“Come api al miele” pensò William il pilota di caccia, alla sua 14° sortita dall’isola di Guadalcanal, superato il numero critico costato la sopravvivenza a tanti dei suoi colleghi all’accademia di volo e gli altri membri del XIII Squadrone delle Forze Aeree: “Come dannatissime api al miele” premendo innanzi la leva che controlla i giri del motore, lo sguardo invidioso sull’emblema con fiamme del più vicino bombardiere B-24 molto più grande, e per questo più importante, del suo agile P-51H Mustang: 8-10 persone, ciascuno con un ruolo altamente specifico ma dotato di sensibili gradi di ridondanza, capaci quindi di sostituirsi l’uno all’altro in caso di necessità. Verso l’inizio del 1944, ormai, tutti conoscevano la prassi: il grande gruppo di volo avrebbe proceduto dal campo di volo di Carney fino all’isola di Iwo Jima ad oltre 1.000 Km di distanza, dove i possenti quadrimotore avrebbero rilasciato il loro carico esplosivo sulle postazioni nemiche. Ma prima di quel momento, uno o più stormi di temibili Mitsubishi A6M “Zero” o Kawasaki Ki-61 “Tony” avrebbero portato a termine il loro proposito d’intercettazione, ingaggiando il gruppo e costringendolo a sfruttare i punti forti del suo aeroplano: velocità in picchiata e potenza di fuoco. Essenzialmente come dire che, dopo il primo passaggio eventualmente portato a termine con successo, la superiore manovrabilità dei giapponesi avrebbe cambiato radicalmente i rapporti di forza, avvicinando la missione a un fallimento totale. La coordinazione con gli altri caccia dello stormo era essenziale. E fu allora che al momento in cui gli capitò di scorgere il nemico all’orizzonte, quei puntini verde scuro che potevano essere significare soltanto una cosa e mentre la radio a bordo riceveva l’allerta di rito, William provò per un momento sua familiare sensazione, quella pulsione e il desiderio di poter agire con i suo compagni come se potesse “essere una cosa sola” con essi, fondersi nella perfetta macchina da guerra che in tanti momenti precedenti, era bastata a prevalere. “Almeno due aerei, due aerei in uno…”
Per comprendere il significato di una forma come quella del North American F-82 Twin Mustang (XP-82 in fase prototipica) aereo progettato verso la fine della seconda guerra mondiale ed entrato in servizio solamente un anno dopo di essa, per poi giungere ad assolvere a limitate funzioni durante tutto il corso del conflitto in Corea, dovreste pensare a William come una sorta di pilota prototipico o ideale portavoce della sua categoria, nella maniera dell’insetto eusociale che comunica, con una danza ben precisa, la direzione futura in cui potrà espandersi l’intero alveare. E al senso pratico dell’ingegneria aeronautica, come un faro proiettato nell’ideale destinazione di un simile approccio di miglioramento: poiché se una cosa è già buona da sola, raddoppiarla potrà renderla solo migliore, giusto? O sbagliato? Dipende, avrebbe potuto rispondere Edgar Schmued, capo ingegnere della North American Aviation in quegli anni, contattato dal comando centrale per un nuovo tipo di caccia di scorta, che potesse operare ad altitudini ancora più elevate, per un raggio ancor più lungo e riuscire quindi ad accompagnare i bombardieri tattici americani fino all’ultima destinazione prefissata. Assolvendo inoltre ad un problema niente meno che fondamentale: la maniera in cui gli ultimi miglioramenti sotto questi due ultimi punti di vista, avessero portato l’aereo a godere di un’autonomia maggiore di quella del suo componente di bordo più essenziale, il pilota. Che dopo quattro, cinque ore di volo, poteva ritrovarsi ad affrontare in combattimento una controparte perfettamente fresca e riposata, sopra i cieli di un Giappone in fiamme. Ecco dunque l’idea geniale, o folle, nata dal bisogno puro e semplice di tale circostanze… Far di quello che era duplice, un tutt’uno singolo & indiviso. Unire le due fusoliere come fossero gli scafi di un catamarano (concetto niente affatto nuovo, vedi il P-38 Lightning) ma farlo lasciando intatte le relative cabine di comando. Per avere due piloti dentro al caccia, di cui uno sempre pronto all’azione…
Tutt’altro che privo di precedenti, tale approccio alla questione aveva già trovato applicazione sperimentale da parte dal sempre ambizioso reparto di ricerca & sviluppo della Luftwaffe tedesca, dapprima con un raddoppiamento del bombardiere medio tratto da un aereo di linea Heinkel He 111 in versione Zwilling, con cinque motori e un peso di carico di fino 30 tonnellate e successivamente perseguendo l’idea teorica del Bf 109Z dal quasi omonimo caccia, tuttavia lasciato privo della seconda cabina di comando che avrebbe in seguito definito il senso dell’XP-82. Lungi dal restare un semplice disegno su carta o pezzo singolo relegato in qualche hangar polveroso, l’aereo della NAA entrò effettivamente in produzione verso gli ultimi giorni di guerra, per raggiungere ad un certo punto la quantità di 272 esemplari operativi, in un momento che potremmo definire innegabilmente piuttosto sfortunato. La fine degli anni ’40 e l’inizio della decade successiva, infatti, corrispondono nella storia dell’aviazione al fondamentale passaggio dai motori ad elica all’introduzione del jet, con conseguente inevitabile superamento del tipo di teatro d’ingaggio che aveva dato il senso e i natali dell’improbabile doppio-aereo. Il “Twin” (doppio) Mustang tuttavia, poteva presentare alcune prestazioni e caratteristiche superiore a quelle di