Piccolo prototipo israeliano dimostra le capacità robotiche del basilisco

Notevole riesce ad essere la quantità e il tipo di doveri, verso il prossimo e la collettività, che ricadono sopra le spalle di colui che sa perfettamente di essere la manifestazione terrena del figlio di Dio. Una moltiplicazione dei pesci la mattina, Lazzaro all’ora di pranzo, raccontare parabole fino all’ora vesperina sul finire di una lunga e impegnativa giornata d’insegnamenti… Proprio per questo, Egli aveva ricevuto, in dotazione alla sua penultima venuta sulla Terra, un’utile capacità di galleggiamento: affinché potesse, durante le trasferte, accorciare il tragitto per quanto possibile, tagliando al di là dei laghi e fiumi della Palestina in trepidante attesa di essere salvata. Ecco dopo il trascorrere di un paio di millenni, il nome di Gesù si è ritrovato attribuito per antonomasia (con intento, se vogliamo, un po’ prosaico) alla particolare lucertola Basiliscus basiliscus, famosa per l’abilità di camminare, o per meglio dire correre, senz’affondare fino al raggiungimento di un’idonea quantità di metri dal pericolo di un predatore in agguato. Eppure assai difficile, per non dire quasi presuntuoso, sarebbe pretendere di attribuire a una simile capacità il singolo intento utilitaristico della sopravvivenza, quando appare anche a noi palese la quantità di gioia e incontenibile soddisfazione, che scaturiscono dal puro gesto di violare le apparenti leggi della fisica, sfidando ciò che viene normalmente dato per scontato nella relazione tra i fluidi e la materia. Le convezioni, d’altra parte, possono essere cattive consigliere. In modo particolare per chi ha ricevuto l’importante ispirazione, e l’irrevocabile mandato, d’innovare il mondo tecnologico e ogni sua profonda implicazione per il bene dell’umanità. Il Dr. David Zarrouk del Laboratorio di Robotica Medica e Bio-mimetica dell’Università di Ben-Gurion del Negev, già famoso per la lunga serie d’intriganti dimostrazioni digitalizzate su YouTube dei suoi più affascinanti lavori, ha pubblicato a tal proposito verso la metà della scorso mese l’ultimo progetto fuoriuscito dalle sue officine del pensiero pratico, il quinto robottino insignito dell’onore di far parte della sua rinomata serie STAR (probabile acronimo, di cui nessuno sembra conoscere il significato) per lo spostamento pratico attraverso i differenti elementi dell’universo tangibile e terreno. Niente ali di colomba come un’angelo o demoniache parti anatomiche di pipistrello, dunque, bensì l’approssimazione funzionale delle lunghe ed agili zampe del deiforme rettile, più rapido dei molti coccodrilli che percorrono lo spazio del suo habitat nella Colombia e nel Costa Rica.
AmphiSTAR è dunque il mezzo radiocomandato, ancora privo di un intento chiaro come tanti orpelli simili prodotti grazie al mondo accademico e scientifico, che si dimostra altrettanto valido nel procedere su terra ed acqua, grazie al sistema deambulatorio che non presenta l’uso di ruote, né arti meccanici in senso classico, bensì due paia di pratiche ruote a pale, concettualmente non dissimili dal concetto da quella utilizzata nella stereotpica imbarcazione sul fiume Mississippi. Ma che a differenza di quest’ultima si dimostrano altrettanto utili a spostarsi sulla terraferma, grazie alla capacità di direzionamento data in concessione dal meccanismo estensibile su cui sono state montate. In tal senso, l’ingegnoso robot “Capace di entrare facilmente nel palmo di una mano” (misura questa, a quanto pare, corrispondente a 22 cm di lunghezza) può essere paragonato ad una sorta di Gesù inverso, trasferendo un tipico mezzo deambulatorio del mondo liquido anche dove tale classe o spazio fisico dovrà lasciare il passo alla dura terra battuta. Senza subire neanche il benché minimo rallentamento, nell’interfaccia spesso problematica in cui termina uno spazio, per dare inizio all’altro…

Il probabile successo acquisito presso il pubblico della versione volante dello STAR è probabilmente riconducibile alla sua immediatezza concettuale. Di questi tempi, dopo tutto, chi non sa riconoscere immediatamente un quadricottero, quando lo vede?

