Il piccolo granchio si rivolse alla sua compagna “È un gabbiano, ti dico” “No.” Fece lei. “Un sottomarino.” Le alghe si muovevano nella corrente, ma… “Si tratta chiaramente di un’enorme farfalla.” Rispose il gambero aggrappato ai verdi fili “Stai scherzando? A questa profondità?” Disse lui agitando le chele. “Adesso ascoltatemi con attenzione. Si è sollevato dal fondale per salvarci. Si, l’essere venuto dal profondo ci proteggerà!” Man-key, l’ombra quadrimane dell’uomo-sub si avvicinava sempre più velocemente, con l’orribile strumento-telecamera puntato verso l’inerme varietà di creature bentoniche, casualmente associate dall’incerto destino. Un lieve gorgoglio di bolle, inaudibilmente, lo seguiva. Ci fu un attimo di stasi assoluta, quindi l’improvviso abbaio, emesso da una fonte non propriamente chiara. L’uccello-aereo-farfalla aveva preso ad eseguire una sorta di danza, girando attorno all’intruso proveniente dalla superficie, per poi sbattere contro il suo corpo. “Bark, bark, bark!” Faceva la sua forma inusitata e stranamente elegante, con la coda che saettava da una parte all’altra, come il metronomo a un pratica teatrale. “Presto, sta attirando la sua attenzione. Scappiamo!” Disse il granchio. E mentre l’eco delle sue parole si perdeva nella corrente, qualcosa cambiò. L’eroico salvatore si era fermato, proprio sopra di loro a loro. E con fare prepotente, aveva esteso le sei lunghe dita scheletriche, poco prima di scendere a frugare tra la sabbia e la vegetazione marina. “Co… Come puoi tradirci? Volevi soltanto apparire più cool!?” Adesso lo spaventoso Man-key, arcano utilizzatore di strumenti tecnologici, si era fermato a qualche metro di distanza, per meglio inquadrare la surreale scena. Con un sommo grugnito, la chimera finalmente oggetto della sua attenzione aprì da un lato all’altro una crudele bocca zannuta. Ed abbassò la grossa testa corazzata, per colpire.
Il pesce pettirosso (perché ha letteralmente, il petto rosso) gallina (perché emette un verso paragonabile a quello di una gallina) o gurnard elmetto e/o volante (benché non voli affatto) può essere identificato come l’eterogeneo rappresentante dell’ordine dei signatiformi, attestato principalmente nell’Indo-Pacifico con le sei distinte varietà del genere Dactyloptena. Ma che il Mondo Occidentale conosce per lo più attraverso la sua variante atlantica, la specie monotipica del Dactylopterus volitans. Perennemente associata, nelle attività di pesca del Nord-Est americano, alla soddisfazione illusoria di stare per prendere all’amo qualcosa di ragionevolmente enorme, finché estratta del tutto la creatura dagli abissi, le sue gigantesche pinne pettorali non si piegano di nuovo lungo il corpo, mostrando al mondo l’effettiva dimensione attorno ai 40-50 cm, comparativamente più ridotta. Una tecnica per spaventare il nemico facendosi imponenti ed associata, nelle attività di autodifesa di questo pesce, anche all’abitudine di emettere il particolare verso grazie all’uso di speciali muscoli capaci di far contrarre la vescica natatoria, in maniera analoga a quella della sacca di una zampogna. Nient’altro che una giornata come tutte le altre, nella vita di un tranquillo mostro inusitato, proveniente da universi parallelamente sommersi.
