L’orlo frastagliato di un enorme tavoliere, circondato dalle fredde acque dei mari settentrionali, anche questa è la Norvegia. L’aria rarefatta, la superficie dell’Oceano simile a uno specchio, il movimento ripetuto e ritmico delle sue mani, tra le alte pareti di quel fiordo poeticamente silenzioso: Tomasz Furmanek, informatico e videoamatore, ma soprattutto amante di quel tipo d’esperienza, simile al più puro misticismo, che può regalare solamente un’escursione in luoghi sospesi tra la terra e il cielo. E non è facile, nei fatti, riuscire a superare largamente gli 80.000 seguaci su Instagram e vari altri social network, quasi casualmente dopo aver creato pagine pensate per mostrare le proprie foto a parenti ed amici. In scenografie tali, e con una qualità tanto elevata, da far impallidire sostanzialmente molti produttori di contenuti dall’impronta professionale o pubblicitaria. Per lui che essendo partito dalla Polonia, si è trasferito in questa terra ormai da molti anni per lavoro, raggiungendo l’implicita decisione di mettersi a mostrare al mondo l’eccezionale livello dei suoi panorami. Creando in buona sostanza la proposta videografica di un nuovo tipo di selfie per certi versi affine a quello che mostra le gambe sulla spiaggia, in cui però quest’ultime appaiono coperte dallo scafo affusolato del kayak, perfetto strumento per seguire l’avventura della mente lungo l’antico percorso dei ghiacciai, così coperto dallo specchio magico delle irripetibili circostanze. O almeno uniche, soltanto in apparenza, visto come riesca a trattarsi di un’esperienza mostrata da ogni disponibile angolazione, così efficientemente riassunta nel video in hyperlapse postato originariamente anche su YouTube nell’inverno del 2018 e che in questi ultimi tempi, sta iniziando a circolare nuovamente nella blogosfera e sui gruppi di discussione di Internet, superando finalmente di gran lunga il numero di spettatori medi da lui posseduti normalmente sulle pagine di questa piattaforma. Forse per il desiderio deluso di tornare a viaggiare, che tutti ci accomuna in questi tempi difficili, oppure per la semplice tendenza del Web ad appiattire la progressione di mesi ed anni, permettendo talvolta alle proposte precedenti di tornare attuali, persino più di quelle pubblicate in un preciso attimo e contesto situazionale.
Così tutti, ci accompagna, con sapiente impiego di action-camera montata sopra il casco in quest’avventura condensata che trasporta l’affamata collettività in un tour-de-force della durata di pochi minuti (dopotutto, Furmanek è soprattutto un fotografo e la brevità resta fondamentale per aver successo su Instagram) che costituisce una cronistoria delle sue escursioni in questi ultimi anni, attraverso alcuni dei più affascinanti fiordi nel paese che ne possiede il maggior numero al mondo, mostrati mentre si succedono in maniera quasi accidentale in una serie di pagaiate perfettamente sincronizzate: “A un certo punto, è capitato per caso.” Rispondeva qualche tempo fa ad un commento al video, l’autore: “Ma quando ho visto che effetto faceva, sono tornato indietro ed ho rifatto tutte le transizioni” Riuscendo a creare, con questo ed altri semplici espedienti, uno dei più brevi e memorabili approcci all’assorbimento dello spettatore. La sensazione, in altri termini, di essere effettivamente in grado di sentire quello che lui sentiva, immaginare i suoi stessi momenti transitori di straniamento. Quando la mente sembra scollegarsi dalle presunzioni del corpo, assumendo uno stato che è al tempo stesso massima concentrazione nonché l’assenza totale di preconcetti. Verso un’assunzione di suprema consapevolezza che riesce ad essere, sostanzialmente, puro Zen.
