Il primo significativo punto di svolta per la compagnia automobilistica di Barcellona Hispano-Suiza, il cui nome significa letteralmente “Spagnola-Svizzera”, sarebbe giunto secondo un famoso aneddoto nell’aprile del 1904, quando il re Alfonso XIII decise di visitare il castello di Sagunto a Valencia. Occasione in cui l’intraprendente agente di vendita e pilota Francisco Abadal, cogliendo al balzo l’occasione, fece in modo di sorpassare “accidentalmente” il corteo regale sulla ripida collina che portava al maniero, con la sveltezza e la rapidità che potevano essergli concesse solamente dalla sua T-20, elegante vettura con la carrozzeria in stile torpedo che colpì immediatamente la fantasia del sovrano, rinomato amante dello sport e dei motori. Al punto che entro pochi giorni, chiese di diventare anche lui un cliente dell’azienda, con il duplice effetto di aumentare in maniera esponenziale il prestigio in patria ed iniziare il lungo e felice percorso che l’avrebbe portato a possedere, fino alla sua deposizione ad opera di Francisco Franco all’inizio della guerra civile del 1936, oltre 30 veicoli costruiti da tale azienda. Detto ciò un posto speciale in questo lungo sodalizio sarebbe stato sempre occupato dall’unico veicolo che sarebbe stato giudicato degno di portare il nome del sovrano, in occasione della vittoria conseguita nella celebre gara parigina di Bois de Boulogne, contro alcuni dei più importanti marchi della sua Era. Grazie, soprattutto, all’innovativa soluzione tecnologica che fu una delle più dirompenti idee del brillante ingegnere e fondatore della Hispano originario della città di Ginevra, Marc Birkigt che aveva fatto costruire un motore dotato per la prima volta non di soli due cilindri bensì quattro, disposti verticalmente con una configurazione a T piuttosto che ad L come era stata la scelta più comune fino a quel momento. E posizionato, in maniera strategica, nella posizione più arretrata possibile dentro il lungo cofano dell’automobile, affinché una distribuzione del peso maggiormente vantaggiosa servisse a garantire un migliore controllo in curva. Ma le innovazioni della Re Alfonso XIII 45 CR come dimostrato in questo video del californiano Mullin Automotive Museum, che ne possiede uno degli appena 4 esemplari rimasti al mondo, sarebbero state molte ed altrettanto significative in tutti i campi che potevano considerarsi rilevanti al fine di percorrere un tracciato con la maggiore velocità, ed affidabilità possibili in queste prime decadi del Novecento.
A partire dal radiatore non più piatto bensì con la forma di un cuneo, ottenendo così un profilo aerodinamico migliore, e le sospensioni con la durezza regolabile per tutte e quattro le ruote, passaggio spesso necessario data la natura spesso imperfetta delle “strade” (se così possiamo chiamarle) dove si gareggiava a quei tempi, che potevano prevedere un fondo sterrato, di ciottoli o persino ancor più problematico per la tenuta dei veicoli coinvolti. I quali potevano già superare abbondantemente, d’altra parte, la velocità dei 110-120 Km orari, con conseguente posizione precaria dei due occupanti dell’abitacolo, privi di parabrezza, cintura di sicurezza e con sportelli che arrivavano appena alla fiancata dell’autoveicolo. Questo perché, data la natura e collocazione del tipico serbatoio della benzina in uso a quei tempi, era dato per scontato che in caso d’incidente il veicolo avrebbe preso fuoco, garantendo una maggiore probabilità di sopravvivere nel caso in cui si venisse sbalzati fuori immediatamente, e il più lontano possibile dall’ormai incandescente posizione di guida…
Un destino che accomunava nel contempo la figura chiaramente essenziale del meccanico/co-pilota, il quale non leggeva le curve come in un moderno rally bensì si occupava di mantenere l’autoveicolo in condizioni ottimali, rabboccando l’olio nella coppa a rifornimento continuo ed almeno nel caso della Alfonso XIII, pompando a intervalli regolari l’aria compressa nel “sistema circolatorio” del motore, affinché continuasse ad essere adeguatamente rifornito di carburante. Ulteriore riconferma, se mai davvero necessario, di quanti aspetti e funzionalità del mondo dei motori siamo stati abituati al giorno d’oggi a dare per scontati.
