L’alba fulgida della risacca trasportata da un mondo alieno

Pur sempre rilevante resta l’espressione: “Esistono cose…” Luoghi fuori dagli atlanti, nozioni che non rientrano nella filosofia degli antenati, parole sfuggite dal catalogo di qualsivoglia dizionario pubblicato fino all’alba di questo giorno. Ed anche quando si conosce l’effettiva provenienza di un fenomeno, tutt’altra sensazione è viverlo, in prima persona, sospesi tra le cognizioni teoriche e l’incredibile progressione dei momenti. Surfista: persona che persegue l’attimo, attraverso l’interfaccia priva di complicazioni tra uomo e mare. Colui che risvegliandosi a tarda sera, presso le dorate spiagge situate tra San Diego e Los Angeles, riceve la notizia che per tanto tempo si era riservato di far corrispondere alle proprie percezioni personali: il mare è acceso, il mare è azzurro, le onde ardono di un fuoco elettrico di provenienza chiaramente sovrannaturale. Già, questa è la semplice e purissima evidenza, di un qualcosa che c’è sempre stato e in qualche modo, poco chiaro, sembra esulare dalle cognizioni della scienza possedute nello stato dei fatti attuali, rientrando nella pura e inconoscibile magia. Laddove i nostri sensi, spesso, sbagliano e in effetti tutto questo ha una precisa provenienza: l’accumulo piuttosto tossico, ecologicamente problematico e persino pericoloso dell’alga facente parte della cosiddetta marea rossa, fenomeno annualmente ricorrente comune all’intera costa del Pacifico degli Stati Uniti (e non solo). Ciò detto è chiaro che nel caso di Newport, Hermosa e Venice Beach l’intera faccenda si trova connotata dalla presenza di un particolare elemento, confluenza di una lunga serie di percorsi evolutivi. Quelli in grado di dar vita, e permettere di replicare all’infinito, l’alga unicellulare dinoflagellata Lingulodinium Polyedra, 40-54 nanometri di micro-creatura ricoperta da una solida corazza e dotata di uno specifico, non del tutto inaudito sistema d’autodifesa, consistente nell’emissione di un’intensa luce azzurra all’indirizzo del potenziale predatore. Ora durante il giorno, c’è ben poco di affascinante in queste semplici creature. Il cui ammasso indiviso, fatto crescere in funzione dell’accumulo di nitrati, fosfati ed altre sostanze dovute all’inquinamento dei mari, assume le tinte rossastre in grado di colorare le onde che raggiungono la spiaggia in un susseguirsi di ruggiti roboanti, ciascuno accompagnato dai chiari segni che scoraggiano qualsiasi contatto da parte dei bagnanti. Quando al calare della sera, ecco che le cose cambiano in maniera diametralmente opposta: sotto la luce della luna, quando tutto il potenziale accumulato durante il giorno viene scatenato in un bagliore che sembrebbe rispondere, progressivamente, ad ogni singolo movimento dell’acqua e tutto quello che contiene. Così come mostrato nel video pubblicato all’inizio della scorsa settimana sul canale di FunForLouis e già visualizzato quasi 15.000 volte. Non tanto per la qualità registica o l’originalità dei contenuti (siamo innanzi, d’altra parte, ad un fenomeno ben noto) quanto in funzione dell’eccezionale atmosfera che regna dall’inizio alla fine della sequenza: soltanto un gruppo di ragazzi, con voglia di divertirsi, alle prese con un qualcosa che esula dalla comune percezione del quotidiano. Quasi annualmente ripetuto pur non diventando mai scontato; praticamente la neve ad agosto, in un luogo in la temperatura che sussiste non permetterebbe di vederla neanche in inverno…

I risvolti rossi delle onde affette da invasione di dinoflagellati non risulta sempre facile da scorgere, pur risultando una costante particolarmente nota a tutti gli abitanti della California. Ciò detto, non è in genere consigliabile fare il bagno in presenza di simili condizioni trasnitorie.

