La furbizia della rana che si eclissa tra il muschio del sottobosco vietnamita

Molte volte un suono tenue, ripetuto ed insistente, ancora geme nella tenebra silente. Eppure quando ti avvicini, non puoi scorgere la faccia, di quel padre di girini non v’è traccia! Quale rana giace nelle tenebre, perfettamente immobile, per nulla lugubre… Bensì coraggiosa e scaltra, senza posa, nella sua ricerca di un’altra? Strane cose accolgono colui che ha voglia e tempo di vagare nella notte della giungla sud-asiatica. Ed ancor più strane cose, dal canto loro, non lo accolgono affatto, ma continuano tutto ciò che stavano facendo, ovvero *sembrare* inesistenti, *sparire* senza lasciare la benché minima traccia. Oculare. Poiché non esiste alcun miglior camuffamento, per una creatura della grandezza di 50-60 millimetri, che assumere il colore esatto che caratterizza il proprio ambiente d’appartenenza. Tranne forse, poter contare anche sulla superficie, e conseguente capacità di gettare ombre, del proprio stesso scudo mimetico d’elezione. Non credo d’altra parte esista in questo vasto mondo, un altro essere, un’altra fraterna creatura nello spazio tangibile dell’esistenza, che sia riuscita a sviluppare grazie al flusso pregresso dell’evoluzione la sua versione innata di quell’indumento bellico di grande utilità che è sempre stata la ghillie suit. Indossata dalle forze speciali di mezzo mondo, soprattutto se armate con fucili di precisione, e proprio durante conflitti come quelli che in un’epoca fortunatamente ormai trascorsa incendiarono e distrussero questa penisola ingoiata da potenze più grandi. Vietnam che tentò di fare, per riuscire a trarsi in salvo, un po’ come la sua più celebre rana: Theloderma corticale, maestra di travestimenti. O per meglio dire, maestra del travestimento: l’unico di cui sembrerebbe aver bisogno, nel corso della sua semplice e (auspicabilmente) ripetitiva esistenza.
Una creatura definita in via informale anche la rana del muschio, e osservandone le caratteristiche non appare in alcun modo arduo comprenderne la fondamentale ragione. Laddove molti, ed assai indistinti, potevano essere gli aspetti della sua bitorzoluta schiena, ma lei sembrerebbe aver deciso di rassomigliare piuttosto a una vista particolarmente anonima e per quanto possibile, facile da dimenticare. Il che sembrerebbe purtroppo aver avuto anche un’effetto collaterale imprevisto, finendo per rendere questo piccolo anfibio particolarmente affascinante e desiderabile nel mercato internazionale dei collezionisti, con ripercussioni ancora difficili da calcolare sulla sua popolazione complessiva. Questo perché la creatura in oggetto, come gli altri appartenenti al proprio genere di arrampicatrici degli alberi Theloderma anche dette “anuri dagli occhi a palla”, è in realtà piuttosto prolifica riuscendo anche ad attarsi molto bene alla riproduzione in cattività. Sebbene l’inevitabile riduzione progressiva degli spazi naturali, in un paese principale di provenienza in via di sviluppo come la principale mezzaluna bagnata dalle acque del Mar Cinese Meridionale, abbia portato a qualche dubbio sul suo stato di sicurezza biologica, con conseguente inclusione preventiva nella lista rossa dello IUCN. Stiamo del resto parlando di una tipologia di esseri particolarmente carismatica e memorabile, la cui unicità è il fondamento stesso di un valore imprescindibile per la biodiversità non soltanto di questa regione, ma l’intera parte emersa del nostro appesantito pianeta…

Il naturalista Eugeny Rybaltowski, dell’Istituto Geologico dell’Accademia Russa delle Scienze, viene oggi considerato uno dei maggiori esperti al mondo nell’allevamento e studio in cattività di queste rane. Il suo particolare metodo per farle riprodurre, oggi, viene utilizzato con successo negli zoo e vivai di molti paesi.