molti dei suoi colleghi: grazie al doppio motore V-1650 Merlin di progettazione inglese prodotto in serie dalla compagnia statunitense Packard, poteva raggiungere i 742 Km/h in picchiata e un raggio operativo di 3.600 Km, entrambi dati sensibilmente superiori alla versione singola dello stesso aereo. L’armamento pesante di sei mitragliatrici M3 Browning calibro 12,7 posizionate nell’ala centrale per ottenere una precisione migliore oltre a un massimo di 25 razzi da 127 mm o 4 bombe da 454 Kg avrebbe garantito funzionalità adeguate ad ogni possibile ingaggio futuro. Per quanto concerneva l’effettiva progettazione, d’altra parte, il team di Schmued scoprì ben presto come l’ideale principio di unire semplicemente due Mustang potesse essere considerato al massimo un punto di partenza, mentre la quantità di adattamenti e perfezionamenti necessari affinché un simile mostro di Frankenstein potesse assolvere al suo ruolo risultavano del tutto comparabili a quelli della creazione di un nuovo aereo. L’F-82, così rinominato dopo l’abbandono della lettera P di Pursuit, per un effettivo cambiamento dei codici in uso da parte dell’intera Aviazione dopo il termine del conflitto mondiale, fu dunque dotato di un carrello retrattile di tipo convenzionale, con ruotino di coda e due pneumatici retrattili all’interno di ciascuna carlinga, mentre al fine di evitare l’effetto della coppia torcente in fase di accelerazione, la fusoliera sinistra fu dotata di una versione alternativa del motore Merlin, in cui la rotazione dell’elica era invertito. Ben presto si scoprì come, tuttavia, l’incontro delle pale in fase ascendente presso il centro dell’aereo avesse un effetto negativo sulla sua portanza, impedendogli nei fatti di decollare; i motori vennero quindi invertiti l’uno con l’altro, risolvendo totalmente il problema. Nel 1945 tuttavia, per smettere di dover pagare la corposa somma di 6.000 dollari per ciascun motore Merlin costruito su licenza alla Rolls Royce inglese, l’aviazione statunitense decretò che ogni futuro Twin Mustang fosse dotato di “equivalenti” motori Allison V-1710, idealmente dotati di una quantità di cavalli superiore (2,250 hp). Le prestazioni in fase di accelerazione e volo livellato di tale soluzione, tuttavia, risultarono inferiori nella maggior parte delle situazioni, facendo di questo aereo l’unico esempio americano in cui una versione successiva era inferiore a quella originariamente posta in servizio.
Il 27 Febbraio del 1947 un P-82 modello B di nome Betty Jo, pilotato dal colonnello Robert E. Thacker ed appropriatamente alleggerito del carico di combattimento, infranse ogni record portando a termine un volo dalle Hawaii a New York, per un totale di 8,129 km senza nessun tipo di rifornimento durante il tragitto. La leggenda di un tale velivolo ben presto destinato ad reso desueto dalla storia, a questo punto, appariva chiaramente destinata alla posterità futura.
Durante il periodo intra-bellico e successivamente nell’intero estendersi delle operazioni di volo sopra i cieli della Corea in guerra, un certo numero di F-82 si distinsero in diversi ruoli tra cui quello d’intercettori, che gli valse l’abbattimento dei primi tre velivoli nemici sopra il campo aereo di Gimpo, ad ovest di Seul. Un’ulteriore versione dell’aereo, inoltre, era stata introdotta nel servizio attivo livrea di colore nero ed un radar per le operazioni notturne, finalizzata a sostituire l’ormai superato Northrop P-61 Black Widow la cui forma allungata e posizionamento in corrispondenza dell’ala centrale, al fine di non essere disturbato dalla rotazione delle due eliche, avevano portato al soprannome poco elegante di long dong. L’intero apparato, in caso di necessità, poteva essere sganciato in volo permettendo ad un velivolo danneggiato di tornare alla base alleggerito o atterrare senza l’uso del carrello.
Purtroppo al raggiungimento dell’armistizio nel 1953 che avrebbe portato alla divisione de-facto delle due Coree l’aeronautica statunitense avrebbe giudicato l’F-82 ormai del tutto inutile, a fronte dell’introduzione e diffusione progressiva degli aerei a reazione, portando alla progressiva dismissione e smantellamento di quasi ogni singolo esemplare ancora disponibile negli hangar di volo. Con appena una manciata di Twin Mustang disseminati in diversi musei negli Stati Uniti, tutti in condizioni di disarmo e totale dismissione operativa, l’unico capace oggi di riuscire a dimostrare le eccellenti caratteristiche di un simile fulmine dei cieli è quello acquistato in condizioni semi-distrutte dal celebre restauratore Tom Reilly, le cui notevoli operazioni di volo possono essere ammirate in una lunga serie di video informativi e documentaristici pubblicati online.
L’ideale meta-pilota William, mentre preparava i propri nervi alla difficile prova di un ennesimo duello aereo, diede inizio al piccolo rituale che gli aveva permesso fino a quel momento di convincersi che sarebbe ritornato a casa: chiudendo un occhio inquadrò la sua possente formazione dei bombardieri e i loro piccoli amici. Così coprendo gli interstizi con il pollice, uno dopo l’altro, immaginò una singola creatura, lunga come un millepiedi, che avanzava stolida verso il traguardo designato. Cosa avrebbero potuto fare, formazioni di api affamate di soddisfazione e gloria, contro l’imponente massa di una tale collettività indivisa? Se soltanto adesso, avesse potuto far tacere, almeno per un attimo, quel’incessante e fastidioso ronzio…