Con incedere sicuro, l’operatore meccanico si arrampica lungo il sentiero dove ha ragione di svolgersi il proprio mestiere. Un lungo tubo che procede fino al molo ne accompagna i movimenti, come il mistico guinzaglio di un qualcosa che appartiene al regno puro delle idee. Un solido platonico di forma ellittica, con ruote magnetiche, inviato per accompagnarci oltre le orfiche difficoltà del quotidiano. Quando al sopraggiungere di un segnale udibile soltanto a lui, l’operatore col telecomando preme un grosso pulsante. Allorché con sussulto, apriti cielo, quel braccio simile a un tergicristallo assume la sua posizione operativa. E il getto inizia la sua opera di rimozione sistematica e spietata di quegli Esseri assolutamente indesiderati…
Essere o non essere, questo è il problema; tra le schiere dei viventi, dove tutto avviene per un fine attentamente definito! Piuttosto che una cosa minerale, stolida e immutabile, per sempre identica al preciso giorno in cui i processi naturali gli hanno dato forma in questi luoghi variabilmente ameni. Ma una pietra non ha sentimenti, una pietra non conosce amore. Il che può solo condannarla, senza remore di sorta, ad essere sfruttata come “materiale” da qualcuno oppure qualche cosa, l’essere dotato di un pensiero che determina i suoi gesti: aggrapparsi, sopravvivere, trovare il suo destino. E poi ci sono, tra un estremo e l’altro, i puri e semplici progetti degli umani. Agglomerati d’elementi, provenienti da recessi alterni dello spazio del sensibile, che sono al tempo stesso privi di un biologico processo di sopravvivenza eppure quasi mai dimenticati, causa l’esistenza di uno scopo superiore. Come navi che percorrono un mare in tempesta, ovvero come quelle “stesse” navi (non più metaforiche) posizionate in mezzo ai moli della Terra, in frequente attesa dell’ultimo carico o affollata compagnia di passeggeri. Battelli che un’altra genìa, al procedere dei giorni, ha scelto di sfruttare con un metodo abrasivo eppure, non di meno, in qualche modo valido e giustificato. É inevitabile: tu immergi la tua Cosa dentro il brulicante mare, entro il giro di pochi secondi essa viene già del tutto ricoperta da uno strato di minuscoli polimeri biologici. Brevemente ad essi tendono ad aggiungersi batteri, alghe e l’intero rimanente pubblico dei microscopici organismi. Finché si arriva, entro qualche giorno, ai caparbi cnidari, tunicati e molluschi, il che da luogo a un’altra vasta serie di problemi. Poiché non c’è niente di più inappropriato ed indesiderabile, che uno scafo navale bitorzoluto. La cui forma frena, in modo chiaro ed inerente, il legittimo procedere attraverso i salmastri fluidi dell’Oceano semi-trasparente.
Finita l’epoca della rassegnazione, inizia quindi quella della rivalsa: con l’implementazione operativa, in contesto razionale, di un diverso approccio tecnologico risolutivo; quello cui Isaac Asimov, nei suoi racconti & romanzi, scelse di attribuire le Tre Leggi in qualche modo valide a rassicurare la popolazione (non nuocere, proteggi gli altri, preserva te stesso). Ma che il mondo, nelle epoche a seguire, avrebbe scelto di vedere nondimeno come una minaccia. Sto parlando dei ROBOT, perfetti servitori in linea di principio; soprattutto quando svolgono, senza riposo, i compiti per qualcuno li ha creati. Come l’azienda olandese Vertidrive, con la sua linea di apparati semi-automatici già in commercio e concepiti per lo scrostamento navale, di cui il modello M6 potete osservare all’opera in apertura a questa trattazione. Ma ce ne sono molti altri…
