Chiaramente individuabile a qualche decina di metri alla mia destra, la formazione a V delle anatre migratrici disegna un chiaro simbolo nell’azzurro cielo poco fuori la città di Londra. Con un tocco lieve della barra di controllo, avvicino quindi le mie ali a quel pennuto assembramento di creature, affrettandomi a scattare qualche foto con il cellulare, nella chiara consapevolezza che la silenziosità del mio velivolo avrebbe impedito loro di spaventarsi. Osservando il rapido avvicinamento della velocità di stallo, quindi, spingo innanzi la manopola dell’accelerazione, lanciandomi in una ripida picchiata verso il suolo. Niente indugi prima della prossima fermata, Parigi all’altro lato della Manica: il grande numero con la percentuale sul mio cruscotto ha infatti già iniziato a segnare 99.
Molti dei più importanti traguardi sportivi e tecnologici sono il frutto innegabile di una particolare tipologia di attività umana. E quante occasioni sarebbero andate perse, se non avessimo avuto a guidarci, come la luce di un’astro nascente, la finalità di primeggiare secondo le regole arbitrarie che ci siamo autoimposti sulla base di convenzioni variabilmente acquisite? Ovvero in altri termini, la naturale pulsione al gioco, che a tal punto si ritrova in ogni essere dotato di uno scheletro, un cervello e articolazioni in grado di riuscire a garantire un qualche tipo di mobilità innata. Così tutti i tipi di mammiferi, e così pure i gli uccelli, sebbene sia comprensibilmente complesso riuscire a identificare che cosa guidi i loro comportamenti, tanto risultano diversi da noi. Ma c’è una particolare aspirazione che riesce ad accomunarci, per vie totalmente opposte, come esseri pensanti e coscienti di questo pianeta; sto parlando, come avrete potenzialmente già intuito, del volo. E se ogni forma di competizione è (neanche tanto) in fondo il frutto di un divertimento, molto di quello che ambiamo in tale ambito lieve può essere direttamente ricondotto all’opera ed il lascito immanente di Jacques Schneider, il finanziere francese ed aviatore fin dall’epoca delle mongolfiere, che nel 1912 annunciò la prima edizione del trofeo destinato a portare il suo nome, per chi avesse trionfato in una gara di velocità concepita per stimolare l’avanzamento prestazionale degli aerei concepiti per l’aviazione civile. Ma che avrebbe invece finito per aprire la strada a molti dei modelli di caccia destinati a far scintille per tutto il corso della seconda guerra mondiale. Vedi il caso del suo ultimo vincitore nel 1931, quel Supermarine S.6B da cui sarebbe stato tratto l’unico aeroplano in grado di difendere le coste inglesi dalla temibile Luftwaffe, il maneggevole ed appropriatamente armato Supermarine Spitfire.
Concluso l’oscuro secolo del Novecento e raggiunto il primo quinto dei cento anni a seguire, non è più altrettanto facile trovare margini evidenti di miglioramento. Con l’efficienza raggiunta dalla maggior parte degli aerei e la ripresa dell’annuale coppa a partire dal 1981, in un contesto mirato questa volta più che altro alla premiazione delle abilità dei piloti, ben pochi spazi sembrano restare a disposizione di chi volesse raggiungere nuove vette del volo a a motore. A meno che non si voglia spostare la propria attenzione ad un diverso aspetto di tale ambito, quello mirato non più ad andare più veloci, alti e lontani, bensì ridurre il “costo” inerente speso per riuscire a farlo, inteso come l’erosione entropica del patrimonio “x” a disposizione del nostro boccheggiante pianeta. Già: volare ad emissioni zero, un apparente contraddizione in termini se si considera come, a differenza dello spazio ingegneristico dei veicoli a quattro ruote, questo specifico approccio alla motorizzazione non fu mai davvero preso in considerazione, fatta eccezione per alcuni pionieristici esperimenti, fino almeno all’inizio degli anni 2000. Questo per il peso e l’ingombro inevitabili, come parte di qualsiasi batteria o serie di esse sufficientemente capienti, da riuscire a sviluppare l’energia necessaria a far librare un velivolo per più di pochi minuti. Almeno, fino all’epoca recente ed ancor più nel caso del nuovo dimostratore tecnologico fuoriuscito da un’officina inglese, l’aereo messo assieme dal noto produttore di motori ed automobili Rolls Royce per infrangere ogni record di velocità ed autonomia nel campo degli aerei totalmente elettrici ad emissioni zero. Raggiungendo, si spera, gli stessi 547 Km/h (340 mph) che furono scritti a lettere di fuoco nella storia dall’impresa di Supermarine tanti anni a questa parte. E comunque vada, alla fine, non è difficile capire quanto riuscirà a risultare interessante…
