L’inviato diplomatico del regno di Qin prese saldamente in mano le redini del suo cavallo, mentre faceva un cenno al seguito di guardie armate di aspettare prima di seguirlo lungo il proseguire del sentiero di montagna. “Attenti, adesso. Questo è il punto in cui raccomandare l’anima alla protezione divina del Re.” Alludendo col suo titolo attuale a Yíng Zhèng, ovvero l’uomo che, tutti sapevano, sarebbe diventato un giorno imperatore. Per conto del quale ben presto egli, come suo rappresentante e portatore di doni, avrebbe stipulato la pace con i grandi territori meridionali dello stato di Chǔ, ultimi rivali ancora degni di questo nome, ponendo fine al lungo Periodo dei regni combattenti (nella nostra datazione, 481-221 a.C.) Ma la cavalcata o il trotto in quel momento apparivano impossibili, da quando una volta lasciato il sicuro sentiero della strada commerciale nella contea di Yongxing, si erano inoltrati lungo l’unica via d’accesso in tempo utile alla città Qiakou ove si era rifugiata la corte in opposizione, attraverso il passo montano di Gaoyiling (高椅岭 – letteralmente: cresta del seggiolone). Con aria pensierosa, quindi, l’inviato osservò ancora una volta il panorama, punto forte facilmente difendibile dei loro rivali politici e militari maggiormente duraturi: come altrettanti gusci di tartaruga o code di serpente, propaggini montane s’intersecavano l’un l’altra in mezzo a sinuose propaggini lacustri. A far da contrappunto con le macchie di vegetazione sopra di esse, d’altra parte, veri e propri ponti di terra collegavano ciascuna isola con le altre, caratterizzati dalla forma digradante di un telo di stoffa messo a cavallo di una spessa corda. Raggiunta quindi la decisione imprescindibile, l’uomo spronò in avanti il suo amico equino, confidando nella capacità di quest’ultimo di fare affidamento all’unico ausilio di tanto difficili circostanze: la scalinata chiaramente antropogenica intagliata, forse all’epoca delle cosiddette Primavere ed autunni, dalle antiche tribù del popolo dei Ma. “Avanti, miei prodi guerrieri.” Disse quindi, ricevendo un qualche tipo d’ispirazione imprevedibile. “Qui o si fa la Cina, o si muore.”
Attraverso la complessa, imprevedibile ed in certi casi circolare storia del Regno di Mezzo (中国, Zhōngguó) gli eventi che coinvolgono il percorso degli umani attraverso le nebbie impercorribili del tempo trovano l’apporto, qualche volta più che mai determinante, dell’ambiente naturale ed il paesaggio di un così vasto paese. E ciò è senz’altro maggiormente vero, più che in qualsiasi altro luogo, nella regione montuosa dell’entroterra dello Hunan, nota fin dai tempi antichi per la grande quantità di picchi e montagne sacre alle cognizioni religiose di Taoismo, Buddhismo e culto degli antenati secondo i precetti del Confucianesimo. Entità create, attraverso millenni ancor più remoti, dall’azione carsica dell’umidità sul paesaggio, composto di sostanze minerali favorevoli all’erosione, come per l’appunto l’arenaria rossa della cresta di Gaoyiling. Un luogo certamente noto ad Internet, sebbene non si possa dir lo stesso del suo nome, grazie alle occasionali inquadrature fotografiche a dorso di drone, vere e proprie shock images all’interno delle quali piccole figure umane, apparentemente inconsapevoli della precarietà di tale situazione, procedono all’inconoscibile ricerca di un “qualcosa”. Adrenalina? Soddisfazione personale? L’opportunità di dimostrare ai propri amici e parenti di esserci stati, grazie all’eccezionale selfie d’occasione? Tutto questo e forse anche dell’altro, così come, attraverso i secoli pregressi, ogni possibile premessa abbia trovato l’occasione di essere portata all’estremo…
