Il sangue del ragno corazzato che muore salvando il mondo

É primavera, svegliatevi bambine… “Sulle banchine, creature aliene, trovano l’amor!” Potremmo essere nel Delaware, oppure a meridione lungo il tratto di costa che si affaccia nell’ampio bacino noto come golfo del Messico, ove annualmente migrano gli unici rappresentanti dell’ordine Xiphosura, parola il cui significato letterale in greco antico è “coda [a forma di] spada”. Caratteristica evidente, da qualsiasi lato le si osservi sulla riva relativamente asciutta dell’oceano Atlantico, mentre giungono al coronamento della lunga migrazione necessaria prima di accoppiarsi, mediante un rituale vecchio di 450 milioni di anni. La limula lunga 60 cm che giunge sulle sabbie presso cui è nata, per mettersi a scavare con le zampe nascoste sotto il guscio, poco prima di deporre nella buca un numero variabile tra le 15.000 e 64.000 uova. Ed il suo lui più piccolo a fargli da seguace, come il successivo membro di un trenino danzante, estremamente concentrato nel fondamentale compito di fecondare quel dono genetico direttamente nella sabbia, così come è stato fatto, lungo il corso dei millenni, dai suoi innumerevoli predecessori. Creature che ci guardano, coi loro molti occhi situati in vari punti del corpo, dall’alto di una discendenza al confronto del quale i più nobili tra gli uomini non possono che far sorridere, per l’illusione coltivata della loro presunzione d’importanza. Quattro sono le specie, d’altra parte, in cui è suddiviso il cosiddetto horseshoe crab (granchio a ferro di cavallo) il quale nonostante il nome, risulta essere in effetti più strettamente imparentato con artropodi di terra, come i ragni e le zecche, cosa che appare ragionevolmente chiaro dalla sua distintiva anatomia. Ma la più importante, per l’economia e la sopravvivenza degli umani, risulta essere nei fatti quella del Limulus polyphemus o versione Atlantica dello stesso, di fatto oggetto ancor più dei suoi simili di una certa branca dell’industria farmaceutica, consistente nel produrre una sostanza importante nel contesto ospedaliero di moltissime nazioni, responsabile di salvare una quantità stimata di 11 milioni di persone l’anno. Sto parlando del lisato di amebociti di Limulus (LAL) liquido prodotto dalla particolare versione dei globuli bianchi che scorre nelle vene di queste creature, dotata della caratteristica di coagularsi immediatamente non appena giunge a contatto con batteri di tipo Gram negativo, tra i più pericolosi in quanto capaci di causare la sepsi negli umani. Ecco dunque il triste, se non tragico destino a cui 600.000 di queste creature vanno incontro subito dopo la deposizione delle uova, a fronte della sistematica cattura e successiva estrazione della loro linfa vitale di un caratteristico colore azzurro dovuto alla presenza di emocianina con atomi di rame piuttosto che ferrosa emoglobina, in quantità teorica del 25-30%, affinché possano essere successivamente rilasciate nella natura. Se non che, secondo le statistiche, c’è sempre una quantità pari al 30% di esse che non sopravvivono al processo, mentre un ulteriore 25% muore successivamente, una volta fatto ritorno al di sotto della superficie del mare. Il che lascia comprendere, in maniera più che mai evidente, come una tale industria non possa essere effettivamente sostenibile ad oltranza, oltre a mettere a rischio la sopravvivenza futura di questi animali, avendo nei fatti dato luogo a successivi tentativi di trovare una via diversa. Tra cui la sintetizzazione in laboratorio, a partire dal 2003, di un prodotto capace di assolvere la stessa funzione tramite l’ingegneria genetica, dal nome di Fattore ricombinante C, la cui natura brevettata e prolungata assenza dal codice farmaceutico della maggior parte dei paesi ha tuttavia condizionato la diffusione attraverso gli anni. Ecco dunque il nuovo studio pubblicato all’inizio di aprile sulla rivista Frontiers in Marine Science, da ricercatori della Kepley Biosystems Incorporated, mirato a proporre l’ipotesi, più volte giudicata impercorribile causa minore efficacia del prodotto finale, di allevare in cattività queste creature. Poiché talvolta, una cura preventiva imperfetta, ma pur sempre funzionale, può comunque assolvere allo scopo che ci si era prefissati…

Del tutto inoffensivi per l’uomo i limuli possono essere sollevati se trovati in spiaggia, preferibilmente senza prenderli per la coda, come dimostrato in questo segmento del naturalista di YouTube Coyote Peterson. Un gesto in realtà considerato auspicabile nel caso in cui siano stati ribaltati dalla risacca presso le rive del mare, per rimetterli rapidamente in condizione di tornare verso il proprio ambiente di appartenenza.

