Una landa improbabile nel cuore del deserto, in riva ad un mare turbolento. Dove i sogni più surreali sembrano essere andati incontro a realizzazione, come esemplificato da alcuni dei più incredibili edifici che abbiano mai trovato collocazione all’interno di un contesto urbano: il più alto, il più vasto, il meno ragionevole possibile… Possibile che esista ancora un modo per rimanere sorpresi? Che cosa resta da regalare, ad un popolo che, almeno dal punto di vista architettonico, sembrerebbe avere già tutto quello che esiste o potrà esistere nell’immediato futuro? Si tratta di un “altro”, ovviamente. O per meglio dire, altri due, che la grande compagnia di sviluppo Ithra Dubai ha deciso di collocare nel punto esatto della città presso il quartiere avveniristico che prende il nome di Za’abel. Dove i 38 piani del Dubai World Trade Centre gettano a orari precisi la propria ombra sui grandi parchi e le ville ornate dei potenti, ed oggi un qualcosa d’inaspettato sta finendo di sorgere, mentre gli ultimi ritocchi porteranno a una probabile inaugurazione entro il secondo trimestre del 2021. E di stile, qui, ce n’è parecchio, se è vero che il complesso di edifici battezzato per l’occasione One Za’abel rappresenta l’ultima creazione dello studio architettonico giapponese Nikken Sekkei, secondo più grande al mondo e già dietro il più alto edificio del suo paese, l’impressionante Tokyo Skytree. Azienda che qui nella capitale degli Emirati sembrerebbe quasi aver detto: “Tra tali e tanti giganti, è impossibile primeggiare in altezza. Sarà meglio costruire… Di lato.”
Si tratta di un risultato che potrebbe in effetti apparire, in un primo momento, particolarmente difficile da contestualizzare. Poiché tra i due palazzi con piedistallo alti rispettivamente 330 e 235 metri si estende, ad un’altezza di 100, un’ulteriore struttura che potrebbe facilmente raggiungere l’altezza della seconda torre. Se soltanto non fosse stata disposta, con il chiaro intento di distinguersi, in maniera perfettamente parallela al suolo. Ma non è soltanto questo a rendere degno di essere iscritto nel registro dei record il cosiddetto Link (collegamento) bensì l’effettiva collocazione geometrica della sua estremità più evidente. Posta in maniera tale da riuscire a fluttuare, con la più totale nonchalance, ben al di là dello spazio a disposizione tra i due palazzi. Giungendo a costituire, nella semplice realtà dei fatti, la più imponente trave a sbalzo (in gergo: cantilever) mai costruita nella storia dell’umanità. Il che sottintende in maniera piuttosto evidente l’impiego di tecniche costruttive a dir poco rivoluzionarie da parte dell’azienda incaricata ALEC, se è vero che l’intera struttura di una simile traversa, che scavalcando una grande strada di scorrimento assume il carattere di una vera e propria “porta della città”, è stata costruita in una serie di sette segmenti assemblati al livello del terreno e quindi tirati su tutti assieme, per un peso complessivo di oltre 6.000 tonnellate, prima di aggiungere l’ultimo ed il più imponente di tali componenti verso il mese di ottobre scorso. Quello destinato, per l’appunto, a restare sospeso nel vuoto con un singolo punto d’aggancio, fornito per l’occasione da una serie straordinariamente complessa ed articolata di saldature, come una sorta di attraversamento pedonabile di spropositati ed invisibili arcobaleni. Un passaggio di una complessità alquanto difficile da giustificare, se fosse servita soltanto a poter disporre di un’altra piscina tra i campi nebulosi del cielo di Dubai…
Complesso dalla funzionalità “mista” per eccellenza, trovando principalmente spazi abitativi nella torre più piccola ed uffici in quella maggiore, ma anche hotel, ristoranti ed un intero centro commerciale al livello della strada, lo One Za’abel trova tale poliedricità sintetizzata anche nel contenuto del suo titanico ponte, i cui precisi obiettivi non sono state ancora del tutto svelati al grande pubblico. Oltre al già citato spazio per lunghe nuotate dunque, creata con le ormai irrinunciabili pareti a scomparsa contro la scenografia del panorama, ed un ovvio ponte d’osservazione all’interno della struttura a sbalzo, il futuro visitatore troverà qui all’interno una cospicua metratura completamente ricoperta da enormi vetrate, che possiamo presumere utile a lunghe passeggiate, ma anche soste in pacifici lounge o luoghi di ristoro. Considerate a tal proposito la massa complessivamente tanto notevole, da parte di questo componente ad arco lungo esattamente 230 metri, da aver giustificato una costruzione dei suoi due edifici d’appoggio lievemente inclinati verso l’esterno, affinché l’aggiunta del peso previsto contribuisse a raddrizzarli e renderli stabili secondo il progetto dell’intera squadra ingegneristica incaricata di supervisionare il lavoro. Provvedendo quindi ad accurate simulazioni informatiche, nonché piani di fattibilità, per garantire un’adeguata protezione dai forti venti che periodicamente, percorrono l’arida penisola dell’Oman. Una solidità che si ritrova anche nei due edifici verticali grazie ai loro ottimi propositi antisismici, forniti da un modulo tubolare in acciaio con ampiezza di tre metri, ripetuto secondo il reticolo diagonale che compone le loro intere facciate a partire dal podio di ciascuno, utilizzato come base per rigogliosi giardini con tanto di laghetti, concepiti come spazi pubblici utili ad incrementare la desiderabilità del quartiere. Abbondante verzura ed alberi, quindi, contribuiscono ulteriormente a garantire uno spazio ombroso di fronte ai rispettivi ingressi, incrementando la percezione scenografica di un sistema di grattacieli che mira a stupire, prima ancora che i suoi fruitori possano mettere anche soltanto un piede al di là della soglia.