Particolarmente famosa, oggi, per le molte attrazioni di natura montana come irti sentieri d’assi o moderni ponti d’osservazione, la fortezza naturale dello Hunan fu a lungo considerata un’importante luogo per l’accrescimento spirituale dei pellegrini, probabilmente a causa delle straordinarie esperienze paesaggistiche che risultava in grado, a maggior ragione di qualsivoglia altro luogo, di fornire. Un mito che si riesce a perpetrare anche nell’epoca contemporanea, benché punteggiato delle occasionali testimonianze videografiche di persone che, per una ragione o l’altra, si ritrovano a sperimentare in maniera diretta la paralisi del terrore d’alta quota. Casistica tutt’altro che inusitata, assai probabilmente, prendendo ad esempio le specifiche caratteristiche della cresta di Gaoyiling, tanto unica quanto, almeno in apparenza, pericolosa. Parte tuttavia considerata irrinunciabile di qualsivoglia giro turistico della contea rilevante, come esemplificato dal detto folkloristico traducibile con “Hengshan è come camminare, Daishan è come sedersi, Huashan è come stare in piedi, Songshan è come mentire, ma Nanyue è come volare.” Essenzialmente nient’altro che un itinerario, che partendo dal Grande Tempio sulla montagna di Heng, sopravvissuto fin dall’epoca della dinastia Tang (690-705 d.C.) e dedicato alle tre principali religioni del Celeste Impero, s’inoltra attraverso la serie dei succitati picchi e la complicata rete di passi e creste montane, completando essenzialmente un passaggio niente meno che fondamentale verso la via perseguibile dell’Illuminazione. Il caso d’incidenti non è del resto tutt’altro sconosciuto, così come più di un gruppo di persone ha riportato conseguenze dalle vicine rapide del fiume Zheshui, tenuto in alta considerazione da tutti gli appassionati di rafting della grande Asia e non solo, che prima di gettarsi nel placido e vasto lago artificiale di Dongjiang attraversano una pericolosa sezione di rocce invisibili, secche e pericolosi salti nel vuoto. Quasi al fine di riconfermare, ancora una volta, la reputazione adrenalinica di questi luoghi un tempo considerati perfettamente ameni.
In epoca più recente diventata importante come terra natale del grande leader comunista Mao Tse-tung (controllore di un diverso Impero) a partire dagli anni ’30 dello scorso secolo la regione dello Hunan si è trasformata in uno dei granai e fonti di riso maggiormente significative dell’intera nazione, causa la fertilità delle radure nascoste tra i suoi alti picchi montani, a loro volta ultime regioni abitate dalle minoranze etniche dei popoli Tujia, Miao e Dong. In questa guisa doppiamente rilevante, dunque, è riuscita a diventare una meta turistica di primo piano, anche grazie alle incredibili testimonianze offerte al popolo di Internet dai moderni mezzi di registrazione mediatica sempre all’interno delle nostre capienti tasche.
Ciò che l’inviato diplomatico del regno di Qin non poteva sapere ancora, in quel momento, è che nell’anno successivo a quel fatidico 223 a.C. gli stati di Yan e Zhao avrebbero capitolato spontaneamente, preso atto della resa incondizionata del vasto e un tempo imprendibile regno di Chu. Nulla, dunque, si sarebbe opposto alla sconfinata ricerca egemonica dell’uomo che avrebbe un giorno lasciato grandi e incomparabili monumenti alla posterità affidati al suo nome eterno di Qin Shi Huangdi. Tra cui sarebbe senza dubbio un’occasione persa non citare la famosa tomba del Monte Lì, presso cui vennero trovati gli armigeri dell’incredibile esercito di terracotta, e la fondamentale Grande Muraglia del remoto settentrione, usata come temporanea barriera protettiva contro quegli stessi popoli che un giorno, nonostante tutto, avrebbero governato la Cina.
Poiché non c’è nulla d’immortale, nelle costruzioni dell’uomo e della natura, tortuose strade di collegamento tra contrapposte regioni dell’esistenza. Sebbene siano spesso le seconde, fatte della spessa roccia delle Epoche trascorse, a sopravvivere più lungo nella travagliata corsa degli eventi.