Con un tranquillo sbadiglio, il nobile conte e la contessa di Herefordshire si svegliarono all’interno della stretta cabina, prelevando i cappotti dalla valigia riposta sotto il letto inferiore. Scostando la pesante tenda che separava tale ambiente dalla grande sala da pranzo comune con arredo rigorosamente in vimini, fecero la breve passeggiata fino al tavolo leggiadro della prima colazione, per cui gli vennero serviti degli ottimi pancake, salsiccia, pomodoro, uova e bacon. Salutando gli altri membri della nobiltà che stavano gradualmente scendendo dalle ornate scale del corridoio superiore, non dissimile da quello di una nave da crociera, e finito di bere il tè si alzarono quindi per recarsi fino alla finestra della sala panoramica antistante. Il sibilo del vento, lì, si udiva percuotere le grandi finestre semi-rigide, mentre le nubi iniziavano progressivamente a diradarsi. Il conte e la contessa, con espressione affascinata, aspettarono pazientemente alcuni minuti. Finché le cime frastagliate dei monti Appalachi, coperte da splendenti cappucci di neve, non fecero una magica comparsa al di sotto dei loro piedi…
A seguito della ribellione dei coscritti indiani contro i funzionari della Compagnia delle Indie Orientali nel 1858, da cui derivò un cruento intervento di ritorsione da parte della Corona Inglese, per il controllo e la riconquista dei territori del subcontinente, le due parti belligeranti si trovarono nel 1877 ad organizzare una grande assemblea, denominata il Durbar di Delhi. In tale circostanza, la sovrana Vittoria fu qualificata come superiore al Raj d’India, posizione per la quale si trovò a ricevere il titolo di regina-imperatrice; una circostanza, particolarmente rara in quell’epoca, da cui sarebbero derivate notevoli opportunità di crescita politica ed economica per la Gran Bretagna. Ma i problemi , per un simile dominio dove letteralmente non tramontava mai il Sole, erano tutt’altro che finiti: ogni ordine o dispaccio, per non parlare dei messaggi rivolti a familiari o funzionari all’altro lato dell’Eurasia, tendeva infatti a richiedere svariate settimane o diversi mesi, inficiando in modo significativo ogni possibile ricerca sistematica d’integrazione. Ci vollero tuttavia ulteriori 44 anni, una grande guerra e la successione di Edoardo VII e suo figlio Giorgio V, affinché il livello tecnologico e le potenzialità organizzative in essere potessero suggerire la ricerca di una soluzione alternativa. Grazie all’intervento propositivo, nel corso dell’importante Conferenza Imperiale del 1921, dell’agente generale della Tasmania A. H. Ashbolt, per la costituzione di una compagnia statale di trasporti aerei operativa grazie all’impiego dei più grandi aeromobili che fossero mai stati costruiti fino a quel momento. Velivoli non creati per tagliare l’aria con le loro ali, come i rudimentali, rumorosi ed insicuri aerei di quei tempi, bensì galleggiare al di sopra di essa, sfruttando la tendenza naturale delle enormi quantità di gas contenute al loro interno.
L’efficienza dei dirigibili era in quel momento storico particolarmente chiara ai britannici, in seguito ai reiterati bombardamenti condotti dal Kaiser Guglielmo II nel corso del primo conflitto mondiale, mediante l’impiego delle temute cinque navi dei cieli costruite dal conte Zeppelin, capaci di volare tanto in alto da sfuggire al fuoco della contraerea ed i biplani che tentavano d’intercettarli. Fu dunque deciso, in maniera pressoché immediata, che anche l’Impero avrebbe avuto i suoi (inizialmente) due giganteschi Leviatani dei cieli, e che sarebbero stati costruiti rispettivamente e nel tempo più breve possibile, uno dalla compagnia privata Vickers grazie all’opera dell’ingegnere aeronautico Barnes Wallis e l’altro dallo Stato stesso, sotto il comando del baronetto Dennistoun Burney. Apparecchi il cui destino, in effetti, non avrebbe potuto essere più diverso…
Il concetto dei dirigibili R100 ed R101 era quello di poter disporre di un sistema affidabile per trasportare una quantità approssimativa di 100 passeggeri, con tutti i loro bagagli, fino alle più remote destinazioni poste sotto il controllo della bandiera inglese, il Canada e l’India. A tal fine, le aeronavi avrebbero avuto un peso approssimativo di 18 tonnellate, con una lunghezza superiore ai 200 metri, atta a contenere intorno ai 5 milioni di piedi cubici di gas fluttuante. Fin da subito, tuttavia, i due progetti cominciarono a differenziarsi: in primo luogo per l’impiego di un propellente di tipo radicalmente diverso. Per l’R101, destinato a recarsi presso un paese tropicale, si riteneva infatti che la comune benzina avrebbe potuto rivelarsi eccessivamente propensa ad incendiarsi, portando alla scelta di sostituirla con il carburante diesel. A tal fine venne perciò progettato un nuovo tipo di motore derivato dal mondo ferroviario, dal nome di Beardmore Tornado, destinato a dare non pochi problemi di affidabilità e peso. Ogni aspetto, nel concetto di un pallone rigido complessivamente più leggero dell’aria, doveva tenere conto del risparmio di tale aspetto, direttamente interconnesso all’efficienza e praticabilità dei lunghi tragitti auspicati nel loro immediato e difficile futuro, soprattutto vista l’assenza dello stesso ingegnoso sistema d’alleggerimento strutturale, in uso negli Zeppelin tedeschi, con cavi in tensione simili ai raggi di una bicicletta. Entro l’ottobre del 1929, la creazione del Ministero dell’Aria prese quindi finalmente il volo, dando inizio ad una serie di tragitti di prova tra il suo cantiere Cardington, in Bedfordshire, e la città di Londra. L’R101 si rivelò tuttavia sbilanciato ed insufficientemente performante, motivando il perfezionamento della sua struttura, mediante l’inserimento di un ulteriore sacca d’aria e conseguente allungamento dell’intera struttura. Nel frattempo l’R100 disegnato dal celebre Wallis, progettista destinato a diventare celebre durante la seconda guerra mondiale per l’invenzione della cellula aeronautica geodetica e le bombe rimbalzanti dell’operazione Dam Busters, rivelò al mondo tutti i vantaggi del suo modello di tipo maggiormente convenzionale, completando agevolmente le sue missioni alla velocità considerevole di 68 Km/h. Così che, entro il luglio del 1930, venne deciso per la sua prima lunga traversata dell’Oceano Atlantico fino ai domini canadesi, destinata a richiedere un tempo approssimativo di 78 ore.
