Lungo è il baffo dell’uccello che compete contro quelli della sua signora

“Mi stai prendendo in giro! Ma che razza di pinguino è quello?” Esclamò Lauren, all’indirizzo del capannello che costituiva l’animo e il significato della festa. Uno strano compleanno, il mio, che avevamo scelto di trascorrere sbarcando presso la Isla Lobos de Tierra, situata a 19 Km dalla costa del Perù. Iniziativa di dubbia legalità, dato lo status di santuario protetto popolato da una ricca varietà d’uccelli, molti dei quali soggetti a un rischio d’estinzione incipiente. Ma non lui, almeno non troppo a breve! Pensai, mentre impugnando il binocolo d’ordinanza per chi naviga in mare, spostavo lo sguardo dalla compatta barca da diporto verso l’entroterra distante, oltre l’alta montagna di guano. Per scorgere la piccola figura color grigio d’ebano, alta circa 40 cm, incorniciata tra le rocce proprio in mezzo alle sagome riconoscibili dei pinguini di Humboldt. Un uccello dal becco arancione scuro, la cui sagoma, persino ad una simile distanza, presentava almeno due tratti distintivi degni di nota: piccole macchie gialle sotto gli occhi, ed a partir da quelle, lunghe piume candide e arricciate, simili per forma ai famosi baffi dell’artista Salvador Dalì. “È una sterna, mia cara, della specie più particolare e riconoscibile della sua intera famiglia. Larosterna inca, uccello unico al mondo!” Mentre tentavo di metterlo a fuoco nella migliore possibile, il volatile dall’aria elegante si alzò d’un tratto in volo, puntando dritto verso il tratto di mare diametralmente opposto alla nostra posizione. Con poche agili falcate delle sue ali di gabbiano, passò sopra le nostre teste, tuffandosi agilmente in mare. Il cerchio, per un piccolo abitante con le pinne dell’azzurro ed infinito mare, a quanto sembrò in quel momento, si era compiuto…
Le leggende del popolo degli Inca, fondatore di uno dei più vasti imperi pre-colombiani, parlano di un creatura leggendaria simile ad un drago delle civiltà europee, chiamata Amaru. Esso aveva due teste, una d’uccello e l’altra di puma, con ali piumate ed una lunga coda di serpente. Ma soprattutto, l’abitudine insolita di vivere all’interno di caverne sotterranee, occultato agli occhi dell’umanità incostante, finché ritornava per portare in essa il rammarico e il timore nei confronti degli Dei. Caratteristica, quest’ultima, che possiamo ritrovare nello stile di vita della più famosa terna sudamericana, portata dal suo istinto a nidificare in terra nei pertugi più nascosti del vicino entroterra sudamericano, a patto che sia ancor possibile sentire il rumore del mare. Il che la porta, tanto spesso, ad approfittare proprio nelle tane scavate tra il terriccio e il guano ad opera dei più imponenti pinguini. Sebbene siano tra i più grandi e voraci rappresentanti della loro famiglia, necessitando di un continuo accesso ai branchi di anchovetas, le anguille Engraulis ringens oggi tanto spesso oggetto di pressione ad opera dell’industria della pesca contemporanea. Il che ha contribuito, di contro, a ridurre progressivamente l’habitat inerentemente adatto alla sopravvivenza continuativa di questi uccelli non particolarmente inclini alla migrazione, fino ad alcune specifiche isole presso il lato del Pacifico dell’America Meridionale. Col che non voglio dire che ve ne siano particolarmente pochi, allo stato corrente delle cose, vista la popolazione stimata dalla IUCN attorno ai 150.000 esemplari, capaci di donare una qualità riconoscibile al verso estremamente udibile di questa specie piena d’energia. Che la letteratura scientifica ama paragonare al miagolìo di un gatto, nonostante alle mie orecchie suoni assai più simile a un’orchestra infernale…

Il trillo roboante delle sterne inca, quando tutte assieme, risulta particolarmente scoordinato e lungo nel tempo. Al punto da ricordare, in maniera totalmente fuori dal contesto, la riconoscibile risata del kookaburra (gen. Dacelo) d’Oceania.