Missione fondamentale e concetto filosofico alla base della stessa percezione internazionale di Dubai, secondo un preciso intento di coloro che, potendo disporre di fondi pressoché illimitati, hanno contribuito a renderla quello che è oggi. Un letterale tempio del divertimento, dove ogni considerazione culturale e relativa alla storia di un luogo vengono subordinati alla più pura necessità di emergere e distinguersi dalla massa, come esemplificato anche dai materiali pubblicitari già prodotti sul tema del ponte panoramico Link, in cui si parla di uno spazio sospeso riservato ai “discerning few” (un’elite di un’elite) laddove la pura e semplice evidenza dei fatti ci lascia immaginare un’intera macchina del turismo, a partire dai cartelli situati in prossimità dell’aeroporto, mirante a condurre il maggior numero possibile di persone fin lassù. Per riuscire a testimoniare, ancora una volta, l’effettivo livello di spettacolarità raggiungibile mediante l’applicazione della tecnologia di oggi alle idee più stravaganti, con la finalità dichiarata di far quello che, per definizione, nessuno aveva mai neppure tentato prima di questo fatidico momento.
Degna di menzione ed altrettanto notevole nell’attuale contesto sociale su scala globalizzata, risulta essere del resto l’effettiva creazione di una coppia d’edifici tanto complessi, proposti nel 2014, iniziati nel 2016 e giunti a ridosso dell’ultimo perfezionamento ingegneristico proprio durante il drammatico, per non dire tragico anno pandemico del 2020. Aprendo la strada ad una serie di mesi frenetici durante i quali nuovi standard comportamentali per gli operai ed il resto del personale coinvolto, inclusivi di analisi statistiche, precauzioni continue e l’aggiunta di ulteriori gradi di complicazione procedurali hanno permesso, nonostante tutto, di procedere senza particolari ritardi sulla tabella di marcia. Un traguardo già di per se notevole, anche senza considerare la quantità spropositata di personalità coinvolte.
Eccessivo come ci si aspetta da una simile collocazione geografica, esteticamente distintivo quanto soltanto sostanzialmente inutile dal punto di vista urbanistico (un ponte che… Finisce nel nulla?) il terzo “palazzo” dello One Za’abel è una soluzione tecnica che si confronta direttamente con lo spirito d’innovazione ingegneristica, che tanto sappiamo aver contribuito a vantaggio di una simile capitale del commercio. Dubai che adesso, più che mai, sembrerebbe aver trovato la sua porta, nell’attesa che un giorno non troppo lontano, all’altro capo della penisola arabica, sorga la nuova torre alta un chilometro e destinata a superare persino il pinnacolo svettante del Burj Khalifa (829 metri).
Ovvero quella Torre [della città] di Jeddah, precedentemente nota come Kingdom Tower, firmata dallo stesso Adrian Smith, di fronte cui diventa impossibile infrangere un record duraturo del tempo, a meno d’iniziare a concepire le proprie innovazioni con un approccio adeguatamente trasversale. Che porti le proprie strutture a piegarsi e prendere forma, ogni qualvolta si rende necessario, tra pinnacoli e guglie di un’imprevedibile fattura. Perché c’è sempre tempo per una rapida nuotata, in autostrade d’acciaio tra gli avvallamenti nebulosi del grande Vuoto. Ma ciò che conta davvero in ogni possibile situazione, sono i possenti pilastri che mantengono unito il cielo e la terra! E le loro profonde radici, fondamenta fatte d’acciaio e il mondo intangibile della cultura di un popolo. Che ha scelto di esprimere il suo intento innovativo in una possente espressione dall’etimologia complessa: grattacieli.