Dal punto di vista dell’ecologia applicata, dunque, tutto quello che sappiamo delle rane Theloderma deriva da una serie non particolarmente lunga di studi scientifici, osservazioni da parte del senso comune e cognizioni a cui si è giunti per inferenza. Esistono quindi allo stato attuale 26 specie diverse in questo genere, tutte prevalentemente notturne, insettivore e non più grandi di 7 cm. Per cui l’elemento distintivo principale diventa la particolare livrea del proprio dorso, finalizzato a mimetizzarsi in contesti lievemente differenti, destinati in tal modo a diventare l’habitat elettivo di ciascuna piccola creatura. Così la maggiormente celebre T. corticale sembrerebbe trovarsi a suo agio nelle piccole pozze d’acqua all’interno di tronchi cavi o intrappolate tra le radici degli alberi, da cui raramente si muove se non al momento in cui dovesse andare in cerca di una compagna. Mentre varietà come la T. ryabovi (dal nome del suo originale scopritore russo) dato il loro colore simile a quello della corteccia sembrerebbero trovarsi maggiormente a loro agio verso un livello superiore dell’ambiente ombroso della foresta. Menzione a parte merita poi la T. asperum, il cui aspetto nero e biancastro ha portato alla definizione assai descrittiva di “rana-guano-d’uccello”, con aspirazioni mimetiche al confondersi rassomigliando ad un qualcosa che giammai potrebbe attrarre l’attenzione di colui che in precedenza l’ha defecata. Benché i nemici naturali di tali creature includano anche altre tipologie di predatori, tra cui i mammiferi degli alberi (scimmie incluse) e serpenti, per cui tanto spesso rappresentano un piccolo snack particolarmente gradito e ricco di proteine.
Ulteriore strumento d’autodifesa in tal senso, oltre all’aspetto mimetico, diventa la notevole capacità canora di far sembrare che la propria voce provenga da una distanza totalmente diversa, grazie a continuative e complesse variazioni di frequenza e tonalità, non dissimili da quelle messe in atto da un ventriloquo umano. Una volta che il loro continuativo richiamo, generalmente intensificato durante le stagioni delle piogge, permette infine l’accoppiamento di una coppia riproduttiva, si procederà alla deposizione delle uova da parte di lei sul fondo del piccolo stagno o pozza legnosa, in un numero variabile tra 8 e 10. Le quali, purché prontamente fecondate dal maschio, giungeranno a schiudersi entro un periodo di appena 14 giorni, per poi iniziare uno dei periodi di sviluppo più lunghi registrati in merito ad anfibi di queste dimensioni: circa 3 mesi, secondo uno studio del 2012 (di Anna Rauhaus e colleghi di varie università tedesche) durante i quali i girini raggiungono dimensioni considerevoli prima d’iniziare progressivamente a veder crescere le proprie zampe e perdere infine l’ormai inutile coda. Interessante notare, a tal proposito, come queste particolari rane future non traggano alcun tipo di giovamento dall’acqua pura e limpida trovandosi piuttosto a loro agio nelle pozze inquinate da cadaveri d’insetto, scarti ed escrementi della loro caotica giungla di provenienza. Dimostrando come invero, ciascuno sia il figlio perfetto del proprio ambiente. Dimostrandosi perfettamente in grado di sfruttarlo nella miglior maniera in cui la natura l’ha preparato a farlo. Assolutamente degna di nota la durata della vita di queste semi-invisibili creature, stimate in grado raggiungere o persino superare in condizioni ideali anche i 10 anni d’età.

Quietamente addormentata sulla foglia elettiva della propria placida esistenza, la rana ripete con estrema enfasi all’interno dei suoi pensieri: “Sono sterco, sono sterco, non venitemi a cercare.” E tanto è abile nel convincere se stessa, che riesce a pieno nel suo inganno stranamente elementare.

Per qualunque amante di animali insoliti che cerchi un piccolo amico esteriormente notevole, e piuttosto facile da nutrire ed accudire all’interno di un terrario adeguatamente preparato allo scopo, la rana del muschio potrebbe sembrare la scelta perfetta. E c’è da dire che in questo particolare contesto, essa risulti in realtà acquistabile senza particolari sensi di colpa, vista l’efficienza con cui riesce a riprodursi in cattività potendo in tal modo contribuire alla quantità complessiva di esemplari che ancora gracidano con formidabile trasporto situazionale all’interno delle proprie zone di legittima appartenenza. Dove per quanto possiamo sperare, saranno in grado di continuare ad esistere ancora molto a lungo ed in maniera relativamente indisturbata. Ma non c’è niente di sbagliato, nel disporre di un qualche tipo assicurazione al di fuori della propria nazione di provenienza. Poiché dal momento in cui l’uomo è giunto a dominare i processi biologici del suo pianeta, una cosa più di ogni altra è stata in grado di determinare chi poteva sopravvivere, anche a discapito degli altri: la bellezza soggettivamente apprezzabile di ogni possibile creatura. E direi che in questo gracidante caso, tenebre permettendo, c’è davvero ben poco di cui dubitare!

La rana del muschio, quando spaventata, tende a rimanere perfettamente immobile facendo affidamento sulla sua capacità di passare inosservata. In circostanze controllate, ciò tende a renderla piuttosto particolarmente graziosa… Il che parrebbe perseguire, per vie diametralmente opposte, lo stesso identico obiettivo.

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