Nato attorno all’epoca del mito che si colloca attorno all’anno mille, l’edificio persiano della Zurkhaneh può dirsi corrispondere a uno scopo specifico frutto del suo contesto culturale d’appartenenza. Inerentemente collegato a celebri figure di condottieri ed eroi secondo il testo coevo del “Libro dei Re” (Shahnameh) esso ha molto a che vedere, e al tempo stesso quasi nulla di simile dal punto di vista esteriore, con il concetto moderno della palestra in cui si coltiva la preparazione fisica, l’aspetto e la salute del corpo. Benché molte delle sue caratteristiche, una volta varcata la bassa porta concepita per costringere i visitatori ad inchinarsi in segno di rispetto, si dimostrino immediatamente corrispondere a un bisogno e quello soltanto: preparare i guerrieri al combattimento. O almeno questa era la chiara idea di partenza, con strumenti chiaramente ispirati ad armi, come la mazza pesante di provenienza indiana meel, gli scudi di legno sang o l’arco con catena kabadeh, ciascuno maneggiato in modo estremamente faticoso dagli aspiranti strongmen ed altri esercizi mirati ad incrementare le capacità di maneggiare una spada in combattimento, quali le flessioni con panchetto (shena) e il charkh/pazadan, rotazione vorticosa con le braccia sollevate e salti non del tutto dissimile dai rituali mistici dei dervisci danzanti. Passaggio un tempo fatto seguire, senza falla, dagli incontri di combattimento in stile libero koshti pahelvani, successivamente riservato ai soli professionisti per la frequenza d’infortuni anche gravi. Eppure molto poco, dello spirito originario, è andato perso attraverso il correre dei secoli, mentre il corpus tradizionale destinato ad assumere il nome di Varzesh-e Pahlavāni (lo Sport degli Eroi) veniva coltivato in modo ininterrotto da un’elite e infine riscoperto dal senso comune all’inizio del secolo scorso, come importante ausilio filosofico al nazionalismo di questo antico paese del Medio Oriente. Mentre quelle mura non del tutto dissimili da una moschea, con l’alta cupola e le torri, venivano erette nuovamente nei quartieri storici di città come Tehran, Mashad ed Isfahan. Associazione che naturalmente tende a scomparire per quanto concerne gli interni, data l’insolita collocazione della grande sala ad un livello inferiore a quello della strada, con l’ottagono centrale ulteriormente scavato al fine di proteggere gli atleti sottoposti a significativi sforzi fisici dai pericolosi spifferi provenienti dall’esterno. Il che detta la collocazione, dal punto di vista architettonico, di quegli spalti ove altri uomini aspiranti all’onore di partecipare, e nelle città più progressiste anche qualche donna invitata con il ruolo di spettatrice, potranno assistere alle complicate evoluzioni degli atleti secondo le precise direttive del morshed, direttore e capo spirituale dell’incontro. Individuo collocato sullo speciale sedile con piume di struzzo per simboleggiare “gli elmi sulla testa dei guerrieri” ed attrezzato con campanella per chiedere una pausa, stufa portatile e il maneggevole tamburo d’argilla morshed, riscaldato da quest’ultima e impiegato per dare il ritmo agli sportivi, mentre tenta d’ispirarli mediante le parole di preghiere e poesie classiche la cui origine si perde talvolta nella nebbia dei tempi.
