Lo svelto animale che poteva nascere soltanto sotto il sole abbagliante della Patagonia

Perfetta unità di tempo e luogo. L’astro allo zenith illumina dall’alto le cocenti rocce della montagna. L’aria sferzante del vento proveniente dai mari del Sud, formando vortici, rincorre se stessa con casualità evidente tra le asperità consequenziali del paesaggio. Eppure l’aria sembra carica di aspettativa, a dimostrazione che qualcosa d’importante stava per accadere in quel novembre attentamente individuato sull’inesorabile marcia del calendario. Come se la sagoma marroncina dal lungo collo posizionata in modo da stagliarsi contro l’azzurro cielo, concentrando tutte le sue forze ed ottime speranze per l’estate, stesse per celebrare un rito fondamentale ed antico: quello che avrebbe condotto, senza falle né contrattempi, verso l’immortalità della sua stessa specie.
Cammello? Pecora alta due metri? Cervo? Cavallo? Adesso provi ad ascoltarmi per qualche minuto: le sto dicendo che non troverà una soluzione migliore, neanche si facesse costruire l’animale su misura. Quanto stiamo per mostrarle è snello, agile, ma anche grosso e resistente. Al punto che nessun predatore, neanche il più temibile, potrà pensare di sfidarlo, senza rischiare letteralmente l’osso del collo. Il Lama guanicoe, come sono soliti chiamarlo nel Dipartimento Erbivori, è talmente ben adattato alla vita nell’ambiente andino da poter quasi affermare che gli sia stato cucito letteralmente addosso, alla stessa maniera in cui gli occasionali “clienti” umani erano soliti realizzare abiti, cappelli ed ornamenti con la sua pregiatissima lana. Almeno fino alla trasformazione in animale domestico e la graduale deriva genetica verso quello che oggi siamo soliti chiamare Lama glama o più semplicemente IL lama. E lei potrà decidere di fare altrettanto, in base alle specifiche esigenze del caso, ma è importante notare come ciò in effetti rappresenti al massimo il 50% delle potenzialità sul piatto di questa rara offerta. Poiché come creatura selvatica conforme al progetto originario, ancora oggi diffusa nelle ampie distese meridionali del Nuovo Mondo, il guanaco è perfettamente in grado di sopravvivere sfruttando unicamente le proprie forze, in un vasto areale che si estende in modo naturale tra Perù, Bolivia, Cile, Patagonia e Paraguay. Senza che niente o nessuno possa efficacemente porsi innanzi alla prolungata esistenza della sua efficiente specie. A parte il freddo, s’intende. Nient’altro che un rischio calcolato, s’intende, lei non deve assolutamente preoccuparsi! Trattasi di una caratteristica di poco conto, o se vogliamo addirittura una questione affascinante, che distingue il guanaco dai quadrupedi suoi concorrenti nella grande marcia dell’evoluzione quadrupede sul pianeta Terra. Perché ecco, vede, pare che la lunghezza della sua lingua sia stata calcolata secondo linee guida non del tutto conformi alle norme imposte dal progetto. Ovvero in altri termini, osservando la questione dal lato opposto, le sue labbra sono un po’ troppo prominenti, impedendo alla madre di leccare il cucciolo successivamente al parto. Il che significa che soltanto una, tra le possibili forze innate della natura, può contribuire effettuando questo importantissimo passaggio successivamente alla sua caduta nella valle dei viventi. Ciò che ci saluta, da lassù in alto, all’inizio di ogni infuocato giorno della nostra complicata esistenza…

Lama rampanti che combattono per il successo riproduttivo. Avete mai visto uno spettacolo maggiormente spettacolare e cruento? Se soltanto i Romani avessero conosciuto queste creature a quei tempi, molte di loro, ritengo, avrebbero incontrato larga fama tra le arieggiate mura del Colosseo. Assieme ad innumerevoli altre meraviglie ecologiche del “nuovo” mondo.

