Un bruco senza i binari, ultimo treno verso il grande Nord

Incuneata tra le Alpi al confine tra la Svizzera e l’Austria, si trova lo stato del principato del Liechtenstein, in corrispondenza di un’importante arteria stradale romana. Utilizzata originariamente al fine di raggiungere la terra e i campi legionari di Brigantium, luogo di profonde miniere, fertili campi e un’intera popolazione ragionevolmente disposta a sottostare alle direttive del vasto Impero. Fin da quel distante mondo, dunque, ai successori degli antichi prìncipi fu concesso di mantenere il proprio potere, con il patto inespresso che il mantenimento della viabilità fosse non soltanto ragionevolmente valido, bensì eccelso sotto ogni possibile punto di vista. Con i suoi 160 Km quadrati d’estensione, dunque, potremmo definire il Liechtenstein come il paese meglio collegato al mondo poiché esso stesso costituisce, sotto molti punti di vista, il collegamento stesso. Ciò detto è chiaro che con l’aumentare di un territorio, tale mansione tende a diventare molto più difficile e complessa: vedi il caso dell’odierna Russia coi suoi 17 milioni di chilometri, le cui strade fuori dai grandi centri abitati sono semplicemente le più fangose e ardue da percorrere al mondo, oppure i sabbiosi sentieri dell’entroterra australiano, tanto pericolosi da giustificare la creazione di almeno un reality show sull’ardua vita dei camionisti. E per quanto riguarda le due maggiori nonché vaste superpotenze dei nostri giorni, la Cina e gli Stati Uniti…
All’inizio degli anni ’50, il già prolifico inventore e imprenditore originario dello stato del Vermont Robert Gilmour LeTourneau era l’uomo giusto, con l’idea giusta, al momento giusto; in quel periodo privo di certezze, tranne la latente sensazione che nel giro di qualche decade al massimo, l’incombente rombo di una squadra di bombardieri sovietici avrebbe risuonato nei cieli d’Alaska, dando inizio al conflitto a fuoco che sarebbe stato l’ultimo, il più veloce della storia. Ma che cosa, esattamente, questo progettista di veicoli da cantiere e filantropo devotamente religioso soprannominato “Colui che muove uomini e montagne” aveva effettivamente a che vedere, con una concatenazione d’eventi tanto grave e irrimediabile, almeno in linea di principio appannaggio di spietati guerrafondai con il binocolo in una mano e la valigetta dei bottoni nell’altra? Per rispondere a una simile domanda occorre definire prima di tutto l’ente governativo chiamato con l’appellativo TRADCOM, creato dopo il termine del secondo conflitto mondiale con lo scopo di risolvere il complesso problema logistico di un mondo moderno: Transportation Research and Development Command, organo dell’Esercito il cui primo compito sarebbe stato anche il più arduo da portare a termine. Sto parlando della costruzione della DEW (Distant Early Warning) line, sostanzialmente nient’altro che una serie di antenne radar e altre installazioni di avvistamento al di sopra dei confini canadesi, laddove l’Artico incontrava l’Alaska e, si riteneva, era situato il punto debole della nazione. Obiettivo per il quale era stata stimata la necessità di trasportare circa 500 tonnellate di carico tra materiale di costruzione, macchinari e provviste. Una missione potenzialmente impossibile o quanto meno terribilmente gravosa, a meno di trovare una diversa via tecnologica al fine di portarla all’auspicabile coronamento. Passaggio affine a quello offerto dalla recente implementazione fortemente innovativa, da parte di LeTourneau, di un concetto ormai largamente assodato nel mondo dei trasporti: la motorizzazione diesel-elettrica, sinonimo di una nuova, e più efficiente tipologia di treni…

La danza dei vagoni con un compito importante da portare a termine: chiunque abbia mai dovuto trasportare tronchi via dal cuore della foresta, sa quanto difficile possa essere un proposito di tale entità. Ogni aiuto, quindi, sarà bene accetto…

