La forza delle immagini non può e non deve essere in alcun caso sottovaluta: un’elegante torre quadrangolare sorge in fondo al sentiero, circondata da una progressione di volumi riccamente ornati. Piccolo, medio e grande, ciascuno sormontato da una merlatura e intriganti pinnacoli, con banderuole metalliche che sembrano deviare e tagliare il vento. L’intera struttura protesa, come in un ultimo poderoso sforzo, verso quella semplice balaustra, che divide il mondo tangibile dal grande vuoto spaziale del Mar Nero. Siamo a poca distanza dal villaggio di Gaspra, presso il capo di Ai-Todor, situato tra le due città di Yalta ed Alupka. Un luogo il cui simbolo può essere individuato nella singolare residenza privata, punto di riferimento e capriccio architettonico del Nido della Rondine (Lastivchyne Hnizdo) che tanto sembra prelevato da un’antica saga dei cavalieri. Solitario ed immutabile che si erge sulla rupe, a quattro decine di metri dall’acqua sottostante, come un solenne monito alla cruda fine dei condannati. Ed in effetti ci sarebbe anche una certa somiglianza, con talune costruzioni immaginifiche descritte nella saga letteraria del Trono di Spade, se non fosse per le dimensioni decisamente più contenute: appena 20 metri di lunghezza per 10 di larghezza. Abbastanza, insomma, per un ingresso, la stanza degli ospiti al piano terra e due camere da letto sovrapposte all’interno della stretta torre. Con un ponte d’osservazione dalla forma tondeggiante che circonda il tutto, come un’austera balconata, offrendo un panorama della costa che potremmo definire alquanto distintivo ed originale. Ora se fossimo in Germania sulle rive del Reno, sarebbe facile datare la notevole struttura all’epoca del primo Romanticismo attorno all’inizio del XVIII secolo, quando la nostalgia di un mondo ormai portò a commissionare un ritorno verso valori estetici di un tempo d’armi, cavalieri e difficili battaglie d’assedio: vedi la rocca di Stolzenfels (1823) lo Schloss Lichtenstein (1826) e lo stesso celeberrimo Neuschwanstein (completato soltanto nel 1886) posizionato sull’alta collina presso il villaggio di Hohenschwangau. Ma poiché la tradizione cavalleresca della penisola di Crimea non ebbe mai ragione di associarsi in modo particolare al ciclo Arturiano, né altre simili saghe battagliere, non occorre applicare eccessivi presupposti logici per attribuire questo simbolo riconoscibile a una ricerca abitativa di epoca moderna. Persino successiva al concludersi della prima guerra mondiale.
Siamo nel 1912 infatti, quando il barone dell’industria petrolifera Sergei Karpovich, appartenente alla famiglia di industriali straordinariamente facoltosi dei Rakhmanov, acquista questi i terreni e la dacia sulla scogliera che era appartenuta al generale e medico veterano della guerra russo-turca, Adalbert Karlovich Tobin. Un edificio costruito in legno già oggetto di numerose fotografie e dipinti, essendo diventato celebre col nome di Generalife o Rondine Bianca, dato il colore pallido del suo tetto visibile da molti chilometri in ogni possibile direzione. Un vero e proprio scenario teatrale dunque, per valorizzare il quale il nuovo proprietario convoca il famoso architetto russo Nikolai Sergeevich Sherwood, cultore dello stile Neo-Gotico perfetto per dare soddisfazione alla sua particolare visione di questo sito. In breve tempo, quindi, la musica dei bardi sembra risuonare presso l’ampia corte della baia sottostante, mentre le pietrose mura si ergono riuscendo a ricordare il frontespizio di un prezioso codice trovato nelle antiche biblioteche d’Europa…
Architettonicamente parlando, il Nido della Rondine non fu quindi mai particolarmente distintivo o prezioso. Pochi ambienti semplici ed interconnessi, un arredo piuttosto spartano e più volte rinnovato nel tempo. Finiture forse eccessivamente moderne, tra cui lo spartano corrimano in legno che conduce al piano sopraelevato. Ciononostante, la particolare collocazione in cima alla scogliera, dotata di un fascino straordinariamente raro, ci avrebbe messo molto poco a consacrarlo a vero e proprio simbolo della regione, diventando una delle immagini più rappresentative dell’intera costa meridionale della Crimea. Nel 1917 quindi, soltanto cinque anni dopo il completamento del castello, la deposizione dello Zar Nicola II successivamente allo scoppio della Rivoluzione Russa cambiò sensibilmente le condizioni in essere, inducendo Rakhmanov a vendere la sua