La 45 CR quindi a seguito della vittoria di Boulogne e dopo alcuni altri piazzamenti degni di nota in diverse gare in giro per l’Europa, che gli sarebbero valse l’endorsement regale al punto di acquisire il nome personale di Alfonso, venne adattata presso lo stabilimento parigino della Hispano-Suiza ad una versione per la produzione in serie, con grandi fari tondi, passaruota, vetro protettivo e un elegante radiatore piatto di tipo più convenzionale. Questa vettura prodotta e venduta, si stima, in oltre 200 esemplari contro gli appena 25 della versione da corsa (comunque acquistabile da clienti privati su richiesta) si sarebbe presto imposta come uno dei più desiderabili e costosi bolidi che i soldi potessero comprare tra il 1911 e il 1914, i soli tre anni della sua produzione, benché gli ultimi pezzi avrebbero trovato il proprio acquirente soltanto entro l’anno 1920. L’auto era sostanzialmente una spider come tutte le vetture di tipo torpedo, benché fosse possibile averne su richiesta una versione telonata, e sarebbe stata fornita di un cambio a tre marce fino al 1913, quando i significativi perfezionamenti effettuati al motore da Marc Birkigt in persona avrebbero indotto l’ingegnere ad aggiungerne una quarta, per meglio sfruttare i 60 poderosi cavalli di potenza posseduti dalla sua creatura.
Il modello messo in mostra su Internet dal museo Mullin, e così eloquentemente descritta da due esperti curatori dell’istituzione californiana, rappresenta la forma più primordiale e per certi versi selvaggia di quest’auto, prima che l’aumento del comfort di guida aumentasse di pari passo con rifiniture estetiche e funzionali che ne avrebbero diminuito, inevitabilmente, le prestazioni. Particolarmente vivida la maniera in cui si parla, nel dettagliato video, del modo in cui i due occupanti avrebbero occupato gli scomodi sedili lanciati a velocità folle e facendo affidamento solo sulla presa delle proprie mani per non essere sbalzati via nelle fasi più concitate della gara, il guidatore attaccato al volante ed il meccanico, per quanto possibile, reggendosi con il braccio sinistro attorno alle spalle del collega. Tutto questo mentre quantità copiose d’olio per motore, fumo e i detriti sollevati dal veicolo antistante li colpivano in volto ed attorno agli occhiali protettivi, minacciando ad ogni momento di compromettere il già limitato controllo della situazione. Il che spiega, d’altra parte, perché re Alfonso XIII pur ammirando sinceramente le imprese dei coraggiosi piloti della sua epoca, non avrebbe mai coltivato personalmente l’hobby delle corse motoristiche, limitandosi ad esserne il mecenate. La stessa posizione occupata finanziariamente nel campo dello sport calcistico, di cui era un estimatore al punto da veder attribuito l’appellativo di Real a molte rinomate squadre spagnole, che esistono tutt’ora.
La vettura Alfonso XIII 45 CR avrebbe quindi partecipato in maniera preponderante al momento storico in cui l’Hispano-Suiza ormai diventata multinazionale con l’apertura dello stabilimento parigino, superava alcuni difficili ostacoli finanziari dopo la prima fondazione al termine del XIX secolo, il fallimento e la rinascita grazie ai fondi forniti prima dal capitano d’artiglieria Emilio de la Cuadra e poi da José María Castro Fernández. Raggiungendo infine il meritato successo, sull’onda delle innovazioni e la qualità costruttiva curata da Birkigt, nonché l’approvazione pubblica del re di Spagna in persona. Il destino delle due entità, quindi, si sarebbe diviso a seguito dell’esilio del sovrano e ancor più dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, quando l’Hispano-Suiza ed in particolare la figura di Birkigt si affermarono nuovamente in campo aeronautico, grazie all’introduzione di un nuovo metodo per creare i motori degli aerei da una singola fusione monoblocco, già forniti dell’intero comparto di cilindri e proprio per questo maggiormente resistenti, e leggeri. Per non parlare del leggendario cannone a fuoco automatico da 20 mm chiamato in gergo semplicemente “l’Hispano” che tanti danni avrebbe arrecato all’aviazione tedesca dopo essere diventato una delle principali armi dell’aviazione britannica a partire dal 1939.
Dopo la guerra, progressivamente, l’interesse operativo della Hispano-Suiza sarebbe stato progressivamente limitato all’ambito aeronautico, dove avrebbe collaborato con molti marchi celebri per la progettazione di carrelli d’atterraggio, sedili per i passeggeri ed accessori per i motori a reazione. Più volte negli ultimi anni, tuttavia, si è parlato di un rilancio del marchio con l’introduzione di una nuova automobile nel corso di uno dei maggiori Motor Show internazionali. E chissà che tale storia non abbia modo di ricominciare, in modo particolare, dal nome dalla fama di un sovrano che visse certamente a pieno gli anni del suo regno, finché gli venne generosamente concesso dalle alterne e spesso imprevedibili oscillazioni della Storia.