In questa prima metà del 2020 in cui tutto sembra essere cambiato, almeno il trascorrere del tempo resta una costante. Con l’avvicinarsi dei mesi estivi e assieme ad essi, il probabile imminente riproporsi di quel suono. Reiterato, insistente, melodioso a anche per questo, ancor più arduo da filtrare con la percezione della mente; oggi cantano gli uccelli, domani, le cicale. Un fastidio…Sopportabile! Quando si pensa cosa ciò significhi nel proseguir dei giorni, ovvero la memoria storica della natura che perpetra se stessa. Del tutto indifferente alle questioni che appaiono inficiare ogni concetto dato per scontato nell’incostante funzionamento della civiltà umana. Ci sono luoghi, tuttavia, dove un simile concerto appare più evidente, ovvero in grado di colmare i padiglioni auricolari di chiunque, mentre addirittura il rombo degli aerei distanti viene superato, in materia di decibel, dal ritorno di colui che domina lo spazio aurale della foresta, e non solo.
Creature che stanno a un’esponente europeo dell’ordine degli emitteri, così come una mosca sta a una Lyristes plebejus, cantante dei nostri caldi pomeriggi d’estate italiani dagli appena 4 cm di apertura alare. Contro i 18 di colei che, con altrettanto pregno latinismo, assume grazie al classificatore del XVIII secolo Illiger il nome di Tacua Speciosa (“Magnifica, Sgargiante”) per ragioni che appaiono particolarmente ovvie al primo sguardo approfondito nei confronti di un simile insetto dai colori memorabili: le strisce gialla e rossa sul dorso, la parte verde dell’addome, circondato dal nero lucido della chitina e le ali opache che sembrano di cera. Grande all’incirca quanto la mano di InsecthausTV, il collezionista/allevatore tedesco diventato famoso qualche anno fa per i suoi brevi video dedicati ad alcuni degli artropodi più eccezionali della Terra, tra cui tale creatura si dimostra degna di figurare a pieno titolo, come anche esemplificato dal tono altisonante del suo nome comune. Imperatore e non Imperatrice (la distinzione di genere è importante, ne scopriremo più avanti la ragione) del suo vasto areale di diffusione dal Sud Est Asiatico all’India, passando per la penisola della Malesia, Singapore, Sumatra e Borneo. Per una cicala originariamente chiamata scientificamente Indica e che, nonostante tutto, non sembrerebbe essersi montata la testa, dato il ciclo vitale assolutamente convenzionale con emersione di generazioni in alternanza al trascorrere di ogni singolo anno, diversamente da quanto avviene per le celebri Magicicada, che spiccano il volo soltanto ogni 13-17 anni in un evento che coinvolge intere regioni nordamericane.
Nozione che esaurisce, purtroppo, quanto ci è dato sapere di specifico sulle abitudini di tale imponente creatura, data la sorprendente assenza di studi specifici a suo proposito, fatta eccezione per il documento del 1994 e spesso citato dell’entomologo francese Boulard (et. al) che tuttavia nessuno sembra aver letto, dato il suo nascondersi dietro un relativamente costoso paywall. Il che non può impedirci di desumere per inferenza, d’altra parte, molte delle sue abitudini, assai probabilmente conformi al concetto universale di una (grandissima) cicala…
Parenti stretti dei salterini Cercopoidea (sputacchine) e Cicadellidae (cicaline) che risucchiano la linfa degli alberi riuscendo a penetrarne la corteccia con l’appuntita proboscide, le cicale propriamente dette si riconoscono per gli occhi distanti, le grandi ali capaci di permettergli effettivamente il volo e sopratutto l’insistente canto, prodotto esclusivamente dagli esemplari maschili per attirare le loro quasi identiche consorti. Differenziate da questi ultimi soltanto per la presenza del lungo ovopositore situato nella parte posteriore del corpo, impiegato dall’insetto per scavare nel terreno a una