Un approccio alla risoluzione dei vigenti presupposti che parrebbe aver già attratto l’attenzione, come spesso capita, di menti inclini all’applicazione militare di ogni potenziale progresso tecnologico dell’odierna comunità creativa. Perché contrariamente alla maggior parte dei precedenti prodotti del laboratorio di Zarrouk, di contro, l’AmphiSTAR presenta l’evidente capacità di continuare a funzionare altrettanto bene o addirittura meglio su una scala maggiorata, diventando in questo modo il più importante margine di miglioramento da decenni per il tradizionale concetto di un mezzo per le operazioni di sbarco. Persino superiore, potenzialmente, all’hovercraft con le sue significative esigenze di mantenimento e consumo del carburante, vista la possibilità, chiaramente dimostrata nel video, d’includere sotto il corpo centrale dell’ipotetico veicolo una coppia di utili galleggianti (in via preliminare, palloncini) che permettano allo stesso di fermarsi senza perdere per questo la propensione a mantenere i propri componenti, l’elettronica ed (eventuali) occupanti umani all’asciutto. É questo un’approccio ed uno stile di ridondanza che potremmo rilevare come invidiabile anche dal punto di vista del piccolo basilisco, che una volta raggiunta l’età adulta e in funzione dell’inevitabile aumento di peso, perde almeno in parte la propria miracolosa propensione a farsi lieve-lieve, riducendo a pochi metri il tragitto percorribile mentre procede verso l’ultima destinazione e la salvezza dalle fauci spalancate di turno.
Ma il veloce robottino dal peso di 265 grammi, in grado di raggiungere i 3,6 metri al secondo sulla terra e 1,5 sull’acqua, è stato anche paragonato dai commentatori ad una sorta di scarafaggio, per la propensione tipicamente artropode di superare in modo significativo la sveltezza normalmente attribuita a una creatura dalle dimensioni tanto contenute. Capacità comune a molti degli altri rappresentanti della serie israeliana STAR, incluso il più celebre, nonché protagonista del video più guardato sul canale di Zarrouk, che vede l’impiego ed il saliente utilizzo del Flying STAR, una sorta di drone capace di ribaltare i suoi attuatori elettrici, per poggiare sul terreno le corrispondenti ruote poste all’altro lato di ciascuna delle eliche impiegate successivamente al decollo. Verso l’ottenimento di una creatura artificiale che, una volta abbandonato ogni proposito biomimetico (quale animale potrebbe mai fare niente di simile?) diventava l’evidente dominatrice di ben due elementi inclusa l’auspicabile spazio aereo, sebbene al costo di un dispendio energetico indubbiamente superiore a quello della più recente applicazione anfibia della stessa idea di partenza. Tralasciando le solite aspirazioni e applicazioni future di tali apparati, ingegneristicamente vaghe, che includono come da copione la perlustrazione e l’invio di soccorsi in caso di disastri naturali, possiamo d’altro canto individuare una più immediata funzionalità nell’altra classe di robot creati grazie all’opera del buon dottore, quelli rispondenti alla branca “medica” del suo laboratorio. Versioni più elaborate e per certi versi controllabili della grossa pillola endoscopica con telecamera remota, recente progresso tecnologico nel campo delle osservazioni compiute all’interno del corpo umano, ipoteticamente capaci addirittura di fermarsi in determinati punti del loro percorso, provvedendo all’ipotetico rilascio di medicinali mirati. Una visione certamente avveniristica per (l’immediato?) futuro, che tuttavia non riesce a raggiungere neppure il vicinato di quanto proposto con alcune delle sue proposte più ambiziose, con veri e propri micro-serpenti o tenie artificiali in grado di percorrere agilmente l’intestino umano. Proprio come se fossero venuti al mondo, soavemente, tra le valli e i villi di un ambiente tanto ricco d’evidenti opportunità di rendersi utili per il paziente…

Rapido e sapiente cercatore di lesioni, formazioni o altre indesiderabili nozioni, il sinuoso verme si avventura nell’idea soltanto paventata di un angusto labirinto intestinale. Di sicuro, possiamo soltanto sperare che questo prototipo abbia dimensioni assai superiori, rispetto sua versione destinata ad affrontare simili sinuose avventure all’interno del corpo umano.

Risulta essere a questo punto chiaro come, a differenza della scienza puramente teorica, l’applicazione pratica della tecnologia sia un processo progressivo fatto derivare dal bisogno quotidiano di affrontare semplici problemi, portandoli a una conclusione che sia in qualche modo valida e soddisfacente.
Da questo punto di vista, l’imitazione dell’intento e i metodi del Salvatore non dovrebbero in alcun modo sembrarci sacrileghe, bensì una ragionevole applicazione dei princìpi dimostrati durante il periodo trascorso tra gli impenitenti peccatori terreni. Affinché una volta che si compia il suo atteso ritorno, sia possibile raggiungerlo nel centro di un così vasto e piatto lago. Senza restare all’improvviso immobili per il senso di colpa, come statue di pietra, create dallo sguardo mitologico del basilisco di Aquisgrana.

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