A pranzo nel castello visionario che parrebbe sottintendere un esercito di termiti

Al termine di una lunga strada di mattoni rossi, sorge un luogo di riscoperta ed introspezione, che potremmo anche chiamare le origini di tutto. Dove ciascuno, se lo vuole, potrà riuscire a trovare se stesso, lontano dalle imposizioni e convenzioni di una società che incombe, mentre la strana influenza estetica di un qualcosa di già noto, ricompare al centro della nostra mente protesa all’epoca del grembo materno. Non è la città fatata del mago di Oz ma lo speciale “Nido Aborigeno” dell’artista cinese Luo Xu, appassionato in egual misura di arte, scultura, il corpo delle donne e un modo visionario per rendergli omaggio, senza per questo far gravare la sua visione sulla natura.
Tra queste mura curvilinee, possono accadere cose dal contesto stranamente inusitato: l’inizio del 2021 potrebbe sembrare, in effetti, uno strano periodo per inaugurare un ristorante. Eppure c’è ben poco che la pandemia e i relativi timori, soprattutto in Cina, possano fare per bloccare un auspicato ritorno alla normalità; il che sembra includere, per una particolare cittadina nella provincia dello Yunnan, il ritorno ad uno dei più classici incentivi per il turismo: prendere il patrimonio artistico, culturale e monumentale di cui si dispone sul territorio (non importa quanto strano e particolare!) per trasformarlo in un qualcosa in grado di arrecar profitto, ovvero che possa accrescere la quantità di visitatori e con essi gli ottimi presupposti di guadagno. Di sicuro, l’apertura del nuovo locale gastronomico all’interno dell’edificio noto come “Mezza Nuvola” facente parte del fantastico Museo Caleidoscopio di Dongfengyun era stata pianificata da tempo. Ciononostante, data l’unicità di un luogo simile ed i relativi presupposti, non è improbabile che i suoi gestori riescano ad ottenere almeno in parte il successo desiderato.
Qui esiste un detto: “La regione di Kunming possiede due tesori. Uno è la danza della ballerina e coreografa Yang Liping, l’altro, l’opera scultorea di Luo Xu.” Un seme destinato a germogliare con particolare rigoglio nel momento in cui questo importante personaggio del mondo dell’arte fece ritorno nella sua regione natìa con il denaro guadagnato grazie alle sue opere vendute durante durante l’intero corso degli anni ’80 e ’90, per investire nell’acquisto di un terreno e la relativa costruzione di un qualcosa destinato a durare nel tempo. Un castello, in un certo senso, ma anche il luogo scaturito in modo pressoché diretto dalle più oscure regioni della sua mente, secondo l’aneddoto grazie ad un confronto con suo figlio sulla natura ed il comportamento delle formiche. Al cui approccio alla questione egli ritiene di aver dato un certo grado di giustizia, grazie alla maniera assai particolare con cui fu in grado di guidare, ed ispirare l’opera dell’impresa di costruzione. Celebre restò l’immagine, a tal proposito, di lui che definisce gli spazi disponendo grandi manciate di sabbia e piantando pali nel terreno, mentre espone agli appaltatori l’effettiva portata della sua visione.
Non è quindi particolarmente facile risalire, utilizzando soltanto Internet, alla progressione dell’area oggi nota come Veduta Scenografica di Dongfengyun, entro cui si affolla la più improbabile selezione di punti di riferimento: mulini a vento e prati fioriti in vago stile olandese; strane sculture che sembrano cosce o ricordano in pieno gli organi genitali femminili; ed a sovrastare tutto questo, gli straordinari edifici che negli anni sono stati finanziati, e posti in essere, attorno alla leggendaria residenza di Luo Xu. Non è comunque irragionevole pensare che debba esserci un significato nascosto, all’interno di tutto questo…

Esplorando gli spazi del castello di mattoni rossi si ha la netta sensazione di aver lasciato indietro il pianeta Terra, per entrare all’interno di un pianeta che risponde a regole poco chiare. Non sarebbe assurdo concepire un’ambiente simile, a tal proposito, come l’improbabile scenografia di un’insediamento della serie di Guerre Stellari. – Via