profondità sufficiente a deporvi al sicuro le uova verso il termine dei mesi più caldi, affinché i loro piccoli occupanti ancora privi di ali possano nascere e crescere scavando ancora più in profondità. Fino a 2 metri e mezzo, dove trascorreranno un periodo medio tra i 2 e i 5 anni nutrendosi della linfa delle radici, con una mortalità stimata di almeno l’80-90% prima che i più fortunati scaturiscano al raggiungimento dello stato adulto (imago) compiendo una breve trasferta fino all’albero più vicino. Dove laboriosamente inizieranno a liberarsi del proprio esoscheletro protettivo, alleggerendosi del peso in eccesso e preparandosi alla ricerca e il volo nuziale che costituirà il momento saliente della loro lunga e semplice esistenza. Insetti prevalentemente diurni, benché alcune specie cantino verso le ore del tramonto e soltanto un paio già classificate durante la lunga notte, le cicale possiedono generalmente una livrea mimetica mirante a confonderne l’aspetto contro la vegetazione dell’ambiente di appartenenza, benché le tonalità sgargianti della T. speciosa non appaiano del tutto illogiche, quando si considera come tali creature facciano normalmente affidamento più che altro sul gran numero, per garantire la venuta della prossima generazione prima che uccelli, vespe, mantidi religiose, ragni, rettili o anfibi ghermiscano la forma riconoscibile attirati dal suono roboante di quell’insistente canto di corteggiamento. Prodotto dalla cicala grazie all’uso sapiente dell’organo specializzato contenuto nel loro addome, noto come timballo costituito da lamine sovrapposte collegate a muscoli abbastanza forti da produrne un suono roboante, ogni qualvolta l’animale desidera di far conoscere la sua presenza. Affinché la sua lei potenziale possa trovarlo, grazie all’uso dei timpani membranosi posizionati, come nel caso delle cavallette, sull’estremità del primo paio di zampe. É stato stimato, a tal proposito, come l’entità del suono prodotto, superiore in specie grandi come quelle dei tropici dell’Asia ai 120 dB, risulti sufficientemente poderoso da causare potenzialmente perdita di udito negli umani, qualora proveniente da una posizione abbastanza prossima e per un periodo esteso nel tempo.
Ciò detto, le cicale sono animali del tutto innocui per gli umani benché possa verificarsi, in particolari circostanze, un evento relativamente fastidioso: quello di un esemplare appartenente alla famiglia in questione che, tenuto in mano per un tempo eccessivamente lungo, decida di “assaggiare” con la sua piccola proboscide il gusto della superficie scambiata per un albero, causando una puntura relativamente dolorosa. Dopo tutto, ciò che è fatto per bucare il legno non ha nessun tipo di problema, a penetrare lo spessore trascurabile della pelle umana…
Magnifico è sempre stato e tale rimarrà per lungo tempo ancora, dunque, questo mondo stratificato e prevedibile degli insetti. In cui ogni cosa succede per una ragione ed anche quando una particolare specie risulti largamente misteriosa, non è difficile arrivare a immaginare le regole e gli eventi della sua variopinta esistenza.
Ricordate, ad ogni modo, di chiamare tale splendida creatura Imperatore e non Imperatrice, poiché il secondo termine si riferisce, guarda caso, alla specie totalmente distinta e meno colorata ma dall’areale simile della Megapomponia imperatoria con i suoi 18-20 cm di apertura alare, nient’altro che la cicala più grande al mondo. La cui proboscide, probabilmente, oltre alla pelle potrebbe facilmente bucare le pareti di una casa d’Oriente. Residuo anacronistico di quell’epoca trascorsa, in cui piuttosto che gli aerei, magnifici insetti dominavano i cieli. E che potrebbe anche tornare presto a palesarsi, dopo altri due o tre periodi come quello da noi vissuto all’inizio di questo movimentato 2020.