Il passero a forma di mestolo giapponese che incorpora nelle sue piume l’accecante candore dell’inverno

La rinomata passione dei giapponesi per le creature insolite o fantasiose costituisce una delle basi maggiormente rilevanti per innumerevoli forme d’intrattenimento, opere d’ingegno e mascotte commerciali moderne. Ciò che non sempre viene discusso, tuttavia, o resta intenzionalmente ai margini della percezione globalizzata, è che molte delle loro invenzioni più accattivanti derivano da un mondo naturale che continua ancora oggi a sorprendere, catturare ed affascinare l’attenzione umana. Soprattutto in quel remoto arcipelago dal clima estremamente vario, dove insetti dalle dimensioni quasi tropicali vivono a pochissimi chilometri da un’ecologia simile a quella della zona paleartica, dove la sopravvivenza negli ambienti selvatici è la diretta risultanza di un accumulo pregresso di grasso e massa corporea, prima dell’ingresso in un solenne stato di letargo continuativo nel tempo. Il che porta in certi casi a strane convergenze di fattori, tali da portare innanzi all’attenzione dei presenti piccole creature sorprendenti, non così dissimili dal regno fantasioso delle fate, degli spiriti e degli yōkai. In un giorno di gelo può accadere dunque, nel giardino di una villa ricoperta dalla neve in Hokkaido, che alcuni fiocchi si mettano improvvisamente a sobbalzare autonomamente. Per poi riunirsi, emettendo un costante triplo pigolìo eez-eez-eez, seguito da un potente schnuur! Il richiamo assai riconoscibile di quello che chiamiamo dalle nostre parti codibùgnolo aka cincia, o in maniera più scientifica, Aegithalos caudatus. Tutti termini facenti riferimento alla notevole lunga coda triangolare, corrispondente ad oltre due terzi di lunghezza dell’intero uccello dai piccoli occhi neri, che caratterizza questo genere tassonomico, distinguendolo in maniera chiara dai più familiari tra i passeriformi del bioma continentale asiatico ed europeo. Così come la candida sottospecie di quell’isola settentrionale, incidentalmente uno dei luoghi più nevosi della Terra a causa dell’effetto lago sviluppato dal Mar della Cina antistante, sono stati storicamente identificati con il binomio di shima enaga (シマエナガ o 島柄長) significante in modo letterale: “uccello del mestolo lungo”, da una contrazione del nome tradizionale di tale attrezzo da cucina, le cui proporzioni e forma circolare furono ritenute nettamente corrispondenti a quelle del volatile dal pigolìo insistente. Una creatura che ricorre altrettanto spesso nella storia dell’arte e nella cultura di massa moderna, come letterale mascotte vivente di questa intera regione geografica, adorabile e riconoscibile almeno quanto il fantasioso topo elettrico Pikachu. In realtà dotato di un simile aspetto tanto distintivo, in cui le sopracciglia e il capo nero tipiche di questa tipologia d’uccelli deviano verso l’assoluto candore al rapido raggiungimento della maturità, con precise finalità mimetiche, per difendersi dai suoi principali predatori, che includono il corvo, il falco ed il gufo. I quali d’altronde, nonostante l’ottima vista, finiscono principalmente per attaccare il nido del codibùgnolo, ragion per cui quest’ultimo è finito per diventare, attraverso il responsabile percorso dell’evoluzione, una letterale opera d’architettura naturale capace d’integrarsi in maniera poco appariscente con la vegetazione della foresta. Con la forma sostanziale di una sfera complessa, simile a una borsa intrecciata, costruita con muschi, licheni e fino a 1500 piume, laboriosamente raccolte negli immediati dintorni del luogo scelto per la riproduzione. Oltre ad una certa quantità di ragnatele, capaci di garantire un’effetto d’adesione simile al velcro con il resto dei materiali utilizzati, garantendo un certo grado di solidità ulteriore all’intero insieme della residenza. Costruito generalmente nel corso di tutto l’inverno, a partire da febbraio-marzo, all’arrivo della primavera ciascun nido riceverà quindi tra le 6 e le 15 uova prive di elementi di riconoscimento, favorendo quella riproduzione prolifica che è alla base dell’ampia diffusione ed il successo ecologico di questi graziosi uccelli, per il resto privi di particolari doti utili a garantirne l’autodifesa in territori naturalmente ostili. Tanto che la predazione risulta responsabile, in percentuale, del 97% delle morti prima del raggiungimento dell’età riproduttiva, definendo i termini di una selezione darwiniana particolarmente intensa. Sebbene resti difficile comprendere quale sia il tratto ereditario, accentuato attraverso i secoli, che si è dimostrato in grado di creare una creatura così graziosa…

La naturale capacità acrobatica del codibùgnolo contribuisce a renderlo ancor più affascinante, mentre percorre instancabilmente i suoi territori di caccia balzando da un tronco all’altro. Naturalmente, quando si ha una durata della vita tanto breve, non si può mai prendere la strada più lunga.