Il primo termine di paragone che sovviene, per ovvie ragioni, è quello relativo all’aspirapolvere Roomba, che tanti cambiamenti ha portato nella routine di pulizia delle case tecnologicamente più fornite, introducendo funzionalità automatiche e il piccolo cervello digitale di una vera e propria creatura. Ma il robot per la rimozione dei cirripedi, come concetto, prevede allo stato dei fatti attuali l’intervento manuale di un operatore, forse per la variabile complessità di tali superfici verticali, spesso piene di trappole come i rivetti delle paratie, sportelli d’ispezione o per l’appunto, quello strato vivente che dovrà sparire ma che per il momento, nessuna ruota magnetizzata potrà mai sognarsi di riuscire a superare. Ecco come & perché, almeno fino alla metà degli anni 2010, la pulizia sistematica degli scafi è stata effettuata esclusivamente da intere squadre di sommozzatori appositamente attrezzati, il che comporta d’altra parte rischio individuale, tempistiche relativamente lunghe, spese considerevoli e soprattutto la necessità di organizzare tale operazione con largo anticipo, il che non è sempre possibile nell’ambiente sempre in divenire dei moderni trasporti navali. In tale contesto si palesa, dunque, il sistema completo proposto dalla Jotun, compagnia norvegese operativa nel settore delle vernici nautiche da oltre un secolo, che ha scelto di chiamarla per l’occasione, con piglio di marketing senz’altro apprezzabile nel suo contesto, Hull Skating Solutions. Con al centro un saliente protagonista, nient’altro che una versione operativa anche sott’acqua dello stesso tipo di veicolo telecomandato e magnetico mostrato in apertura a questo articolo, benché funzionante grazie all’uso di un non meglio definito sistema di spazzole (o almeno così sembra) capace di togliere i cirripedi, senza danneggiare la vernice. Interessante, in questo caso, è l’opportunità offerta a partire dal 2021, data di rilascio prevista del dispositivo, di farlo comandare in remoto tramite la rete cellulare da un centro di comando offerto dalla stessa Jotun, mediante lo sfruttamento delle multiple telecamere puntate sia in avanti che verso l’oggetto stesso della pulizia, ovverosia lo scafo. Conveniente, pratico? Senz’altro, valido a scovare significativi margini di miglioramento. Poiché trovandosi sempre a bordo della nave una volta acquistato, il sistema Hull Skating può essere messo in funzione ogni qualvolta se ne presenta l’occasione anche transitoria, permettendo di pulire la nave con l’approccio che la Jotun stessa definisce “proattivo”. Ovvero in altri termini, prima che la situazione degeneri oltre i limiti di quanto può essere risolto in tempi ragionevolmente operativi. Una più frequente pulizia, effettuata prima che il vascello si diriga verso porti eccessivamente remoti, garantisce inoltre l’eliminazione dello strato faunistico prima che possa raggiungere acque non native, staccandosi anche accidentalmente per portare specie non native in ambienti ecologicamente vulnerabili. Vedi il caso delle Dreissena polymorpha, cozze zebrate, che oggi infestano i porti dell’intero globo terrestre, avendo eliminato ogni residua popolazione di molluschi nativi.
Nel concetto della pulizia sistematica di uno scafo, d’altra parte, non può essere tralasciata l’importanza di quale fine venga fatta fare, nello specifico, allo strato di creature più o meno minuscole che ne ricoprono gli spazi esterni, pena conseguenze (e anche multe) potenzialmente gravi. Ragion per cui un sistema come quello ormai superato anche dai nuovi modelli della stessa Vertidrive e mostrato in apertura, benché spettacolare dato l’impiego del potente getto libero, risulta consigliabile soltanto al termine di tragitti brevi. Mentre realtà operative stanziali come quelle delle istituzioni portuali d’Olanda preferiscono l’impiego del già disponibile Fleet Cleaner, in cui un condotto di collegamento ombelicale ha il solo scopo di risucchiare e depositare a riva i mitili, prima che possano precipitare in mare. E sarà interessante conoscere le prestazioni del nuovo approccio magnetico della Jotun, una volta che avrà raggiunto finalmente i mari più vivaci della Terra.
Perché qualunque cosa succeda, finché la navi continueranno a scavalcar le onde, assieme ad esse riusciranno a farlo tali clandestini ruvidi e impossibili da terminare… Totalmente. Indipendentemente dalla fiducia o il timore che possiamo riservare, ai nostri fratelli metallici di un mondo che continua, nonostante tutto, a respirare.