Ciò detto, il neonato di guanaco alias chulengo rappresenta una creatura notevolmente precoce, come si confà alla preda ideale di un’ampia varietà di predatori. Tra cui il puma, la volpe e varie tipologie d’uccelli rapaci senza dimenticare il culpeo (Lycalopex culpaeus) canide selvatico che condivide in parte i suoi stessi spazi ecologici d’appartenenza. Ecco perché l’asciugatura post-parto, passaggio necessario prima che il nuovo membro del branco possa mettersi adeguatamente a camminare o correre, costituisce un passaggio tanto importante, condizione necessaria affinché il cucciolo possa raggiungere il primo tramonto della sua travagliata esistenza. Ciò detto, la percentuale di esemplari che potranno raggiungere l’età adulta si aggira attorno ad un sofferto 30% del totale, problema compensato tramite l’alto numero di eredi messi al mondo da ciascuna madre, ottenuti successivamente all’incontro amoroso con l’unico e solo capo del proprio gruppo di appartenenza. Punto di svolta nella vita di ogni guanaco maschio è infatti il raggiungimento del primo anno di età e conseguente maturità sessuale, con immediata reazione da parte del loro stesso padre, che spietatamente provvederà a cacciarli via lasciandogli soltanto le proprie energie su cui contare, per riuscire a garantirsi la continuativa sopravvivenza. Inizia, a seguito di quel momento, un periodo di lunghi e dolorosi combattimenti, in cui i giovani esemplari si sfidano ad ogni sopraggiungere della stagione degli accoppiamenti tra aprile e marzo, senza esitare in alcun modo nell’inseguire rabbiosamente i propri simili, tentando di morderli sul collo o i genitali. Importante, a tale fine, anche l’arma biologica dello sputo maleodorante, rigurgitato direttamente dalle profondità del suo stomaco, in grado di colpire l’avversario da una distanza di oltre 2 metri. È questo il momento in cui lo stereotipo sugli erbivori come animali placidi ed inoffensivi viene facilmente smentito dall’evidenza, mentre questo “sereno” abitante degli altipiani sviluppa un istinto assassino tale da fare invida a quello di un qualsiasi felino predatore. Modalità comportamentale di cui avrà quindi assolutamente bisogno, persino una volta raggiunta l’età adulta, per difendersi dai reiterati assalti portati a compimento dal puma stesso (P. concolor), 50-70 Kg di macchina da guerra con zanne ed artigli affilati dall’uso continuativo attraverso le epoche trascorse. Il che del resto basta a malapena a raggiungere un terzo dei fino a 140 Kg di questo formidabile avversario, per di più capace di correre fino alla velocità di 56 Km/h anche sul terreno accidentato e scosceso, grazie agli zoccoli fessurati dall’ampio polpastrello tattile e resistente. Per non parlare della letterale corazza offerta dalla spessa pelle del suo collo, impenetrabile persino ai lunghi denti di un così agguerrito ed implacabile nemico.
Feroce è la dura legge imposta, fin dai secoli trascorsi, della catena alimentare necessaria in qualsivoglia ecosistema. Tale da imporre al carnivoro la norma secondo cui “uccidere o essere uccisi” è una mera regola vigente dell’esistenza. Il che non vuole certo togliere alcunché all’ingegno e le molte risorse possedute dall’erbivoro selvatico di queste terre per eccellenza (assieme al più piccolo e raro Vicugna vicugna, origine di contro del domestico alpaca) capace d’individuare zone fertili anche in luoghi dove non piove più di un paio di volte l’anno. Inseguendo, grazie al suo sensibile naso, la nebbia e la foschia marina che si propaga tra il tramonto e l’alba, fino ai rari luoghi in cui muschi e licheni riescono a crescere sull’impervia superficie dei cactus nativi. Ai cui fiori quindi non rinunciano, mentre realizzano lo stile di vita per cui sono stati originariamente progettati.

La corsa dei puma che inseguono le loro prede potrebbe trarre in inganno. Poiché non è scritto assolutamente da nessuna parte, che il carnivoro debba per forza riuscire a trionfare. E la posta in gioco, per lui/loro, è assolutamente fatale almeno quanto quella della (presunta) vittima selezionata dal caso.

Circa un milione di esemplari rimasti sulla Terra, di cui oltre la metà dei quali concentrati unicamente nella nazione argentina. Mentre meno facile risulta garantirne l’esistenza continuativa per quanto concerne le sue molte popolazioni disgiunte, soggette alla progressiva riduzione del territorio per sfruttamento agricolo e industriale da parte degli umani. E lei potrà avere tutto questo, per la modica cifra di… Anzi, sa cosa le dico? Faccia un ordine per il campione omaggio. Le farò mandare una coppia già perfettamente collaudata (entrambe femmine, s’intende). Se giudicherà il quadrupede soddisfacente, metteremo le sue richieste sulla cima della pila dei clienti, in considerazione della splendida opportunità commerciale che rappresenta per noi il suo distante pianeta polveroso.
Non si preoccupi, nessun impegno. Ma faccia in modo di posizionarle dove il sole Centauriano riesce a penetrare occasionalmente la fitta coltre di nubi. Sarebbe davvero un gran peccato, se i futuri nuovi nati dovessero mancare di asciugarsi per tempo, finendo per diventare facili prede delle meduse fluttuanti delle tempeste elettriche d’alta quota. Perché vede, ogni animale è semplicemente perfetto, nelle sue condizioni originarie di appartenenza. Ed è per questo che l’adattabilità, più di ogni altro aspetto ereditario, costituisce un pregio che conduce al successo biologico delle creature. Limiti contestuali permettendo, mediante l’applicazione responsabile dei fattori di contesto.

Come esemplificato in questa illustrazione dell’artista incaricato di curare le nuove banconote a tema naturalistico stampate dall’Argentina, l’addomesticazione del guanaco ha una lunga storia tra i popoli della regione. Che trae l’origine nel leggendario Chilihueque precolombiano, probabile antenato dell’attuale lama dal pelo lungo.

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