Sarebbe certamente un’occasione mancata, a questo punto, proseguire nel nostro approfondimento senza menzionare altri due termini metaforici utilizzati per riferirsi alla cincia candida nel suo unico paese d’appartenenza: fata d’inverno ed uccello wataboshi (綿帽子) dal termine tradizionale per il bianco cappello triangolare indossato ancora oggi dalle spose giapponesi. Alludendo incidentalmente ad una vita in famiglia che costituisce, nei fatti, parte fondamentale dello stesso carattere etologico dell’animale. Rigorosamente monogamo (almeno per ciascuna stagione riproduttiva) lo shima enaga è quindi solito adottare una strategia riproduttiva estremamente notevole, che potremmo definire parte di un’indole naturalmente empatica e solidale. Vedi la maniera in cui, considerato il notevole sforzo di raccolta di cibo necessario per sostenere l’affollata prole, l’uccello è solito affidarsi all’assistenza comunitaria non soltanto dei propri consimili della stessa generazione, ma anche la diretta collaborazione dei fratelli maggiori nati l’anno prima, che sono soliti restare negli immediati dintorni dei genitori proprio al fine d’assolvere a una simile mansione. Così è possibile osservare, nei chiassosi giorni di primavera, intere schiere di questi batuffoli danzanti che si chiamano a vicenda, mentre percorrono i cespugli e l’erba alta alla ricerca dei bruchi, falene, gli afidi e i ragnetti che costituiscono la parte maggiore della loro dieta. Coadiuvati, soprattutto nell’autunno e l’inverno successivi, da un copioso apporto di semi e granaglie, bacche e germogli vegetali, quando al calare della sera questi uccelli sono simili addormentarsi tutti assieme nei propri rifugi, per scongiurare il più possibile la dispersione del calore. Il tempo necessario per il primo volo a seguito della cova di circa due settimane si aggira quindi tra i 14 e i 18 giorni appena, periodo durante il quale i pulcini ciechi ed implumi, chiamati pulli in lingua italiana, acquisiscono tutte le caratteristiche necessarie a garantirsi la sopravvivenza, potendo lasciare serenamente la protezione del nido in cui sono stati messi al mondo. Con una rapidità biologica capace di costituire uno dei principi stessi della loro esistenza, vista una durata della vita che si aggira normalmente attorno ai soli tre anni, appena sufficiente, in effetti, per riprodursi una quantità pari di volte.
Definiti nel 2001 da Norio Yamagata come “uccelli dal becco più piccolo del mondo” e relativamente comuni nelle foreste di latifoglie, conifere e miste, gli shima enaga occupano un posto di primo piano ad oggi nell’immaginario giapponese, essendo giunti a sostenere a loro insaputa un’intera industria del merchandising e l’interscambio culturalmente imprescindibile dei cosiddetti omiyage (お土産) gli oggettini o souvenir portati ai propri amici di ritorno da un viaggio di piacere o lavoro che sia in qualche modo rappresentativo di tali terre. Davvero emblematica, a tale proposito, la visita effettuata dal notiziario di Hokkaido UHB News presso i negozi del comune di Tomakomai, situato sulle rive del lago Utonai nella parte sud-ovest dell’isola, dove una fiorente comunità di cince a coda lunga è superata nel numero soltanto dalla quantità di pupazzi di peluche, ornamenti tematici, mascherine stampate, calamite da frigorifero, portachiavi ed altre graziosissime diavolerie, create per attrarre e focalizzare l’attenzione dei turisti nel più breve tempo possibile, da un’industria tanto incline a perseguire un ragionevole profitto, quanto lieta di favorire la divulgazione di un così particolare e rappresentativo volatile locale.

Approccio progettuale nella costruzione del pupazzo che riesce a restituire chiaramente la forma tondeggiante del più candido passeriforme giapponese. Benché forse, almeno in questo caso, si noti un certo grado d’esagerazione: la creatura è così poco aerodinamica da finire per assomigliare a una specie di gallina gigante.

Considerato per fortuna niente affatto a rischio dal punto di vista della conservazione, grazie alla sua naturale capacità di riprodursi e l’ampia diffusione geografica, che vede versioni alternative e dal candore nettamente meno accentuato diffuse in tutta l’Eurasia fino alla nostra Italia, dove esistono le sottospecie Aegithalos c. italii ed Ae c. siculus, il codibùgnolo rappresenta perciò ad oggi un animale capace di mettere d’accordo tutti, sull’innata ed evidente capacità della natura di approcciarsi al mondo fantasioso di favole e leggende. Mettendo sotto i nostri stessi occhi qualcosa di troppo grazioso, eccessivamente splendido per trascurarne il diritto all’esistenza. E soprattutto, l’universale percezione di un meraviglioso personaggio. Del tutto degno di popolare, con i suoi graziosi acrobatismi, il cielo limpido dei nostri sogni più (ingiustamente?) segreti.

Se si associa il manico alla coda, la somiglianza diviene assolutamente lampante, nevvero? Direi che mancano, letteralmente, soltanto gli occhi, il becco e le ali.

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