L’alato draghetto che dardeggia tra gli alberi della foresta asiatica meridionale

E quando l’uomo raggiunse l’assoluto predominio della terra, del mare, delle montagne, delle valli, dei fiumi e le pianure, si fermò per qualche generazione; egli ancora non era pronto, semplicemente, a rivolgere il suo sguardo verso il cielo. Così mentre la marcia dell’evoluzione (tecnologica) continuava la sua inarrestabile corsa, palloni aerostatici iniziarono a sollevarsi, quindi ali si spiegarono dai fianchi di scintillanti aerei, liberandosi dall’insistente tirannia del proprio peso gravitazionale ereditato. Perché quanto segue è quello che riesce a renderci, nell’opinione delle moltitudini, in qualche maniera “speciali”: la capacità di realizzare quanto ci sembra possibile, soltanto dal punto di vista teorico, verso l’ottenimento di uno stato o condizione che siano degni di essere considerati Migliori. Ma stiamo davvero parlando, in tali prototipiche circostanze, di una caratteristica dei soli ominidi discesi dalle scimmie dei primordi naturali? Poiché se il succedersi delle generazioni progressive ci ha donato, con notevole vantaggio, di un cervello tanto complesso e sofisticato, ancor più diretto verso il cielo quel processo è risultato per una particolare sottofamiglia delle lucertole agamidi, che includono per fare qualche esempio quella barbuta (pogona) il drago d’acqua cinese (P. cocincinus) e il compatto acantinuro dei deserti africani (Uromastyx a.). E poi ci sono loro, le Draconinae dotate di ali e addirittura una pinna di stabilizzazione collocata in corrispondenza della gola, che possono aprire o chiudere a comando neanche fossero una sorta di aeroplano a geometria variabile. Circa 40 specie differenti, benché alcune molto più comuni di altre e dotate di una serie di elementi e caratteristiche, che potremmo facilmente ritrovare disperse tra le sommità degli alberi dell’India, le Filippine e l’intero Sud-Est Asiatico. O ancor più facilmente, individuarle mentre balzano, come costituisce loro primaria prerogativa, dai rami protesi tra l’uno e l’altro, avendo cura di ricordare al mondo come il pavimento possa veramente essere lava, quando sei un rettile delle lunghezza di 20 cm circa che vive in un ambiente pieno di agguerriti e famelici predatori. Così che, per queste piccole e colorate creature, esistono soltanto due modalità: l’attività frenetica che le prepara al coraggioso balzo nell’infinito, o un assoluto stato d’immobilità mimetica, facendo affidamento sulla propria livrea generalmente specializzata nel ricordare la corteccia di particolari tipologie d’arbusti. Vedi il caso della Draco dussumieri della parte meridionale dell’India, che resta prevalentemente immobile per buona parte della sua giornata, facendo affidamento sul reiterato e prevedibile passaggio di letterali schiere di formiche arboricole, che divora con trasporto risucchiandole dentro la bocca dotata di denti piccoli e aguzzi, concepiti unicamente come ultimo strumento d’autodifesa. Almeno finché il suo cervello di rettile, per una serie di circostanze non sempre apparenti, non segnali che è giunto il momento di raggiungere un differente angolo del proprio territorio, portando allo spettacolare dispiegamento del patagium disteso tra costole specializzate, la membrana di pelle che permette all’animale di staccare tutte e quattro le zampe dal terreno solido, planando via verso destinazioni, anche piuttosto lontane: fino a 10 metri di distanza, in circostanze convenzionali, benché si abbiano notizia di lucertole che si sono dimostrate in grado di percorrere volando uno spazio anche tre volte superiore, grazie alla loro leggerezza inerente e la capacità di generare un elevato grado di portanza. Benché gli etologi sembrino dissentire, sostanzialmente, sul perché una simile situazione abbia avuto il modo e la ragione di verificarsi…

La ricercada parte di un naturalista del Draco dussumieri, con la sua pinna stabilizzatrice di un intenso color giallo, diventa nel romanzo di Poornachandra Tejaswi del 1980, Karvalo, una letterale metafora della condizione imperfetta dell’uomo sulla Terra. Almeno fino alla realizzazione finale, lungamente sofferta, della propria auspicabile realizzazione personale.

