Un famoso detto in materia recita: “Per ognuno che vedi, ce ne sono altri 10 nascosti, sott’acqua, in attesa”. Ma il più grande problema del Fiume degli Alligatori nei Territori del Nord, in Australia, è che di tali animali non c’è neanche uno. Perché è letteralmente PIENO di coccodrilli. Del tipo assolutamente peggiore: Crocodylus porosus o di acqua salata, fino a sei metri di creatura in grado di nuotare a una velocità doppia rispetto a quella del più esperto atleta olimpico, raggiungere i 29 Km/h per brevi tratti di corsa sulla terraferma e serrare la propria bocca con circa una tonnellata e mezza di potenza. Su una vasta varietà di esseri che includono, secondo le precise regole della natura, anche gli umani. E il secondo problema del Fiume degli Alligatori è l’attraversamento di Cahill. Un passaggio di cemento costruito in corrispondenza del pelo dell’acqua perché “Un vero e proprio ponte danneggerebbe l’ambiente” a circa 50 Km dalla foce della diramazione Est del corso d’acqua, pensato per permettere a un adeguato tipo di veicoli, sufficientemente alti e rigorosamente a quattro ruote motrici, di lasciare una riva con ragionevoli aspettative di raggiungere l’altra. Il che in linea di principio, non dovrebbe coinvolgere una quantità eccessiva di persone: dopo tutto, stiamo parlando di un luogo sito ad oltre 300 Km da Darwin, la capitale ed unico centro abitato con più di 50.000 abitanti dell’intero stato e il cui paese più vicino ad appena 40 di distanza, Jabiru, non ne conta più di 1.300. Eppure il solo fatto che un luogo simile esista, in in dei conti, è sufficiente a porre la questione. Di come, quando ed eventualmente a chi limitare l’accesso all’intera questa zona, comunque facente parte di terreni posseduti e dati in gestione agli aborigeni australiani. I quali, dal canto loro, non hanno di certo alcun interesse a interdire il passaggio dei turisti anche data l’opportunità, tutt’altro che infrequente presso tale recesso geografico, di accorrere in loro aiuto potendo contare sulla concessione di laute ricompense. Perché nessuno, trovandosi in un simile frangente, mancherebbe di dar sfogo alla sua più profonda e sincera gratitudine nei confronti di chi gli ha salvato, letteralmente, la vita.
Attraversare a Cahill, in linea di principio, non da l’impressione di essere eccessivamente difficoltoso: c’è un indicatore di profondità e ci sono i tempi delle maree, che nonostante la posizione nell’entroterra influenzano in maniera significativa l’altezza e la rapidità della corrente. Con l’unico e frequente contrattempo dei maschi alfa del gruppo di rettili che, tutt’altro che spaventati dall’arrivo degli autoveicoli, si attardano nel centro del sentiero con indifferenza, rifiutandosi di lasciare il passo. La maggior parte dei momenti di crisi arrivano, infatti, con l’avvicinarsi della stagione piovosa (dicembre-maggio) quando il livello dei flutti inizia a crescere rapidamente, ma non abbastanza da scoraggiare il tentativo da parte degli autisti dotati di un maggior grado d’ottimismo. Il che porta spesso, nel caso di veicoli più leggeri o privi di presa d’aria rialzata, alla perdita di propulsione e il lento trascinamento laterale, verso l’abisso dove l’auto finirà per cappottarsi, costringendo i suoi occupanti a una pericolosa, terrificante nuotata fino a riva…
In un’area esplorata nel 1820 da Phillip Parker King, che gli attribuì il nome partendo da un presupposto sbagliato e usando quello del diffuso rettile statunitense, i cosiddetti fiumi degli alligatori sono tre, con sbocchi in altrettanti golfi del profilo settentrionale del continente. Costituendo, proprio in funzione di questa collocazione geografica, uno degli habitat maggiormente favorevoli per quello che costituisce, senz’ombra di dubbio, il più grande (e feroce) rettile vivente. Ancor più pericoloso del coccodrillo del Nilo, a causa della sua superiore agilità, l’abitante preistorico di questi luoghi possiede in aggiunta all’innata fame una spiccata indole territoriale, che lo porta ad aggredire qualsiasi cosa faccia il suo ingresso nel suo territorio di caccia, inclusi altri predatori come gli squali (contro cui vince la maggior parte delle volte) e membri della propria stessa specie. Un comportamento isolazionista a cui può essere fatta un’eccezione soltanto nel caso di aree particolarmente pescose, come per l’appunto quella creata