Il che la dice molto lunga, sul ruolo originario di questi particolari luoghi che sono esattamente la stessa cosa, ma anche molto più di una palestra allo stesso tempo…
L’origine della Zurkhaneh viene quindi ricondotta, come accennato in apertura, alla figura mitologica dell’eroe Rostam, che in epoca pre-islamica vinse numerose battaglie arrivando a compiere sette celebri fatiche inclusa l’uccisione di draghi, belve e mostri feroci, concettualmente non dissimili da quelle di Ercole secondo la tradizione dell’area ellenica europea. Molto del simbolismo più ricercato dei diversi momenti sopra-elencati, dunque, viene dal periodo dell’impero dei Parti durante il momento di massima diffusione della religione del dio Mitra, la cui casta sacerdotale era solita impegnarsi in prove di forza per dimostrare il merito delle proprie convinzioni ed il favore della provvidenza. Ma il cosiddetto Sport degli Eroi per come viene conosciuto oggi è in massima parte la derivazione delle modifiche apportate a partire dalla prima epoca islamica (650-1450) con ampio spazio dedicato nell’educazione dei partecipanti ai concetti di purezza, rispetto e protezione dei più deboli dalle difficoltà del mondo. Così al giorno d’oggi, la figura storica maggiormente onorata all’interno di queste palestre, con ritratti e frasi commemorative alle pareti è quella del generale ed imam ʿAlī ibn Abī Ṭālib (599-661) cugino e genero del Profeta avendone sposato la figlia, considerato dai cultori della tradizione sciita come il loro primo Imam. Colui del quale, quando brandiva in combattimento la sacra spada di Maometto, si diceva che non esistesse al mondo “un eroe più grande” e i cui guerrieri e compagni, secondo la tradizione iraniana, si sarebbero allenati e preparati al combattimento entro le mura della Zurkhaneh. Dal punto di vista sociale questa particolare associazione, tra le altre, ha trasformato un mondo originariamente tanto privo d’inclinazioni politiche in un simbolo di ribellione tradizionalista alla modernità dei nostri e ritorno alle origini di una cultura sparita, come esemplificato dall’alto numero di praticanti che si dimostrano piuttosto avanti con gli anni, nonché privi di quel grado di prestanza fisica che ci si potrebbe aspettare da chi pratichi assiduamente una collezione d’esercizi fisici tanto faticosi e complessi. Il che del resto non priva affatto di significato il rito della Zurkhaneh poiché non è soltanto fisico il suo ruolo, essendo il tradizionale sport, recentemente inserito nell’elenco dei patrimoni intangibili dell’UNESCO, anche e soprattutto un veicolo d’accrescimento spirituale e coltivazione del sapere degli antenati, sostituzione diretta di quegli originali metodi per dar sfogo all’aggressione che risulterebbero anacronistici e privi di una logica nel mondo dell’epoca moderna e contemporanea. Un’importante ruolo del Pahlavāni è rintracciabile anche nella sua funzione di avvicinare e portare assieme appartenenti a diverse classi sociali, come testimoniato dall’abbigliamento simile a una divisa e il costo d’iscrizione sempre pari allo zero, dato il finanziamento pubblico o proveniente da sostenitori privati, che credono fermamente nell’importanza di continuare le antiche tradizioni d’Iran.
Per quanto concerne la visione globalizzata delle arti marziali, dunque, la collettività moderna conserva senza dubbio nella posizione di maggior rilevanza le prassi derivanti dall’Estremo Oriente, grazie all’ampia diffusione di una certa cinematografia e letteratura, oggi considerata un vero e proprio genere narrativo, con tutti i privilegi che ciò comporta. Mentre nella concezione filosofica tipica di molte culture medio-orientali, nel frattempo, i rituali dello Zurkhaneh restano largamente legati ad una particolare area geografica e relativa visione del mondo. E questo benché il corpo e la mente umani, ed il bisogno di coltivarne le implicite prerogative, restino identici attraverso l’intero estendersi delle collettive civiltà (idealmente) contrapposte. Ma se soltanto lo spirito partecipativo del guerriero, inteso come inclinazione ad assistere gli altri e non più anacronistica professione sanguinaria, potesse prevalere un giorno sulla visione più rigida e inflessibile delle antiche tradizioni! Ogni differenza residua, allora, verrebbe appianata. Trovando un incastro tra le diverse culture che non implica, come propria innata prerogativa, il bisogno di distruggere o sovrascrivere alcunché.
Una missione che sembra ancor’oggi impercorribile, mentre mazze, archi e spade di un tutt’altro tipo continuano incessantemente a roteare, fuori dall’ottagono e attraverso le attonite generazioni.