Quando splendenti galeoni meccanici percorrevano le tavole degli elettori di Sassonia

“Per l’Augusto padrone di tutti e sette i Lunghi Mari!” Esclamò con voce roboante il capitano, rivolgendosi al cocchiere sulla tolda della Ludwigslust, osservando nello stesso tempo l’orologio di bordo e l’ingombro passaggio da percorrere verso l’obiettivo finale di quel viaggio avventuroso: “Si preannuncia una difficile giornata”. Rivolgendosi al nostromo fece quindi il cenno, chiaramente noto a tutto l’equipaggio, di dare inizio allo spettacolo: “Quest’oggi riusciremo, finalmente, nell’impresa!” Esclamò tra se e se, gettando per un attimo uno sguardo verso il suo più prezioso passeggero, l’Imperatore Carlo V in persona, assiso sotto l’albero maestro sul suo trono dorato. Con un lieve sobbalzo in avanti, il vascello iniziò quindi a muoversi in mezzo alle torreggianti rocce trasparenti dello stretto mare, ciascuna ricolma di un liquido dalla colorazione differente, mentre un suono tintinnante risuonava oltre le murate scintillanti del galeone: “Non si preoccupi signore” fece l’uomo che stringeva con espressione concentrata il timone: “Abbiamo soltanto urtato un pesce cucchiaio. O forse si trattava di uno squalo coltello?” Dopo qualche ora di navigazione, tuttavia, la loro situazione iniziò a farsi chiara. Figure dai biondi capelli si stagliavano distanti tra la nebbia, come i titani dell’antica mitologia. Alcuni, i meno alti, gridavano con entusiasmo nella loro lingua incomprensibile, scuotendo i marinai nella coffa. I fuochi di candela, alti come vulcani, tremolavano nell’aria lieve della sera. “Avanti con l’orchestra, facciamoci sentire!” Gridò allora il capitano, mentre l’equipaggio, come un sol uomo, tirò fuori i suoi strumenti musicali. Trombe sul ponte, tamburi sopra gli alberi. Qualcuno, nelle viscere della stiva, sembrò aver messo in moto un potente motore spieldose, o come lo chiamavano i francesi, carillon. Era il segnale, naturalmente. In quel preciso istante, la porta della cabina principale si spalancò, mentre un insigne processione iniziò a rendere i suoi omaggi all’immobile, assorta figura di Carlo V. Per primo, chiaramente, l’arcivescovo di Magonza. A cui fece sèguito il duca di Sassonia. Quindi giunse il margravio di Brandeburgo, e dietro di lui, il conte palatino del Reno. Nostromo e timoniere volsero lo sguardo brevemente a un tale insigne convegno, mentre i loro petti si gonfiavano d’orgoglio, per un rito tanto spesso ripetuto nella storia operativa del galeone. Ma non c’era di sicuro il tempo di distrarsi, quando il capitano gridò con enfasi: “Obiettivo in vista, armare il cannone principale!” Come un solo uomo, gli addetti all’arma si affollarono attorno alla grande bocca di drago di prua, l’arma principale della Ludwigslust. Che si trovava, in quel momento, puntata verso un’alta e indistinguibile figura. “È lui, è lui, il falso Dio-Imperatore!” Gridò qualcuno, e poi: “Per Augusto, che il nostro colpo possa trafiggere il suo cuore…” Aggiunse l’artigliere, che ad un semplice quanto drammatico gesto del suo ufficiale al comando, tirò la corda utilizzata per fare fuoco. Un suono roboante scosse il vascello dal profondo, con un rinculo possente in grado di farlo arretrare per almeno un quinto della sua lunghezza. E mentre la nebbia e il fumo iniziavano, finalmente, a diradarsi, la scena si fece più chiara. Innanzi alla prua c’era lui, l’odiato Rodolfo II d’Asburgo. Alto come dieci torri dell’orologio a Norimberga, con un’espressione stranamente deliziata e compunta. Quindi, almeno in apparenza completamente illeso, il nemico invincibile iniziò lentamente a battere le mani. Ben presto gli altri giganti, che ormai circondavano la nave, iniziarono a fare lo stesso, ridendo ed emettendo orribili schiamazzi. E fu giusto allora, che l’equipaggio della nave d’oro ricordò la natura ciclica del suo destino…

La Schiffsautomat (nave meccanica) del museo Kunstkammer di Vienna, anch’essa attribuita a Hans Schlottheim e datata al 1585 come il nef del British, è stata completamente restaurata nel 2013, ritrovando almeno in parte l’effetto meravigliosamente animato dei sui occupanti.