Il nuovo ristorante, creato all’interno di un vasto spazio unico dotato di caratteristici soffitti a volta, ha scelto come collocazione uno dei “termitai” più grandi e vede la diretta partecipazione dello studio di arredo interni CCD, già famoso per la creazione del rinomato Club InterContinental di Shenzen ed il Canopy by Hilton nella città città di Chengdu. In esso convergono le influenze stilistiche Art Decò che tanto bene sembrano coniugarsi con la visione dell’artista ed alcune concessioni affini a una visione vagamente fantascientifica, imprescindibile di fronte ai presupposti di un luogo tanto unico e visionario. Elemento chiave, da incorporare nello stile degli spazi costruiti senza un singolo chiodo o trave di ferro, le strette ed alte finestre collocate all’apice del “tubo” che si apre sul tetto del palazzo, in grado di dare il nome al Museo Caleidoscopio grazie ai giochi di luce che sembrano cambiare aspetto e proporzione con il progredire della giornata. A poca distanza e ai margini del campo visivo, nel frattempo, gli avventori potranno ammirare per tutta la durata del proprio soggiorno i profili immediatamente riconoscibili di alcune delle opere custodite all’interno del castello, create dallo stesso artista ed i suoi allievi, aumentati in modo esponenziale attraverso il progredire delle decadi trascorse.
Luo Xu è senz’altro una di quelle figure d’altra parte, straordinariamente trasversali nella loro preparazione creativa, che un tempo avrebbero ricevuto il titolo onorifico di “polimata” ovvero esperto praticante di molteplici arti. Nato in un momento imprecisato attorno all’anno 1956 (le nascite nella Cina rurale, all’epoca, molto spesso non venivano registrate) crebbe coltivando i suoi interessi mentre faceva una serie di lavori particolarmente variegata: operaio, addetto in una fabbrica di ceramica, persino allevatore di conigli, un’avventura imprenditoriale destinata a fallire quando, per ragioni non del tutto chiare, tutti i suoi animali morirono nel giro di breve tempo. Colpendo grazie alle sue prime opere l’attenzione del grande scultore Qian Shaowu, il creatore tra le altre cose della celebre statua di Sun Yat Sen che si trova seduta nel Palazzo della Memoria di Shenzen, quest’uomo originariamente lontano dalle luci e i rumori caotici della grande città iniziò quindi il tragitto che l’avrebbe portato ad acquisire larga fama internazionale. L’opera di Luo Xu, come per molti dei suoi insigni colleghi, viene quindi definita attraverso una serie di periodi, che lo hanno visto concentrarsi, di volta in volta, su un aspetto particolare in grado di colpire le fervide sinapsi della sua fantasia. Il più lungo ed influente dei quali è in genere individuato in quello delle cosce che rappresenta con reiterata maestria e proporzioni fantastiche in composizioni simili a fiori, alte torri ed installazioni situate a terra, tra cui i visitatori vengono incoraggiati ad inoltrarsi per scattarsi sorridenti fotografie commemorative. Un altro lungo periodo è stato quindi dedicato alla forma della foglia, che tanto spesso sembra trasformarsi in vulva come principio generativo del cosmo, situato come elemento dominante di statue vagamente antropomorfe prive di testa, braccia o altri elementi di rilievo: “Non c’è niente di sbagliato nel metterla al centro dell’attenzione…” L’autore è celebre per aver detto ai suoi accaniti detrattori, che più volte lo hanno accusato di oscenità: “…Persino Buddha è uscito da una vagina.”
La sua stessa opera architettonica, intrapresa soltanto a partire dagli anni ’90, lo ha portato ad esplorare tali forme straordinariamente suggestive. E non pochi hanno suggerito, osservando gli edifici del complesso del Museo Caleidoscopio, un possibile richiamo all’utero illuminato dalla luce di un mondo in paziente attesa.

Tra i periodi più atipici dell’opera di Luo Xu, quello dei suoi “cori” in terracotta, alcuni dei quali custoditi proprio tra le mura del Museo Caleidoscopio. Con dozzine o centinaia di figure, ciascuna con la bocca spalancata e contenente un piccolo altoparlante, per l’emissione di particolari canti o suggestivi richiami.

Molti sono i giovani creativi che il mondo di Internet ha elevato ad istantanea e brillante fama nella collettività che osserva, mentre comparativamente esiste un’intera generazione di artisti dai comprovati traguardi pregressi, la cui mera appartenenza ad una generazione troppo indietro ha precluso l’elevazione dinnanzi all’occhio telecamera digitale che ad un tal punto accresce e celebra ogni cosa.
Così l’opera archetipica ed iconica di personaggi come Luo Xu, facilmente diventati celebri nel loro paese d’appartenenza, resta nell’universo digitale legata ad uno specifico ambiente e soprattutto, una specifica lingua sconosciuta al vasto e irrigidito mondo della civiltà digitalizzata. Il che, di certo, potrebbe non aiutare a far conoscere in un primo momento i sicuri meriti turistici del nuovo improbabile ristorante, oltre a una cronologia più approfondita dell’artista. Ma le cose, molto spesso, cambiano con l’energia cinetica di quel possente turbamento atmosferico rotatorio, che ogni virus pandemico vorrebbe finalmente riuscire a spazzar via. Per far pronunciare agli accidentali (ed Occidentali) occupanti di un tornado dalle suggestioni stranamente erotiche, le salienti e memorabili parole: “Non sei più in Kansas, Dorothy.” Fai battere le punte delle scarpe. C’è un mago, ad aspettarti…

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