L’approccio alla questione di questo vero e proprio self-made man nato nel 1888 e formatasi come umile impiegato delle fonderie del Minnesota, quindi elettricista dopo aver evitato il servizio militare nella grande guerra per un’infortunio subìto alla guida e diventato nel 1920, diventando successivamente un riparatore di trattori senza alcun tipo d’educazione formale in materia, si era infatti già dimostrato valido a incrementare le prestazioni all’interno del segmento di mercato che, ad oltre un trentennio di distanza, era riuscito faticosamente a guadagnarsi, attraverso la commercializzazione di un’intera linea di veicoli da lavoro dal suo stabilimento in Texas. Strumenti i quali, nella ricerca di una superiorità prestazionale rispetto alla concorrenza, avevano nella loro ultima iterazione abbandonato il concetto tradizionale di un sistema di trazione, impiegando piuttosto un impianto centrale finalizzato all’alimentazione di una serie di compatti motori elettrici pari al numero delle ruote e situati nel mozzo delle stesse. Ma il vero punto di svolta avvenne all’inizio del 1953, quando LeTourneau costruì il prototipo del suo VC-12 Tournatrain veicolo per il trasporto di legname direttamente dai siti di taglio in cui non soltanto avveniva questo, ma potevano essere aggiunti ulteriori “vagoni” ciascuno a sua volta motorizzato e connesso al cuore della macchina, ovvero la sua sostanziale locomotiva. Permettendo ad esso non soltanto di tirare meglio il suo carico, ma anche affrontare percorsi precedentemente impossibili mediante la capacità di spingere o tirare le diverse “carrozze” in situazioni di trazione tutt’altro che assicurata, come i sentieri dell’arduo Artico americano. Contattato dalla TRADCOM, a quel punto, l’imprenditore cristiano e pacifista costruì su loro richiesta il prototipo o vera e propria proof-of-concept della cosiddetta TC-264 Sno-Buggy, improbabile carro motorizzato alimentato a gas butano con otto enormi ruote gigantesche in configurazione accoppiata, dello stesso tipo che sarebbero in seguito state associate al concetto spettacolare dei Monster Truck. Tale arnese, ricevuta l’approvazione del comando, venne in seguito convertito alla versione finale VC-22 Sno-Freighter, capace non soltanto di trasportare 150 tonnellate in un sol viaggio nei suoi 5 vagoni e due motrici per la lunghezza complessiva di ben 84 metri, ma di farlo a temperature di fino a -20 gradi, attraverso la neve ed attraversando torrenti di una profondità di fino a 1,2 metri. Completato a tempo di record grazie all’impiego di componenti già disponibili al momento dell’ordine, il veicolo fu quindi probabilmente quello di maggior successo della serie, utilizzato con successo fino al 1955 quando un’incendio sviluppatosi accidentalmente nella sala macchine, sfortunatamente, portò al suo improvvido abbandono presso Fairbanks, in Alaska. Nel frattempo e l’anno prima di tale evento, l’Esercito era rimasto a tal punto colpito dal progetto di LeTourneau da avergli chiesto di produrre un secondo veicolo, nome in codice LCC-1 o Logistics Cargo Carrier, dotato della capacità modulare di essere esteso mediante l’aggiunta di ulteriori locomotive diesel, fino a un massimo virtualmente illimitato. Il prototipo, dotato di soli tre vagoni con capacità di 45 tonnellate, venne tuttavia completato soltanto nel 1962 dopo una lunga serie di ritardi, finendo quindi per essere utilizzato soltanto brevemente durante un giro di prova in Groenlandia. Esso già integrava, tuttavia, una serie di perfezionamenti significativi rispetto allo Sno-Freighter, tra cui un compartimento per l’equipaggio riscaldato, una gru per il recupero del carico ed un motore diesel centrale potenziato a 600 hp contro i 400 per ciascun impianto del modello precedente.

L’estetica dello Sno-Train non fu certo un punto considerato importante in fase di progettazione, come possiamo apprezzare dal suo aspetto geometrico conforme a una versione accidentale del puro cubismo. Esso seppe dimostrarsi, tuttavia, molto efficace.

Il che ci porta, senza ulteriori perdite di tempo, a quello che avrebbe costituito il capolavoro e letterale non-plus-ultra dell’intera serie dei treni-senza-binari, il veicolo passato alla storia come TC-497 Overland Train Mark II. Progettato a partire dal 1958 per rispondere ad un nuovo appalto dell’Esercito, esso avrebbe tratto giovamento non più da semplici motori diesel bensì turbine a gas dal minor peso in numero di quattro per la prima locomotiva ed ulteriori attraverso l’estendersi del “treno”, ciascuna dotata di 1.170 cavalli dedicati alla propria serie di sub-motori elettrici in corrispondenza delle singole ruote. Le quali erano state concepite inoltre, per la prima volta, complete della capacità individuale di sterzare, permettendo di ridurre in maniera sensibile l’arco di sterzata dell’intero convoglio. La stessa cabina di comando aveva guadagnato ulteriori comfort incluso un bagno interno, la cabina per la notte e persino un impianto radar, per contribuire individualmente allo sforzo necessario per rivelare il temuto arrivo dei sovietici dal cielo. Un prototipo costruito con scocca esterna in alluminio, al fine di ridurre ulteriormente il peso, venne quindi spedito alla TRADCOM nel 1962, per essere testato approfonditamente in Arizona nell’ambito del Progetto OTTER” o “Overland Train Terrain Evaluation Research”. Proprio mentre il veicolo stava per essere giudicato soddisfacente, tuttavia, qualcosa d’inaspettato finì per deviare l’attenzione del comando centrale altrove. Ovvero la base di Yuma in Alaska, dove un certo elicottero dal nome di Sikorsky CH-54 Tarhe si dimostrò di fronte a un pubblico estasiato capace di sollevare circa 9 tonnellate, permettendo a una flotta di questi apparecchi di effettuare lo stesso lavoro di un treno LeTourneau in una frazione del tempo e con sforzo decisamente minore. La nuova Via, dunque, era stata selezionata ed essa sarebbe stata la via del Cielo. Chissà quali conclusione si trovò a trarre, da tutto questo, l’uomo che aveva fatto il suo ingresso nella storia grazie alla forza delle proprie idee.
Soltanto nel 1965, poco dopo il termine della sua lunga collaborazione con l’esercito, l’imprenditore texano ricevette il suo diploma in ingegneria per corrispondenza, oltre 50 anni dopo aver studiato per il corso. Alla non indifferente età di 76 anni, quindi, egli è famoso per aver esclamato: “Finalmente me ne hanno dato uno. Era ora che ricevessi un’istruzione!” Dopo il suo decesso nel 1969, suo figlio avrebbe continuato a gestire l’azienda di famiglia che, come sussidiaria della multinazionale Joy Global a partire dal 2011, esiste tutt’ora.

Ricettacolo costoso d’ottime speranze, l’Overland Train Mark II giunse sulla scena con l’intenzione di rivoluzionare i trasporti via terra in luoghi ardui da raggiungere. Quello che nessuno sembrò aspettarsi in anticipo, tuttavia, era che tali trasporti avrebbero iniziato poco dopo ad essere effettuati al vorticar d’una mezza dozzina d’elevate pale. Ed anche questo, in un certo senso, è un chiaro effetto della logica (o logistica?) della storia.

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