Il seme di geranio che ha imparato a trapanare il suolo

Tendiamo a considerare le piante come arredi del paesaggio privi di coscienza o intenti, stolidi elementi ricoperti dall’impenetrabile corteccia della sussistenza. Ma quando si parla di erbe, bassi cespugli o simili presenze, neanche quello: esse semplicemente esistono, ad avviso degli umani, al fine di essere schiacciate camminando, ogni considerazione messa da una parte nel momento in cui la terra, di suo conto, si trasforma nel sentiero che conduce a un qualche tipo di risoluzione. Come se l’assenza di sinapsi cerebrali e con esse la capacità di pensare, quando unita all’invisibilità senza guardare in basso, dovesse determinare una mancanza di significato superiore a quello di raccogliere la pioggia delicata della primavera. Ciò che l’esperienza informata può riuscire ad insegnarci, d’altra parte, è il modo in cui processi ormai da tempo conseguiti riescono a condurre, nel prosieguo dei millenni, a straordinarie “coincidenze” che derivano, in realtà, da un obiettivo ben preciso.
Sempre quello: riprodursi, perpetrare, proiettar se stessi nuovamente, lungo il corso di un’ennesima generazione. Lupi? Leoni? Aquile? Erbe di derivazione mediterranea, diventate cosmopolite a seguito della diffusione per mano umana? Poco importa ed ogni essere, a suo modo, sfrutta i punti forti potenziali della sua categoria di appartenenza. Creature simili alla cicutaria o becco della gru (Erodium cicutarium) che non è in effetti imparentata in alcun modo con le apiarie cui assomiglia nella forma delle foglie come la fonte del celebre veleno (Conium maculatum) bensì parte dell’inoffensiva, e spesso commestibile nonché saporita, famiglia delle Geraniacee, angiosperme dicotiledoni perenni caratterizzate da una specifica configurazione floreale. Ma per quanto riguarda il frutto, ecco… I risultati possono variare. Nel caso specifico, ad esempio, l’aver trovato il fiore viola della pianta non più alto di una margherita potrà essere seguito dall’osservazione, per lo più incidentale, della serie di appuntiti elementi che conducono a quel nome derivante dal mondo degli uccelli; soprattutto quando aperti ed hanno assolto, ormai da tempo, alla funzione per cui sono apparsi nel complesso schema della natura. Ovvero svolgere, in maniera perfettamente efficace, la funzione di una vera e propria rampa di lancio. Per un proiettile che non possiamo fare a meno di definire perfettamente concepito, in ogni sua benché minima parte…

Ogni parte della cicutaria, contrariamente a quanto si potrebbe pensare per il nome, può essere tranquillamente digerita dagli umani inclusi i gambi, che sembra abbiano il sapore del prezzemolo e trovano un effettivo impiego infrequente in cucina.

Ogni trattazione dell’Erodium (termine che significa, per l’appunto, gru del tipo volatile/pennuto) non può prescindere ed in verità fare a meno di trovare il culmine nella descrizione del suo processo di propagazione, idealmente propedeutico a un processo infestante che nei fatti, per una ragione o per l’altra, non sembrerebbe aver ancora raggiunto il suo massimo potenziale. Nonostante i presupposti certamente validi: ciascun frutto a forma di “becco della gru” infatti, all’interno della sua forma affusolata, nasconde un seme dalla forma rigida e filiforme, grazie all’estrusione di tessuto non-vivente che prende il nome di awn (barba) fatta crescere dalla pianta fino al raggiungimento di uno stato di tensione significativa all’interno della capsula del frutto in questione. Finché al raggiungimento dello stato critico, tale fondamentale prodotto biologico non verrà proiettato, con tutto il potenziale della forza accumulato fino a quel momento, a una distanza sufficiente a garantire la futura crescita senza sottrarre sostanze nutritive alla pianta genitrice. Detto questo, se le cose finissero qui potremmo affermare semplicemente di trovarci di fronte all’ennesima pianta capace di trarre giovamento dal processo della dispersione esplosiva, come molte altre appartenenti a un vasto ventaglio di famiglie o categorie distinte. Laddove il seme della cicutaria, piuttosto, sembra raggiungere un gradino più elevato nella scala ineguale dei meccanismi disposti dalla natura. Esso infatti, una volta caduto a terra, vede la sua estrusione iniziare fin da subito ad attorcigliarsi su se stessa in configurazione elicoidale, per il semplice effetto della naturale umidità dell’aria. Evento a seguito del quale, inevitabilmente, un lato del seme viene sollevato da terra, ponendo l’intera forma della stesso in posizione perpendicolare al suolo. O in altri termini, pronto ad assolvere al suo scopo d’esistenza primario: poiché nel proseguire del ciclo delle ore, ad ogni variazione atmosferica, la barba continuerà a girare da una parte o dall’altra, girando e girando ancora la futura pianta a cui risulta ancora saldamente attaccata. Finché quest’ultima, in funzione di tale processo, si ritrovi seppellita a una profondità variabile tra i 3 e i 7 cm, situazione a seguito della quale la “coda” si stacca, perché il seme risulti più difficile da trovare da parte dei saltellanti, cinguettanti, zampettanti predatori. Come molte specie di formiche, che tanto spesso se ne nutrono, il seme della cicutaria a becco di gru possiede dunque la cognizione operativa del metodo per preservare se stessa: spostarsi ove gli occhi di nessuno possano raggiungerla, prima di essere abbastanza forte, e grande, da sopravvivere ai diversi ostacoli della vita.

Un fiore piccolo, come il resto della pianta, ma non per questo privo di una certa grazia immanente, anche grazie al gradevole color viola antico. Occorre, tuttavia, prestare un certo grado di attenzione: a scatenare una reazione a catena dei cannoni pronti al fuoco, con le loro barbe ruvide, basta un attimo…

Dividere le proprie risorse verso l’ottenimento di due finalità distinte, il lancio e la perforazione, determina del resto il raggiungimento di un certo grado di compromesso. Nello studio del 2011 intitolato The mechanics of explosive dispersal and self-burial in the seeds of the filaree (effettivo nome anglofono comune della pianta) Dennis Evangelista et al. notano come l’aumento di peso del seme dovuto all’inclusione del meccanismo capace di trapanare il suolo contribuisca a ridurre sensibilmente la distanza coperta durante il lancio, impedendo al geranio di raggiungere gli stessi risultati encomiabili di altre piante dotate dello stesso sistema di propagazione. E proprio questo, in ultima analisi, potrebbe aver impedito alla pianta di assumere il grado d’infestazione potenziale che saremmo stati in linea di principio inclini ad attribuirgli. Mentre considerevolmente aumentata risulta essere, di contro, la percentuale di semi che riescono effettivamente ad attecchire ed assicurarsi la crescita futura.
Che il controllo del territorio debba essere l’obiettivo imprescindibile di ogni essere vivente, anche a discapito della sopravvivenza di ogni singolo componente della sua prole, risulta certamente opinabile, così come l’uno e l’altro metodo presentino rispettivi gradi di efficienza. Ed è proprio il fatto che ogni singola presenza vegetale, inclusa l’erba ed i cespugli, vanti risultati in grado di condurla verso le due strade distinte, a dimostrare il senso ed il significato ultimo di tali forme di vita: anch’esse dotate di un carattere imprescindibile, così come intento, gioia e desideri. Pur se incapaci di esprimerli, come fa l’uomo digitalizzato dei nostri giorni, mediante una didascalia alla foto di Instagram, piuttosto che un’emoji nell’ennesima discussione online.

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