Se la mente umana possedesse la capacità di “assaggiare” una foto, questo sarebbe senza dubbio il nostro tipo d’immagine preferita: sei diverse varietà per altrettanti gusti deliziosi, di un agglomerato di zucchero e sciroppi di frutta di bosco, agrumi, vaniglia e Coca Cola… Appoggiati sull’incarto del colore di una foglia che a uno sguardo attento si rivela essere, in maniera ragionevolmente inaspettata, parte di una pianta viva, vegeta e in attesa. Perché non c’è molto che un vegetale possa fare per difendersi dal destino infausto, per quanto concerne la sua condizione, di trovarsi trasformato nell’espositore di una vasta varietà di coccinelle che in effetti coleotteri non sono. Bensì, rincoti. Una delle 68.000 specie di creature, diffuse nei contesti ecologici più vari, la cui vita corrisponde al compiersi di un gesto e quello solamente: infiggere il proprio apparato boccale di tipo pungente-succhiante attraverso lo strato esterno dello stelo. Per estrarre con estremo pregiudizio quella linfa che costituisce il valido ripieno di quel guscio esterno deliziosamente variopinto. C’è perciò un qualcosa di universalmente giusto, nell’apprendere la provenienza specifica di questo affascinante collage, opera del macrofotografo Nicky Bay attivo in buona parte del Sud Est Asiatico, il quale nel caso specifico si trovava presso il piccolo parco a tema di Sengkang, negli acquitrini circostanti la grande città-stato di Singapore. Nient’altro che una serie di passerelle all’ombra dei grattacieli, con insoliti ornamenti a tema fruttariano, tra cui un enorme melanzana di plastica e tavoli da pic-nic colorati come fossero fette di arancio o di mandarino. E dirimpetto un verde prato, ben tenuto come quello di un campo da golf, circondato dal più tipico canneto. Ove gl’insetti prosperano, indefessi. Siamo d’altra parte ancora ad una latitudine piuttosto bassa, ove il clima della foresta pluviale tropicale insidia l’aria condizionata dei palazzi antropogenici e il mondo naturale tende ad assumere forma e colori particolarmente memorabili, persino nella sua forme dalle dimensioni meno significative.
Ma un rincote della famiglia Fulgoroidea, che in lingua inglese possiede anche il soprannome non-scientifico di planthopper (“saltatore delle piante”) si presenta normalmente con livrea mimetica e una forma in qualche modo valida a sviare lo sguardo dei predatori. Laddove nessun tipo di veleno o sostanza ripugnante lo ricopre, al fine di essere associato a un’esperienza alimentare negativa, come indigestione o spiacevole avvelenamento del malcapitato divoratore. Ecco perché sarà facile immaginare come queste piccole creature, senz’ombra di dubbio appartenenti al genere tozzo e largo degli Hemisphaerius, puntano probabilmente sull’inerente capacità di assomigliare al già citato insetto che possiede, di suo conto, l’utile qualità di avere un pessimo sapore. Coccinella delle fauste e più frequenti circostanze…
Nella loro posizione statica nella maggior parte dei casi, tipica degli artropodi plantivori, c’è ben poco che possa in effetti tradire la reale identità dei rincoti così mimetizzati, comunque dotati di una capacità di volo molto più limitata, frutto generalmente di ali piccole e dei veri e propri ingranaggi incorporati nell’articolazione delle zampe, utili a massimizzare la capacità di salto. Ma è nel momento in cui questi ultimi cominciano a spostarsi, generalmente, che il castello di carte inizia a cadere: la deambulazione dei riconti possiede infatti un’insolita progressione diagonale, paragonabile allo stile di un granchio che li distingue in maniera piuttosto chiara da qualsiasi altra tipologia d’insetti. Essi sono, inoltre, emimetaboli, con il passaggio diretto dallo stato di ninfa all’età adulta, sebbene informazioni specifiche in merito al ciclo vitale del genus Hemisphaerius (fam. Issidae) non sembrino disponibili online. Resta altamente probabile, d’altra parte, che i giovani insetti-caramella appaiano del tutto indistinguibili, nell’aspetto e le abitudini, a innumerevoli altre specie di coccidi o cocciniglia, già di per se lesivi alla sopravvivenza di molte diverse specie di piante. In Estremo Oriente, in particolare, queste creature risultano particolarmente problematiche per la loro capacità d’infiltrarsi nelle piantagioni di riso, contaminando e rovinando il raccolto con la loro ingombrante presenza. E diversi approcci sono stati tentati negli anni per eradicarli o almeno allontanarli dalle zone coltivate, benché l’uso di pesticidi possa presentare non pochi problemi collaterali così come l’introduzione di specie non native di predatori, tra cui per l’appunto la prolifica ed a suo modo altrettanto invasiva coccinella. O vespe parassite, come tentanto nel caso dei cicalidi portatori del batterio della Xylella in Italia, dannazione dei secolari ulivi simbolo di un’antica tradizione agraria, in questi ultimi anni minacciata dalla infausta capacità dei rincoti di farsi portatori di malattie dall’alto grado di letalità.
Altre caratteristiche interessanti di questa intera superfamiglia, la cui applicabilità o meno alle nostre dolci nuove conoscenze non sembrerebbe purtroppo essere stata inserita alcun studio per il momento, includono la propensione al commensalismo con specie locali di formiche o altri insetti più piccoli, con cui effettuano scambi di materiale non consumato in cambio della protezione di loro stessi o le proprie uova nei periodi riproduttivi, che come risulta essere consueto in ambienti dalla temperatura piuttosto stabile si ripetono nel corso dell’intero trascorrere dell’anno. Alcuni fulgoridi, inoltre, possiedono la capacità di camminare sull’acqua sfruttando il sostegno offerto tensione di superfice, eventualità non del tutto impossibile nel caso del variopinto Hemisphaerius, data la sua presenza fotografata nel contesto di un acquitrino come il parco di Sengkang.
Un ambiente ragionevolmente variopinto che sembra trovarsi in perfetto abbinamento con il tipo di fauna, tutt’altro che imponente, che si dimostra capace di popolarlo. Da queste parti non manca mai, del resto, il ronzio di un milione di libellule in cerca di soddisfazione, così come l’aspetto delizioso dei piccoli camminatori si aggrappa, ostinatamente, alla fogliosa sommità dei laboratori viventi. Piante che provvedono, volenti o nolenti, al loro continuativo sostentamento e implacabile moltiplicazione. Così piuttosto che “essere ciò che mangiano” questi rincoti hanno evidentemente deciso di “diventare ciò che li mangia” il che porta immancabilmente un certo grado di confusione nel possibile divoratore di turno.
E non solo: non è forse vero che l’ago della bilancia di ogni possibile situazione ambientale, l’umano costruttore di parchi pubblici e paludi artificiali, ha la naturale tendenza a favorire l’esistenza di tutto ciò che è bello, attraente o in qualche maniera valido ad alimentare quell’assetata macchina che è la sua fantasia? O per essere più specifici nel nostro commento, addolcire lo sguardo evocando il sapore gradevole del più amato prodotto della gastronomia industriale. Perché se i bambini da sempre tendono ad ammirare le coccinelle, qui sussiste il caso che possano giungere a mettersi in bocca direttamente l’Hemisphaerius che corrisponde al gusto da loro preferito. Il che non è bene per l’insetto e neppure per il bambino. Ben venga, dunque, ogni approccio alla catalogazione tassonomica di questa genìa largamente inesplorata…