Il tipo di approccio necessario all’esplorazione di un qualsiasi fiordo norvegese mediante l’uso di uno scafo leggero come questo necessita, del resto, di un certo grado di preparazione individuale. Giacché simili & profonde insenature, per quanto in grado di smorzare le onde più furiose grazie alla loro capacità di costituire dei veri e propri porti naturali, non riescono a fare lo stesso con le correnti determinate dal flusso delle maree, finendo per offrire un punto di passaggio soggetto a sorprese non propriamente desiderabili per il canoista impreparato. Mentre il fatto che Furmanek abbia superato ormai da tempo i limiti di una simile categoria appare particolarmente evidente dal suo avventurarsi senza nessun tipo di seguace o potenziale assistente in caso d’imprevisti, dimostrando un’assoluta sicurezza e serietà d’intenti. E cos’altro, in fondo, avrebbe potuto regalarci delle immagini altrettanto originali ed uniche, tanto da aver catturato a più riprese l’attenzione delle testate di mezzo mondo? E soprattutto, con orgoglio patrio, molte appartenenti a quel particolare luogo, che dall’entroterra hanno sfruttato il suo successo per comunicare al mondo l’attrattiva inerente, ovvero splendida bellezza, di un recesso geografico tanto spesso sconosciuto ai turisti. Una rapida e conveniente applicazione di Google Translate, quindi, può rivelarci come il fotografo polacco abbia iniziato a coltivare un interesse per le avventure marittime in solitario già nel 2004, trovando il modo per unire le sue due passioni delle escursioni in montagna e la tipica canoa progettata in origine dagli Inuit, in cui la posizione seduta permette di far forza efficientemente mediante l’uso di una singola, possente pagaia. Trovando il luogo ideale presso l’area particolarmente remota delle isole Lofoten, come coronamento di un lungo viaggio in grado di portarlo lungo l’intera estensione del Nordland, sottile contea dove soltanto la popolazione è inferiore al numero di gradi medi riportati dal termometro sulla finestra delle case. Da lì il passo per un informatico verso la produzione e la pubblicazione di contenuti mediante l’impiego di strumentazione consumer allo stato dell’arte era il semplice passaggio successivo, in un mondo come il nostro in cui ogni esperienza memorabile viene giudicata degna di essere condivisa. Ed almeno in questo particolare caso, come potremmo anche soltanto sognare di dargli torto?
Allargare la mente significa per questo utilizzare un potenziale approccio d’approfondimento per comprendere un simile mondo e tutti i suoi segreti, riandando per esempio con la mente fino all’epoca preistorica dell’ultima glaciazione (appena 12.500 anni fa) quando il settentrione europeo, e non solo, risultava essenzialmente ricoperto da uno spesso strato di ghiaccio, non dissimile da quello che oggi caratterizza il Circolo Polare Artico. Finché con il mutare della situazione climatica, la bianca coltre iniziò a disgregarsi partendo dalle alture, per lasciarsi dietro unicamente i lunghi scivoli di neve che oggi siamo soliti definire ghiacciai, progressivamente destinati, anch’essi, a sparire. Ma non prima di aver scavato quei lunghi e profondi solchi, spesso persino più bassi del fondale marino stesso, che una volta ricoperti dalle acque ruscellanti come avverrà nuovamente al liquefarsi dei Poli terrestri, diventa la più perfetta versione spontanea di un canale costruito dall’uomo. Strano come a volte, principi tanto alieni e contrapposti tra loro, riescano a percorrere sentieri paralleli verso la realizzazione della stesso obiettivo finale!
L’apprezzabile successo raggiunto da simili produzioni, o semplici applicazioni di un’idea su Internet diventa quindi significativo in quanto finestra che lascia intravedere l’evoluzione futura di questo media. Laddove il sapiente impiego di apparati per la registrazione videografica automatizzata diventano lo strumento per accedere in seconda persona all’esperienza compiuta da particolari personalità creative, così come avveniva prima per le opere d’ingegno create ad-hoc. Così non appare del tutto impossibile, di qui a breve e grazie all’ulteriore miglioramento dei mezzi di comunicazione, che lo stesso autore o altri simili possano iniziare a invitarci per assistere a simili spettacoli in diretta, magari esplorazioni dalla durata possibile di molti minuti ed ore. Un po’ come fatto dalla gente di Twitch ed altri servizi per la trasmissione online di videogiochi, che hanno imparato a interagire e far di situazioni simili un’occasione d’incontro sociale. Il che trasformerebbe tutto questo, dotandolo di un altro tipo di magia… Perché ormai dovremmo averlo compreso fin troppo bene, come nel tecnologico 2020 sia diventato particolarmente difficile riuscire a trovarsi realmente, oltre a ogni dubbio e approcci alternativi pur sempre disponibili, del tutto soli.