Il galeone meccanico di Hans Schlottheim (1585 ca.), tra i tesori più affascinanti del Rinascimento custoditi entro le poderose mura del British Museum, occupa dal 1866 il posto d’onore nella vetrina centrale di quella che prende il nome di stanza degli orologi. Per una qualifica che gli si addice data la presenza, facile da trascurare visto il suo progetto pomposo e altisonante, di un piccolo quadrante posto al centro del castello centrale. L’intero automa in rame dorato e altri metalli, misurante 78,5 centimetri di lunghezza per 104 d’altezza, costituiva quindi un tipo d’oggetto noto alla corte del Sacro Romano Impero come “nef“, ovvero un ornamento scenografico per la tavola, generalmente a forma di nave, da usare in occasione dei più formali e prestigiosi banchetti. Schlottheim, che ne fu l’autore e non il committente, era un rinomato orafo ed orologiaio attivo ad Augusta, della cui vita si conoscono soltanto alcuni dettagli: la nascita a Schlottheim, come figlio d’arte, ed il successivo apprendistato presso l’insigne collega e predecessore Jeremias Metzeger. È noto quindi che egli abbia presentato ed ottenuto verso la fine della sua carriera, nel 1576, il Meisterwerk (capolavoro) necessario ad essere riconosciuto come Maestro dalla corporazione degli orologiai d’Augusta, un onore riservato soltanto ai migliori praticanti del suo mestiere. Il che non dovrebbe sorprenderci eccessivamente, vista l’ineccepibile qualità della maggior parte delle opere a lui attribuite: un finissimo orologio a torre (1580) oggi custodito a Vienna. Un presepe di Natale animato, inviato in dono all’Imperatore Solimano il Magnifico in persona (1584) un granchio automa e un’aragosta “completamente animati” che sembrerebbero precorrere di alcuni secoli la predilezione giapponese per simili complicati orpelli. E naturalmente, svariati eccezionali galeoni pensati per l’impiego in qualità di nef.
Il galeone meccanico del British, come viene semplicemente chiamato da quando il politico ed antiquario Octavius Morgan ne fece dono al museo oltre un secolo e mezzo fa, risulta tuttavia di difficile inquadramento, essendo stato collocato da diversi esperti, volta per volta, nella collezione del Sacro Imperatore Carlo V, in carica fino al 1556 (probabile soggetto principale raffigurato sul ponte) il suo successore Rodolfo II, noto appassionato d’arte, oppure l’elettore Augusto di Sassonia (1553-1586) che ne avrebbe mantenuto il possesso inizialmente per poi farne dono, per ovvie ragioni, al suo sovrano. Il dispositivo, estremamente complesso e purtroppo oggi non più funzionante, vanta quindi una serie di meccanismi che ne avrebbero animato l’intero funzionamento, catturando istantaneamente l’attenzione dei partecipanti al banchetto. Tra questi, il sistema musicale in grado di far muovere e danzare l’equipaggio, mentre fedeli raffigurazioni dei grandi Elettori avrebbero sfilato di fronte al ritratto in scala dell’Imperatore, ciascuno recante le insegne necessarie al suo istantaneo riconoscimento (oggi, purtroppo, molti degli elementi sono stati oggetto di sostituzione e ricostruzione, talvolta necessariamente approssimative). Il vascello avrebbe quindi, nel momento saliente dello spettacolo, iniziato a muoversi su una serie di ruote non più presenti, posizionate ad arte in modo che oscillasse su e giù durante il tragitto, per richiamarsi al naturale ondeggiamento marino. Per fermarsi con precisione orologistica alla fine della tavola, poco prima di far fuoco, automaticamente, con il vistoso cannone principale. Il quale a sua volta avrebbe acceso le micce di altri 11, tra i 16 totali della nave, causando un frastuono e fumo estremamente facili da immaginare. E dimostrando, ancora una volta, non soltanto l’estrema ricchezza ma anche, cosa ancor più importante, il buon (!) gusto del suo insigne possessore, nonché l’evidente capacità nel rivolgersi a figure d’artigiani ed artisti della più alta caratura per riempire di meraviglie le sale del suo castello. Tutt’altro che il modo peggiore, a ben pensarci, per dimostrare il presunto prestigio di una figura politica di rilievo!

Alcuni dei nef da tavolo più antichi, come la Schlüsselfelder del Nationalmuseum di Norimberga, non possedevano qualità animate bensì una mera funzione statica e decorativa. Talvolta, come esemplificato da un vero e proprio beccuccio in corrispondenza della prua, nascondevano al loro interno un comparto che poteva contenere acqua, vino o condimenti per il cibo.

Guardando addietro attraverso le alterne strade delle epoche trascorse, riesce quindi ormai difficile mantenere la stolida ed immota convenzione secondo cui “l’uomo moderno” avrebbe raggiunto un grado di raffinatezza, ed in funzione inevitabile di ciò l’occasionale decadenza, superiore a quelle mai possedute dall’infinita schiera dei suoi antichi predecessori. Quando palesemente nel viaggio del galeone di Schlottheim, ed altri oggetti simili, è infusa la stessa cultura delle immagini, lo svago e la fantasia di veicolo radiocomandato, la realtà aumentata con i cellulari o un complesso gioco interattivo rigorosamente connesso alla grande rete. Perché ciò che la tecnologia può vantarsi di aver fatto, più di ogni altra cosa, è rendere democratica ed omni-comprensiva una particolare costellazione d’importanti servizi. Ma non hai davvero bisogno del Wi-Fi per fare l’influencer, quando vige il Rinascimento in Europa e tu sei una delle otto (7+1) persone più potenti di tutto il Sacro Romano Impero…

Un atipico esempio di nef francese è quello di Burghley (1527-28) presso il museo V&A di Londra, il cui scafo è costruito con un mezzo guscio della conchiglia del nautilus. Anche in questo caso, non è prevista alcun tipo di funzionalità meccanica.

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