L’aereo in questione prende il nome identificativo di Spirit of Innovation aka ACCEL, spesso accompagnato dalla dicitura esplicativa Accelerating the Electrification of Flight e nasce da una collaborazione tra il gigante multinazionale con sede a Derby, nel Derbyshire e due aziende specializzate in ambiti rilevanti: la YASA Limited per quanto riguarda la motorizzazione, e la startup Electroflight per l’ottimizzazione del sistema di trasmissione e la meccanica interconnessa ad esso. Ciò che eventuali appassionati di aviazione potranno già aver riconosciuto, nell’apparecchio mostrato in apertura durante le operazioni per la sua recente prova preliminare di spostamento a terra, è l’aggressiva sagoma dal lungo cofano e le ali affusolate dell’aereo da competizione Sharp Nemesis NXT completamente costruito in fibra di carbonio e venduto ai team in scatola di montaggio, già vincitore di numerose competizioni di velocità nelle gare tra aerei leggeri della categoria internazionale Formula One. Sfruttando a pieno le potenzialità del suo motore Lycoming TIO-540-NXT a sei cilindri, che per tutto il corso degli ultimi tre anni gli ingegneri reclutati da Rolls Royce hanno collaborato per sostituire laboriosamente con qualcosa di radicalmente diverso, ovvero il sistema di batterie più denso e compatto che sia mai stato prodotto nel corso della storia umana. Per un peso complessivo al decollo ufficialmente capace di non discostarsi troppo dai 726 Kg del velivolo di partenza, destinato a rimanere tuttavia costante nel corso di ciascun volo data l’assenza di un consumo di qualsiasi carburante durante il corso dell’intero tragitto percorso in esso. Per un totale stimato di fino a 200 miglia, ovvero già due terzi dell’obiettivo futuro dichiarato di unire Parigi a Londra, probabilmente raggiungibile una volta che si sarà spostata l’attenzione degli ingegneri dal record di velocità a quello, economicamente più utile, dell’autonomia. Stiamo d’altra parte parlando di una capacità energetica complessiva di fino a 750 Kw erogata dalle 6.000 celle di un sistema di batterie il quale, una volta ridotto il consumo dei tre motori a bordo, potrà certamente resistere al tempo d’impiego necessario per compiere l’impresa. Motori del modello 750r prodotto dalla YASA e capaci di collaborare per imprimere una potenza stimata di 500 cavalli all’elica tripla da 2400 giri al minuto, perfettamente identica a quella tipicamente in uso nei moderni aerei da corsa. Sfida particolarmente significativa nella progettazione dell’aeromobile, tuttavia, si sarebbe dimostrata ad ancora maggior titolo la ricerca di un sistema valido per contenere il significativo calore sviluppato dalle batterie, mediante un sistema proprietario ancora non descritto al pubblico ma la cui portata storica potrebbe essere paragonata al raffreddamento a liquido che tanto fece per aumentare la potenza dei motori aeronautici verso la belligerante metà del secolo scorso.
Chi vivrà vedrà, dunque, ed avremo ben presto l’occasione di valutare la credibilità delle ambiziose promesse fatte da Rolls Royce, con il primo decollo ed il successivo tentativo di raggiungere le auspicate 340 mph entro il primo terzo del 2021, a partire dall’aeroporto in cui è stato costruito ed ancora adesso l’ACCEL si trova, a Gloucestershire.
A patto, s’intende, che non facciano la loro comparsa nuovi ostacoli verso la strada del progresso. Come l’arrivo di quella stessa pandemia che, ad aprile dello scorso anno, portò alla terminazione anticipata (temporanea? Chi può dirlo) del progetto E-Fan X, per la creazione di un apparecchio dotato di motorizzazione ibrida nato dalla collaborazione tra Rolls Royce, Airbus e Siemens, a partire dall’aereo di linea regionale British Aerospace BAe 146. Sebbene il prototipo fosse già stato completato in ogni sua parte a novembre del 2019 ed il primo volo fosse stato ormai programmato entro poche settimane o al massimo un paio di mesi, eventualità destinata a rivelarsi impossibile o controproducente durante il periodo del primo lockdown. Resta da dire, ad ogni modo, come l’innovativo ed iper-veloce Spirit of Innovation, oltre a produrre questa volta una quantità di emissioni effettivamente pari allo zero, sia anche caratterizzato da una tipologia d’impiego prevalentemente individuale, visto come non si faccia più alcuna menzione del secondo posto previsto nell’originale Sharp Nemesis NXT. Rendendolo perciò perfettamente idoneo alle logiche di un mondo terrorizzato dall’aria stessa che respira, per il suo contenuto potenzialmente virale chiaramente identificato dalla scienza. Ma non c’è nulla di altrettanto ostile, lassù tra le alte nubi, a patto di poter contare sui migliori crismi tecnologici del volo. E l’intento umano a stabilire nuovi record, che non per nulla è stato uno dei primi e più proficui giochi da sfruttare fino in fondo a seguito dell’invenzione dei mass media.