dall’inibitore ittico del passaggio costruito dagli umani. È stato stimato a tal proposito che in un dato momento la quantità di coccodrilli presenti presso l’attraversamento di Cahill si aggiri tra i 40 e i 50, più che abbastanza insomma per modificare sensibilmente un ecosistema locale, a partire dal momento verso la metà degli anni ’90 quando la loro popolazione ha superato brillantemente il lungo periodo di caccia e sterminio non sostenibile praticato dai loro vicini guidatori d’autoveicoli ed armati di fucili. La convivenza con questi esseri non è del resto semplice al contrario dei loro più pacifici cugini americani, come gli dimostrato dagli studi scientifici più ragionevoli che parlano di almeno 20-30 vittime l’anno dovute a questa singola specie animale, mentre in passato, in maniera empirica, si arrivava a contarne una media spropositata di 1.000. Particolarmente in forza dell’operato dei maschi più grandi, che diventano nel tempo maggiormente abituati all’esistenza degli umani, spingendosi talvolta fino alle acque limitrofe dei centri abitati più popolosi del vicinato. Ma il desiderio di osservarli direttamente nel loro ambiente naturale tende a coinvolgere egualmente esemplari di tutte le dimensioni ed entrambi i sessi, particolarmente in luoghi rinomati come il più spettacolare e “adrenalinico” attraversamento automobilistico dei Territori del Nord. Dove, per ciò che possiamo soltanto definire la divina Provvidenza, le vittime registrate risultano al momento soltanto due: il primo un uomo quarantenne, letteralmente decapitato nel 1987 mentre si trovava a pescare con gli amici da un coccodrillo scaturito dall’acqua come un dinosauro di Jurassic Park. Ed il secondo di 47 anni nel più recente 2017, mentre ignorando i cartelli di pericolo attraversava a piedi il fiume assieme a due donne, che per fortuna sono riuscite a giungere sane e salve dall’altra parte. Mentre lui, trascinato via dalla corrente, finiva per essere aggredito e divorato dai formidabili animali. Il caso di un pericolo particolarmente significativo ma scampato per il rotto della cuffia era stato vissuto nel frattempo l’anno prima, quando una donna visibilmente ubriaca si era inoltrata sulla carreggiata di cemento assieme al suo piccolo cane Meatball (Polpetta) sfidando un coccodrillo mediante il suono prodotto dalla percussione delle ciabatte, un mezzo rivelatosi sorprendentemente efficace, per fortuna, nel tenerlo a ragionevole distanza. I tentativi fatti per ridurre il rischio effettivo di Cahill sono stati plurimi, inclusa la costruzione di una piattaforma d’osservazione per chi ammira questi animali e istruzioni precise su quanto e come attraversare, mentre i progetti di vecchia data per la costruzione di un secondo tratto di strada non sono ancora arrivati a concretizzarsi. Resta assai probabile, d’altra parte, che anche in seguito la gente continuerebbe a preferirgli il luogo dalla fama maggiormente cupa e significativa: dopo tutto, ciò è parte inscindibile dalla stessa natura umana.
E gli incidenti non gravi presso Cahill, nonostante tutto, continuano ad aumentare. Con un grande numero di automobili e altri veicoli fuoristrada che si ritrovano bloccati in mezzo alla carreggiata, causa ondate improvvise, o la semplice incapacità dei loro motori di funzionare una volta riempiti delle torbide acque del fiume degli alligatori. Il che porta, senza falla, all’intervento da parte della squadra di supporto aborigena o la polizia stessa, pronta all’uso delle armi nei confronti degli animali maggiormente pericolosi e intolleranti dei turisti bloccati nel mezzo del proprio utile territorio. Il che potrà sembrare, nei fatti, un’ingiustizia, benché sia piuttosto irragionevole voler riconoscere l’uso esclusivo di un punto di passaggio necessario ai soli abitatori di tali ambienti fin dall’alba incalcolabile delle epoche maggiormente remote.
Cos’è in fondo un coccodrillo, se non l’apostrofo rosa tra il lavoro di un artigiano esperto, e la borsetta o il portafoglio di una classe di super-ricchi indifferenti all’esistenza sofferente della natura. Purché non si trasformi in un accento rosso, come il chiaro segno che qualcosa è andato per il verso sbagliato durante l’ennesimo tentativo di raggiungere una sponda remota, ma non troppo. Mentre gli abissi scagliosi aspettano, con occhi ben aperti e i ruggiti che annunciano la grande fame.