Molte delle nozioni di cui disponiamo in relazione a queste piccole creature, non particolarmente studiate a causa degli areali piuttosto remoti e l’estrema difficoltà nel catturarle, derivano quindi dalla già citata specie indiana ed il D. volans, l’altrettanto diffuso rappresentante del genus Draco che abita nelle Filippine e nel Borneo. Mostrato con trasporto, in molti momenti culmine di documentari tematici sull’argomento, mentre decolla in tutta fretta dai rami degli alberi sfuggendo per il rotto della cuffia all’assalto di vari predatori, che possono includere serpenti, uccelli e macachi. Mentre in almeno un caso tra quelli documentati mostrati su YouTube, tale scelta sembrerebbe derivare dal bisogno di lasciare il passo ad un maschio rivale. Ora, anche tralasciando il bisogno di spettacolarizzare che deriva dall’esposizione divulgativa effettuata mediante la TV, secondo alcuni rinomati studiosi dell’animale (vedi Hairston, 1957) tale interpretazione risulterebbe formalmente scorretta. Proprio in tali trattazioni pregresse, infatti, si parla di un istinto della fuga che porterebbe la piccola agamide sempre ad arrampicarsi verso l’alto nel momento del bisogno, piuttosto che lanciarsi in un arco affrettato che potrebbe idealmente condurla fino al suolo. Lasciando la tecnica del volo al solo bisogno di spostarsi tra un albero e l’altro, mediante l’impiego di traiettorie studiate ed attente, ulteriormente stabilizzate grazie alle piccole “ali ausiliarie” affini alla soluzione aeronautica del canard, collocate in talune specie ai lati della testa affusolata ed aerodinamica durante la planata.
Esiste in effetti un solo caso in cui le lucertole volanti entrino in contatto con il fondo foglioso della foresta, che coinvolge il solo esemplare femminile lievemente più grande e forte, qualche tempo dopo il concludersi dell’atto riproduttivo. E al sopraggiungere del bisogno, particolarmente riconoscibile, di deporre le proprie uova, che appaiono in quantità di cinque nel caso del D. volans e vengono preferibilmente seppellite in una piccola buchetta, attentamente scavata con la bocca ed il mento da parte dell’attenta lucertola, prima di far ritorno alla sicurezza del proprio ambiente arboricolo elettivo. I piccoli, già perfettamente formati e indipendenti nonché capaci di arrampicarsi, usciranno dopo un periodo approssimativo di 32 giorni per iniziare la lunga caccia d’insetti necessaria a garantirgli una considerevole probabilità di sopravvivenza.
Con il progressivo raggiungimento dell’età riproduttiva, quindi, le lucertole inizieranno a dividersi secondo la propria indole spiccatamente territoriale: un maschio dominante ogni tre-quattro alberi, con un harem di tre o quattro femmine. Status mantenuto mediante gli appassionati duelli, culminanti spesso nell’esibizione con apertura ritmica delle ali e la pinna golare, che risultano proprio in funzione di ciò caratterizzati da notevoli livree variopinte.

Molti degli scenari mostrati nei documentari sulla natura risultano essere, necessariamente, abbelliti a vantaggio della telecamera. Non che ciò basti a privarli di una sostanziale, ed insostituibile valenza divulgativa nei confronti del pubblico generalista.

Corsi e ricorsi, guerra tra le specie finalizzata a una continua ricerca di armamenti, ovvero tecnologie, funzionali ad uno scopo ulteriore d’accrescimento e raggiungimento degli obiettivi finali. In tal senso i piccoli animali, con le loro generazioni più rapide, potrebbero definirsi ancor più capaci di adattarsi alle condizioni mutevoli dell’esistenza, rispetto all’uomo che è anche la causa, spesso involontaria, di tali processi inarrestabili di cambiamento.
Perciò non c’è nulla per la lucertola alata, dell’elevato grado di sofisticazione dei duelli aerei che possiamo rintracciare nei grandi conflitti del Novecento, bensì un puro e semplice bisogno di spostarsi da un luogo all’altro. Che tanto spesso ed evidentemente a torto, avevamo giudicato insufficiente a spingere nella giusta direzione la marcia del progresso. Ed è forse proprio questo, l’insegnamento che potremmo trarre dai draghi: aspettare pazientemente, seduti sui nostri aurei tesori, confidando nel fatto che un achilleo mirmidone prima o poi, verrà. Vestito di tutto punto nella sua scintillante armatura e con scudo e la spada-apriscatole, assai convenientemente fornita in dotazione…

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