Differenziati principalmente per la livrea del loro corpo ricoperto di ruvide scaglie, concepita sulla base dei rispettivi ambienti di appartenenza fino ai 300 metri di profondità, questi pesci un tempo inseriti nell’ordine degli scorfani (per somiglianze superficiali successivamente fatte passare in secondo piano) posseggono tuttavia alcuni elementi biologici in comune, tra cui il particolare approccio alla conservazione dell’energia. Che li vede muoversi attraverso l’uso delle grosse ali qualche volta trasparenti, in modo analogo a quello di una manta, passando quindi a un moto locomotorio con le sei speciali “zampe” ogni qualvolta sopraggiunge l’ora di pranzo. Senza dover, per soddisfare quel bisogno, continuamente zig-zagare lungo la colonna verticale ed umida che collega il fondo degli oceani alla superficie. Zampe formate, volendo approcciarsi ai fatti evolutivi della questione, da un adattamento degli ultimi sei raggi che sostengono le grosse pinne o “ali” d’uccello, tale da assomigliare maggiormente alle strutture deambulatorie di un insetto, aracnide o altro artropode di superficie. E tra le altre cose dotate, come dimostrato ed approfondito da recenti studi, di speciali chemiorecettori in grado d’individuare gli aminoacidi prevalenti in molte piccole creature invertebrate, vittime preferite di questi efficienti ed abili predatori.
La specie volans diffusa dalle coste della Francia fino all’intero lato orientale del continente americano viene considerata particolarmente prolifica, con le femmine pronte alla riproduzione durante l’intero corso dell’anno ed inclini a produrre migliaia di uova per ciascun incontro, oltre ad affollate riunioni costiere mirate alla riproduzione generalmente fissate verso i mesi della primavera e l’inizio del periodo estivo. Periodi in cui, per varie settimane, diventano loro malgrado i principali occupanti delle reti dei pescatori, che per partito preso e preferenza verso specifiche pietanze erano soliti rigettarli immediatamente in mare. Segue schiusa dei piccoli allo stato larvale dopo appena qualche giorno, per l’inizio di un ciclo destinato a ripetersi identico l’anno successivo. Questo almeno finché in epoca recente, per l’influsso dell’alta cucina proveniente dall’Europa, questo pesce non si è scoperto possedere un gusto apprezzabile parecchio simile a quello dell’halibut, facendone purtroppo per lui ingrediente gradito in una vasta varietà di pietanze. Interessante, a tal proposito, notare il ruolo simile occupato in cucina dalla specie australiana del Chelidonichthys kumu o “gurnard pinna-blu del Pacifico” tecnicamente parte della famiglia totalmente distinta dei triglidi, eppure dotato di un aspetto e caratteristiche del tutto comparabili a quelli dei suoi simili diffusi a Settentrione, fatta eccezione per la sottile membrana che unisce fino all’ultima delle spine dorsali. Negli ultimi anni, tra l’altro, membri di questo macro-gruppo distinto sono stati avvistati anche a largo delle coste inglesi e nel canale della Manica, lasciando intendere una maggiore sovrapposizione dei rispettivi gruppi d’appartenenza, rispetto a quanto fosse stato precedentemente pensato dagli studiosi. Il che non ha del resto impedito di far salire il prezzo della loro carne al Kg di oltre dieci volte a partire dall’anno 2007, passando da un valore di appena 0.25 a 4 sterline. Un problema da qualunque lato lo si osservi, comune ad ogni essere che voli, cammini, strisci o nuoti su questo famelico pianeta.
Cane mangia cane, dunque, o farfalla, uccello, pesce corazzato dalle dita laboriose ed attente. Anche se, nell’interno estendersi del loro vasto areale, i gurnard non sembrino avere nemici naturali particolarmente agguerriti, essendo stati ritrovati soltanto occasionalmente all’interno dello stomaco di qualche foca. Questo per l’ottimo funzionamento delle loro variegate contromisure, non ultima la dura scorza corazzata che gli protegge la testa, tale da non essere facilmente intaccabile neppure mediante la lama di un coltello.
Sarebbe inoltre parecchio difficile non voltarsi via e fuggire, in un primo momento, al contatto con un pesce alato che produce un suono paragonabile al richiamo di un chiassoso pennuto. E sembra pronto, da un momento all’altro, a evolversi per camminare fuori dalle acque, come fecero i suoi simili qualche trascurabile milione di anni fa! Un tempo alquanto lungo, dal soggettivo punto di vista dei loro successori umani. Eppure poco più che un battito di ciglia, per il misterioso gigante cosmico che ci ospita all’interno dei suoi sogni senza limiti di contesto. E chissà quante altre bizzarre idee, potranno scaturire un giorno o l’altro da quel suo particolare modo computazionale d’intrecciare, far congiungere e contaminare le cose…