I dinoflagellati, il cui nome deriva dalla coppia di “flagelli” o estrusioni della cellula, sono un tipo di microrganismi dotati di un nucleo fuori dal comune, all’interno del quale i cromosomi risultano legati direttamente alla membrana esterna. Parte inscindibile del plankton marino generalmente associata alle alghe, benché possiedano un codice genetico dotato di proteine dalla probabile origine virale, almeno 18 specie classificate di questi esseri possiedono la capacità di emettere una luce bluastra o verde, regolata dalla loro cognizione innata del trascorrere delle ore. Che gli permette di percepire il momento in cui cala la sera, permettendogli quindi di attivare il loro particolare sistema di contromisure. Uno strumento fornito dai particolari corpuscoli citoplasmici (interni alla cellula) denominati scintillioni, capaci di secernere la sostanza pirrolica chiamata luciferina, comune a lucciole, lumache, batteri e funghi. Tramite l’impiego di quest’ultima dunque, piuttosto che limitarsi a spaventare le creature interessate a trasformare l’attimo corrente in ora di cena, l’emissione della Lingulodinium ha la finalità di attirare sulla scena creature appartenenti a uno scalino superiore della catena alimentare, costringendo i gli avversari a preoccuparsi della propria stessa sopravvivenza piuttosto che il semplice nutrimento quotidiano. Il ciclo riproduttivo dei dinoflagellati dunque, estremamente rapido ed efficiente, risulta essere di un tipo prevalentemente asessuato, mediante i processi di desmoschisi o eleuteroschisi, ovvero divisione della cellula effettuate rispettivamente prima o dopo essersi liberati dell’armatura esterna protettiva o “theca” posseduta da parte dei singoli esemplari. La riproduzione mediante commistione del materiale genetico tra due partner è dunque attestata, benché eccezionalmente rara. Questo, potenzialmente, per l’inusitata quantità di DNA cellulare contenuto all’interno di un singolo esemplare, capace di superare 450 volte quello di una comune creatura eucariota. Stranamente scarno risulta essere, nel frattempo, il loro codice genetico mitocondriale, benché la cellula risulti nondimeno abile nel processare le sostanze nutritive acquisite da una combinazione di fotosintesi e predazione di microganismi meno efficienti, mediante l’impiego di processi a noi ancora non particolarmente noti. La predazione avviene normalmente tramite inglobamento di cellule più piccole, prima di procedere alla digestione. Pur avendo un proprio ruolo nell’ecosistema e la conservazione delle barriere coralline, i dinoflagellati tendono quindi a diventare un problema durante i periodi di crescita eccessiva con conseguente acquisizione del monopolio sulla propria nicchia ecologica, casistica ulteriormente aggravata dalla loro capacità innata di produrre dinotossine, in quantità sufficiente all’uccisione delle specie ittiche più delicate. E questo senza neanche prendere in considerazione la maniera in cui possono contaminare possibili fonti di cibo particolarmente apprezzate dagli umani come crostacei o molluschi, un’eventualità spesso seguita da casi di avvelenamento potenzialmente piuttosto gravi. Ciò detto, il semplice contatto esterno durante un bagno non risulta sufficiente a causare alcun tipo di problema, avendo fatto negli anni molte delle spiagge soggette alle cosiddette maree rosse, negli Stati Uniti ed altrove, mete turistiche particolarmente apprezzate, il che nel contempo ha sfavorito ogni possibile percorso verso la risoluzione definitiva di questa potenzialmente problematica nonché reiterata invasione. Tra le destinazioni più famose, oltre all’area succitata della California meridionale, possiamo quindi annoverare particolari zone costiere della Jamaica, Puerto Rico, il Golfo del Messico e in modo particolarmente raro, alcuni recessi del Mar Mediterraneo, capaci di risplendere in maniera apparentemente spontanea durante le ore notturne in località ben lontane dalle coste. Un processo probabilmente già noto agli antichi, come esemplificato dalle testimonianze del prodigioso e incomprensibile “fuoco dei mari” che compaiono in numerose cronache marinaresche (e non) redatte attraverso il lungo corso delle Ere. Un riferimento particolarmente celebre all’aspetto diurno del fenomeno potrebbe essere rintracciato, ad esempio, nella parte della Bibba in cui si parla dell’Esodo, quando la narrazione fa riferimento alla trasformazione del Nilo in un “fiume di sangue”, probabilmente colorato da generose quantità di questi problematici batteri.

Una scena tanto celebre quanto degna di essere mostrata ripetutamente: due delfini che nuotano all’interno di un mare della California che risponde di suo contro, lasciandogli dipingere altrettante scie mirabilmente luminescenti. Tutto grazie ad un qualcosa che neppure noi umani, riusciamo facilmente a vedere.

In questo maggio del 2020 che ha recentemente superato l’apice della pandemia, dunque, simili scene ci ricordano che la vita continua, benché correre immediatamente al mare sia un intento sconsigliabile per tutti, inclusi noi stessi. Poiché non tutto quello che sfugge alla cognizione dei nostri occhi opera secondo il nostro interesse presente o futuro, ponendo le basi potenzialmente irrimediabili dell’ora della nostra fine.
Del tutto indifferente a simili problemi, nel frattempo, la natura opera le proprie meraviglie e costruisce gli ostacoli sulla strada dell’altrui sopravvivenza, lasciando che tali princìpi contrapposti si combattano a vicenda per arrivare al culmine possibile dell’orizzonte degli eventi. Ove un essere poligonale, dalla corazza (relativamente) impenetrabile, risulta in grado di cambiare le regole ed i presupposti cromatici dell’esistenza, per salvarsi dalla fame di chi nuota sopra il pascolo dei suoi antenati. Poiché talvolta un colore, è soltanto un colore. Talvolta…

Avete notato come più si aumentino gli ingrandimenti, tanto maggiormente diventino mostruose e incomprensibili le regole che guidano i percorsi della natura? Fino alla creazione di esseri che sembrano appartenere a dimensioni parallele dell’esistenza!

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