L’effettivo ambiente interno di un tale dirigibile, precedentemente noto solo grazie ad alcuni disegni e foto rovinate dal tempo, può quindi essere apprezzato pienamente nei pochi, efficaci rendering del canale Airship Heritage Trust, che il membro dell’associazione Marshall Young ha realizzato colmando una notevole lacuna della percezione contemporanea di quel gigante. I significativi comfort, nonostante l’esigenza di ridurre il peso e le due vaste aree per l’osservazione del mondo stesso, che scorreva in modo regolare sotto il ventre della creatura. Una funzione destinata a ricevere particolare entusiasmo e celebrazione, nel corso dei tragitti esplorativi compiuti in territorio canadese nelle settimane, nonostante alcuni piccoli incidenti e contrattempi, fino al glorioso ritorno in patria presso gli hangar di Cardington, entro la fine di quell’anno. Non prima, tuttavia, che il dirigibile “socialista” R101 (il suo compagno veniva chiamato scherzosamente “capitalista” per lo stile maggiormente conservativo del progetto) venisse frettolosamente inviato a compiere anch’esso il suo glorioso viaggio, affinché nessuno potesse dire che lo stato e la corona inglese si erano dimostrati inferiori all’opera di un fornitore esterno. Un’idea destinata a rivelarsi, ahimé, terribilmente prematura…
Il problema della prima parte del Novecento è che straordinarie opere ingegneristiche, molto spesso, non venivano accompagnate dalle moderne pratiche di prevenzione e sicurezza, poiché semplicemente determinati incidenti non avevano ancora avuto modo di verificarsi. Con il disastro dell’Hinderburg ancora sette anni nel futuro, il mondo intero non pensava semplicemente che un grande dirigibile potesse improvvisamente autodistruggersi, per le ragioni più diverse e difficili da prevedere. E fu così che nella notte tra il 4 ed il 5 ottobre del 1930, mentre sorvolava la Francia dopo un volo di circa 10 ore attraverso pioggia e vento, l’R101 iniziò a perdere rapidamente quota, finendo per schiantarsi in mezzo alla campagna. Un disastro letteralmente spropositato, tale da costare la vita a 48 delle 54 persone a bordo, molte delle quali rappresentanti dell’alta società e i politici fautori del progetto stesso della Compagnia di Volo Imperiale. L’esatta causa del disastro, tra l’altro, non sarebbe mai stata determinata, con un ventaglio di possibilità che vanno dalla rottura di una delle sacche di gas con conseguente destabilizzazione del velivolo, al calo di potenza dei motori durante una serie di raffiche di vento verso il suolo, fino all’errore umano del timoniere. Fatto sta che l’impressione notevole che un tale evento ebbe sul Parlamento, nonostante il successo precedente dell’R100, avrebbe portato alla cancellazione dei successivi dirigibili previsti, destinati ad essere ancor più grandi dei primi due. Accantonato per parecchi anni dentro il suo hangar di Cardington, anche l’R100 sarebbe stato quindi smontato e venduto per il riutilizzo dei materiali, entro il novembre del 1930.
Quale mondo abiteremmo oggi, dunque, se soltanto uno o due dirigibili fossero riusciti ad evitare il verificarsi del proprio prototipico disastro? Se il gas idrogeno, più economico e facile da sfruttare dell’elio, fosse stato appena un po’ meno incendiabile, se l’intestino di mucca impiegato all’inizio per la costruzione delle sacche avesse avuto doti di non permeabilità lievemente superiori… Forse, dopo tutto, gli aerei sarebbero stati definiti come una nota a margine nel resoconto storico dell’aviazione. Ed oggi pranzeremmo in ghingheri nelle capienti sale panoramiche, all’interno di veri e propri galeoni dei cieli.