per questo presente nell’intera area di Papua, Indonesia, Filippine, e Giappone, la cui colorazione giallo pallido ad anelli bianchi riesce a ricordare assai da vicino l’aspetto di un tipico serpente di superficie. Senza il problema aggiunto, s’intende, di un pericoloso morso latore di veleno, più o meno utile a scoraggiare l’avvicinamento da parte di chicchessia.
Perché questi esseri, a differenza di tanti altri, appartengono alla rara classe di coloro che non cercano il conflitto, ma piuttosto si ritirano ogni volta che sussiste una possibile situazione di conflitto. Nella coltivazione di quel metodo tranquillo e accomodante, che in tanti casi si sarebbe dimostrato in grado di disinnescare una possibile situazione di crisi. Peccato che in diverse circostanze, frutto di ritmi vitali maggiormente rapidi e complessi, non esistano buchette abbastanza profonde per nascondersi dai predatori.
E perciò tutto quello che resterà in futuro, alle colonie bipedi di un più asciutto parco stellare, è impugnare potenti armi laser contro la venuta degli affamati pirati pinnuti dai grandi denti e l’ancor più lunga coda. Che nel frattempo, alquanto orribilmente ed inevitabilmente, avranno imparato a librarsi sull’aere dell’accampamento finale.

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