Spaventoso, misterioso, imperscrutabile. Il granchio a ferro di cavallo, come amano chiamarlo gli americani, non è come dicevamo affatto un crostaceo nonostante gli assomigli, bensì il prodotto di un processo di evoluzione convergente a partire da un lontano parente del trilobite, fossile prototipico coerente alla sua stessa comparsa sui fondali marini della Terra. Suddiviso dagli alterni casi degli Eoni attorno a 135 milioni di anni fa in due popolazioni distinte, quella della condannata specie americana chiamata come il mostro dell’Odissea (poiché si credeva, erroneamente, che anche il L. Polyphemus possedesse un occhio soltanto) e le sue tre versioni asiatiche diffuse nell’Oceano Pacifico, Carcinoscorpius rotundicauda, Tachypleus gigas e Tachypleus tridentatus, dalle dimensioni in grado di superare il metro ma sostanziali caratteristiche anatomiche invariate. Il corpo del limulo si suddivide nel prosoma, grande parte frontale simile ad un carapace, l’opistosoma, corpo sottostante con dieci zampe e gran parte degli organi vitali ed il lungo aculeo chiamato telson, nei fatti molto simile a una coda e impiegato come timone durante il nuoto, oltre che per tornare in posizione corretta una volta che si trova girato sulla schiena. Nonostante una diffusa credenza popolare, d’altra parte, tale minacciosa arma evolutiva non prevede alcun tipo di veleno pericoloso per eventuali predatori, benché il granchio delle mangrovie (C. rotundicauda) tra l’India e le Filippine sia notoriamente caratterizzato da un’alta presenza di tetrodotossina nel suo sangue, possibilmente dovuta alla sua dieta, risultando potenzialmente lesivo o letale se consumato a cena. Il che ha provocato non pochi problemi, data la somiglianza con il ben più commestibile ma simile T. gigas, considerato una prelibatezza nella maggior parte dei paesi del Sud Est Asiatico. Per quanto concerne il reparto sensoriale, tutti gli appartenenti a questa famiglia vantano del resto una coppia di occhi principali situati sulla sommità del carapace, più altri cinque di natura più semplice tutto attorno ad essa ed una coppia finale sotto il corpo, sensibile più che altro alle variazioni della luce. Tramite un così complesso apparato l’essere può quindi procurarsi il suo nutrimento prelevato esclusivamente dai fondali, tra cui larve, piccoli granchi, vermi e molluschi bivalvi, che preleva attentamente con le due piccole zampe anteriori, dotate di chele simili a quelle di uno scorpione, prima di sminuzzarli e portarli alla bocca, priva di una vera e propria capacità di masticazione. Il resto dei suoi dieci arti, nel frattempo, presenta funzioni altrettanto specializzate con la seconda coppia fornita nel maschio di veri e propri “guanti da pugilato” (let. boxing gloves) usati per afferrare la compagna durante l’accoppiamento, mentre nelle altre zampe trovano posto gli organi di respirazione noti come polmoni a libro, simili a quelli dei ragni ma modificati, in questo caso, dalla capacità di praticare la respirazione subacquea in aggiunta a quella di superficie, purché rimangano per lo meno umidi lungo l’estendersi di un tempo prolungato.

La migrazione annuale degli horseshoe crab è un evento particolarmente importante per l’industria farmaceutica nordamericana, che conduce direttamente alla loro sistematica cattura e salasso a beneficio dell’inconsapevole umanità civile. Prassi simili vengono praticate in Asia, benché i granchi catturati non vengano lì generalmente rilasciati dopo il completamento delle operazioni, bensì venduti a scopo alimentare.

Lo studio compilato in ambiente professionale della Kepley Biosystems Inc, dunque, parla di un sentiero potenzialmente alternativo che potrebbe risultare altrettanto valido allo scopo. Nelle conclusioni della loro ricerca si parla di come il Fattore ricombinante C sia ancora costoso da produrre, data la mancanza di test clinici e la necessità di utilizzare equipaggiamento specifico, ancora poco diffuso.
Mentre una coltura sistematica di limuli allevati in cattività presso le diverse regioni del mondo potrebbe, contrariamente ai dati precedentemente raccolti, fornire una quantità di LAL sufficiente a risparmiare quasi del tutto le popolazioni selvatiche di questi animali unici al mondo, la cui popolazione sta continuando a subire una riduzione progressiva ma inesorabile che potrebbe portare alla sua scomparsa futura. Il che, per una volta, non arrecherebbe soltanto un dispiacere a tutti coloro che attribuiscono importanza al patrimonio della biodiversità planetaria, ma metterebbe effettivamente a rischio la sopravvivenza di tutti noi, immediatamente esposti al rischio d’infezioni potenzialmente letali durante o dopo varie tipologie di procedure mediche. Ecco perché il sacrificio involontario e continuativo dei limuli non potrà essere facilmente superato. Né dovrebbe mai venire, idealmente, dimenticato.

Lascia un commento