proprietà al miglior offerente, un imprenditore locale di nome P. G. Šelaputin, che non tarda eccessivamente a trasformarla in attrazione turistica dagli ottimi presupposti di recupero dell’investimento. Prima come ristorante panoramico, e nel decennio successivo, in qualità di biblioteca e sala di lettura del vicino resort marittimo Žemčužina. Sono questi gli anni di maggior utilizzo del castello, almeno fino all’evento drammatico del 1927, con un possente terremoto tra i gradi 6 e 7 della scala Richter, che scuote dal profondo dell’alta scogliera l’intero sito di questo notevole pezzo di storia. Per fortuna le fondamenta costruite da Sherwood resistono, benché sia la stessa roccia sottostante a fessurarsi in maniera visibile, causando la caduta di alcune grosse lastre nel mare sottostante. Le autorità locali pongono dunque in essere un divieto di accesso al Nido, destinato a durare decenni, mentre il successivo scoppio della seconda guerra mondiale contribuisce a inasprire la duratura condizione di abbandono. Sarebbero passati circa 40 anni, mentre l’edificio cadeva lentamente a pezzi, finché finalmente nel 1968 una nuova iniziativa di restauro avrebbe portato a recuperare le candide mura, mentre la scogliera stessa veniva rinforzata mediante l’utilizzo di una pratica colata di cemento. Tornando ad operare come ristorante, questa volta di tipo italiano a partire dal 1975, la piccola fortezza sarebbe dunque ritornata a comparire sulle guide di viaggio, diventando un passaggio obbligato per tutti i visitatori di questa regione ricca di attrattive architettonicamente degne di particolare attenzione. A quest’epoca risale anche l’utilizzo come set per numerose pellicole di era sovietica il cui culmine è individuabile nel film Desyat Negrityat (Dieci Piccoli Africani – 1987) di Stanislav Govorukhin, un adattamento del famoso romanzo di Agatha Christie girato presso i due castelli del Nido e della residenza Vorontsov, nel vicino villaggio di Alupka. Verso il periodo degli anni ’90 ed inizio 2000, quindi, un nuovo sforzo divulgativo del governo ucraino vede il castello comparire in alcune monete e medaglie commemorative, facenti eco ai numerosi souvenir venduti presso i negozi degli abitanti e imprenditori locali. Ma qualcuno afferma che l’attrazione paesaggistica stia di nuovo andando in rovina, mentre lo stesso tenore del rinnovamento posto in essere negli anni ’70 viene criticato come poco rispettoso dell’aspetto storico dell’edificio, trasformato in sedicente “castello dell’amore” con tanto d’immancabili lucchetti attaccati alle balaustre da parte delle coppie per simboleggiare l’eterna unione. A partire dal 2002 il ristorante torna brevemente ad operare, vantando nel suo menu piatti di alto profilo come la misteriosa e magnifica “pasta imperiale”.
Nel 2014 quindi, con la sequenza di eventi e le manovre militari che ben conosciamo, seguìti da un referendum largamente giudicato pericoloso ed irrituale, la Crimea viene annessa nuovamente alla Federazione Russa, che non tarda ad individuare nel caratteristico Lastivchyne Hnizdo un importante simbolo del nuovo territorio tornato all’interno del paese più vasto al mondo.
Ecco comparire, dunque, l’alto castello sulla banconota da 100 rubli del 2015, mentre numerosi servizi televisivi e video su Internet vantano i notevoli miglioramenti & restauri commissionati dalle autorità locali, su richiesta specifica e con i fondi generosamente forniti dal governo moscovita. La fama internazionale dell’edificio sembra ritornare, per la prima volta da parecchi anni, ai fasti della prima parte del Novecento, mentre l’interno viene trasformato in uno spazio museale per mostre ed altri eventi culturali. Il che dimostra, senza particolari indugi, come i corsi e ricorsi della storia ricordino l’andamento ciclico delle maree, mentre i preziosi monumenti diventano scogli immutabili al di sopra delle fluide circostanze ed i continui mutamenti della società civile.
E chissà cosa avrebbe detto lo stesso comandante di epoca bizantina, che attorno all’anno mille aveva comandato il vicino forte di Charax in Bitinia, osservando l’alta fortificazione dalla porta sempre aperta, pronta a mutare in base alle aspettative di chi giunge da ogni distante provincia del mondo contemporaneo. “Che spreco, mio signore!” Almeno, gli imperatori di un tempo sapevano preservare le apparenze. E non lasciavano MAI aperta la porta architettonica del proprio cuore.