La sterna inca, strettamente interconnessa al territorio reso freddo dall’estendersi della corrente di Humboldt, fa parte di quel gruppo di animali le cui fluttuazioni di popolazione vengono influenzate dai corsi e ricorsi della perturbazione meteorologica di El Niño e particolarmente le propaggini meridionali della stessa, capaci di causare in certe annate la mancata riuscita dei suoi processi riproduttivi. In assenza di elementi esterni, tuttavia, l’uccello mostra la capacità di ricostituire il proprio numero sfruttando annate particolarmente fortunate, grazie alla propensione per l’accoppiamento anche due volte l’anno. Il che avviene, generalmente, in luoghi isolati e irraggiungibili, scelti appositamente per nascondere le due o tre uova color verde oliva dalle attenzioni di potenziali predatori di terra, nativi oppure introdotti, come cani, gatti o ratti neri. Successivamente alla schiusa di queste ultime, che non richiede in genere più di 21-28 giorni, i due genitori esteriormente indistinguibili faranno a turno per portare il cibo ai piccoli, proteggendoli dal potenziale attacco degli uccelli carnivori, inclusi eventuali rappresentanti della stessa specie. I nuovi nati, quindi, di colore grigio chiaro e privi ancora delle caratteristiche piume facciali, si dimostreranno estremamente precoci ed abili nella pesca dopo un periodo di appena quattro settimane, per iniziare una lunga e indipendente vita, in grado di estendersi fino agli stimati 34 anni di età, benché difficilmente i dispositivi di tracciamento usati dai naturalisti riescano a durare abbastanza da esserne del tutto certi. La L. inca, per quanto concerne l’attività sociale, è un uccello fondamentalmente gregario e mai territoriale, che può scegliere di vivere anche in gruppi di centinaia, se non addirittura migliaia di esemplari. E più di una località portuale nei territori cileni o peruviani è venuta direttamente a contatto, negli anni recenti, a veri e propri stormi di questi eleganti esseri, naturalmente inclini ad appoggiarsi sopra le strutture costruite dagli umani, data la poca predisposizione innata al galleggiamento. Un curioso studio condotto nel 2017 da scienziati dell’Istituto di Ricerca Oceanica Helmholtz presso la Isla di San Lorenzo, in modo particolare, ha riportato come le unità d’isolamento ed osservazione del plankton galleggianti usati in quel contesto fossero diventati dei trespoli particolarmente amati dalle magnifiche sterne baffute, alterando sensibilmente con il loro guano la microfauna contenuta nello spazio di ciascun mesocosmo.
Dal punto di vista dell’approfondimento scientifico dell’uccello stesso, d’altra parte, non poche trattazioni sono state scritte in merito all’effettiva funzione del caratteristico mustacchio, collocandolo all’interno di uno spazio concettuale insolito per la biologia aviaria. La presenza di un così caratteristico elemento, tanto dispendioso dal punto di vista evolutivo sia nei maschi che nelle femmine della specie, basta infatti a collocarlo in uno spazio estremamente distintivo dell’ecologia pennuta, almeno finché non si consideri la casistica piuttosto rara di una selezione reciproca tra maschio e femmina, al fine di generare una prole il più possibile resistente. Certamente rilevante, a tal proposito, lo studio del 2001 di A. Velando et al, che sottoponendo ad attenti sondaggi le popolazioni di sterne della Reserva Nacional de Paracas, ha rilevato una maggiore probabilità di sopravvivenza per i pulcini nati da genitori coi baffi più lunghi, facendo di questi ultimi una caratteristica collaterale alle capacità di provvedere per il loro benessere da parte della coppia che li ha messi al mondo. Sempre a patto, s’intende, che le condizioni climatiche o l’interferenza antropogenica non porti il proprio contributo deleterio a tal fine.

Come dimostrato da questo piccolo pulcino del Penguinarium dello zoo dell’Oregon, le sterne in generale si adattano piuttosto bene alla vita in cattività. Fatta eccezione per il gruppo di 22 uccelli, sfuggito lo scorso settembre dalla voliera del Parco Planckendael durante una tempesta, andando incontro a un probabile triste destino durante il freddo inverno d’Olanda.

Tanto caratteristici ed inusitati da non essere stati inseriti in origine all’interno della stessa famiglia delle sterne, questi uccelli vi trovarono la necessaria collocazione solamente attorno creazione di un sistema tassonomico maggiormente omni-comprensivo nel XIX secolo, ad opera della figura ricorrente di Charles Lucien Bonaparte, il naturalista discendente del solo ed unico Imperatore di Francia. Ciononostante, il genere resta del tutto monotipico come anche quello degli Anous o noddies, piccoli uccelli pescatori che incidentalmente sono gli unici altri laridi pescatori dotati di un piumaggio tendente al nero, una caratteristica normalmente associata ai volatili che si nutrono di prede sulla terraferma. Risulta perciò particolarmente difficile immaginare una di queste insolite creature, come il soggetto del famoso verso del poema religioso in Vecchio Inglese del Libro di Exeter (X secolo d.C.) intitolato Il Navigatore, che affermava come monito ai colleghi:

I took to myself as pleasure,
the gannet’s noise
and the voice of the curlew
instead of the laughter of men,
the singing gull
instead of the drinking of mead.
Storms there beat the stony cliffs,
where the tern spoke,
icy-feathered; […]
Diventò per me un piacere
il verso della sula
e la voce del chiurlo
invece che il riso degli uomini,
il canto del gabbiano
piuttosto che bere idromele.
Tempeste battono le scogliere
dove la terna ha parlato,
con le piume gelate; […]

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