400 metri, in termini generali, non sono pochi. Ma 400 metri per far fermare due o tre tonnellate di alluminio, dotate di un carrello retrattile ed un paio di potenti motori a turboelica, ecco…. “Nessun aereo potrà mai atterrare all’ombra del vulcano Mount Scenery, punto più alto dell’intero territorio d’Olanda” era l’opinione diffusa a quei tempi, benché, 1 – L’Olanda sia piuttosto piatta e in genere, anche per questo, piena d’aeroporti e 2 – Essa risulti generalmente priva di attività freatico-magmatica capace di minacciare le condizioni per la messa in pratica del volo a motore. Punto di vista destinato a trovare una smentita, indiscutibile da chicchessia, quando l’aviatore inglese Rémy de Haenen nato da madre francese e padre olandese fece una trionfale apparizione dall’abitacolo del suo idroplano Vought-Sikorsky OS2U, appena atterrato presso la laguna di Fort Bay in quel fatidico giorno del 1946. Il che ci lascia l’opportunità di fare caso, d’altra parte, a come questa specifica parte dei Paesi Bassi non si trovi affatto in Europa, costituendo piuttosto l’isola di 13 chilometri quadrati posizionata tra le Piccole Antille e il territorio non incorporato di Puerto Rico, là dove i pirati dei Caraibi, un tempo, imperversavano dettando la loro personale interpretazione delle leggi del mare. Ma l’acqua cessa di gravare con il proprio peso e i limiti circostanziali sopra l’uomo, nel momento in cui quest’ultimo, librandosi, riesce a sollevarsi verso l’obiettivo di una meta chiaramente determinata, all’altro capo di un tragitto chiaro e funzionale allo scopo.
Un’opinione almeno in apparenza condivisa, di lì a poco, dagli stessi membri del concilio dell’isola con potere decisionale, convinti dallo stesso Haenen e l’appaltatore Jacques Deldevert che una pista d’atterraggio avrebbe potuto trovare collocazione, grazie a un ragionevole intervento paesaggistico, presso il sito di Flat Point, solida e pianeggiante sezione del territorio costituita dalla lava solidificata di una qualche eruzione in epoca non sospetta, ben presto livellata e ripulita dalla vegetazione. Così che proprio qui, entro il 9 febbraio del 1959, l’eroe straniero potesse atterrare di nuovo, questa volta a bordo di un aereo di tipo convenzionale e di fronte alla testimonianza appassionata di una parte significativa di tutti degli abitanti dell’isola di Saba. Ma l’impresa venne giudicata dal consenso pubblico, sostanzialmente, come pericolosa e inutile, portando i politici a vietarne qualsivoglia ripetizione fino al 1962. Mutevole è del resto la morale pubblica, come il soffio di quel vento che spostava innanzi le navi, così che in quell’anno fondamentale, con l’avvicinarsi delle elezioni alla carica di governatore, la questione di fornire una pista d’atterraggio per il popolo in presunta attesa diventò una questione di primo piano, entrando a far parte del programma politico di Juancho E. Irausquin, in quell’epoca ministro delle finanze delle Antille Olandesi. Così che quando il governo situato all’altro capo dell’Atlantico decise, come parte di un programma di rinnovamento per il proprio intero territorio caraibico, di stanziare la cifra non indifferente 600.000 guilders, Irasquin non poté fare altro che investire la sua parte per l’ampliamento e il perfezionamento della pista “inutile” di Flat Point. La quale ricevette, nell’ordine: un manto asfaltato totalmente pianeggiante, una piazza di parcheggio e manovra con tanto di taxiway, un eliporto e una torre di controllo in realtà facente funzioni più che altro di punto di osservazione elevato e persino un vero e proprio terminal, destinato a ricevere il nome dello stesso visionario che per primo aveva creduto in questa possibilità, l’aviatore Haenen. Fatto ironico e inaspettato, tuttavia, fu che in tutti i documenti ufficiali e i testi di decreto, a causa di un errore di battitura, tale infrastruttura fosse ad essere identificata nella sua totalità sulla base del committente Yrausquin con la lettera “Y” al posto della “I”, appellativo erroneo che porta tutt’ora. Benché nessuno abbia dimenticato, di contro, l’eccezionale contributo dato da quest’ultimo a vantaggio della vita e del turismo locale, nonostante a seguito della sua dipartita, nel 1962, sarebbe stata sua moglie a tagliare il nastro dell’aeroporto…
Il successo del nuovo luogo d’atterraggio e decollo, tuttavia, non fu immediato. Così che dopo l’impiego a titolo di prova da parte di alcuni elicotteri provenienti dalla portaerei olandese HNLMS Karel Doorman e l’impiego da parte di un alto famoso aviatore con il suo PA-23 Apache, George Greaux, esso sarebbe rimasto inutilizzato per molti mesi, almeno fino all’epoca del 1965. Quando lo stesso Greaux, che nel frattempo aveva fondato la compagnia di volo delle Antille denominata Windward, iniziò a ordinare una serie di voli andata e ritorno presso questo luogo insolito, utilizzando dapprima un antiquato ma pur sempre valido bimotore Dornier Do-28, quindi una coppia di affidabili e più capienti Twin Otters della Havilland, modello di aeroplano che costituisce ancor oggi il principale apparecchio visibile in questi cieli distanti. Attraverso gli anni, quindi, svariate migliaia di voli avrebbero trovato coronamento presso la singola pista dell’aeroporto Juancho E. Yrausquin, destinata a guadagnarsi la fama di uno dei luoghi più pericolosi dove condurre il mestiere del pilota. Con i suoi 400 metri appena sufficienti a far fermare la maggior parte degli aerei utilizzati, incluso l’ingombrante Britten-Norman BN-2 Islander (2.994 Kg a pieno carico) il tratto di pista asfaltata termina dunque a strapiombo sul mare, senza nessun tipo d’inclinazione vantaggiosa a far frenare il velivolo prima dell’occorrenza drammatica della sua fine. Ciononostante, la storia di questo luogo è priva di drammatici incidenti, con il caso peggiore di un Dornier che scivolò lateralmente fuori dalla pista, finendo per danneggiarsi in maniera eccessiva. Evento a seguito del quale, fu deciso di smontarlo a pezzi e donare tali componenti a tutti gli abitanti dell’isola, come una sorta d’ingegneristico ed insolito souvenir. Per quanto riguarda Haenen, d’altra parte, il pubblico locale l’avrebbe sempre considerato un eroe, arrivando ad eleggerlo a seguito delle sue reiterate candidature come sindaco della città isolana di St. Barths, nonostante avesse in precedenza sempre vissuto altrove. Il vero disastro, quindi, si sarebbe verificato nel 1998 quando l’ennesimo uragano di questi mari caraibici, denominato Georges, avrebbe spazzato via il terminal dell’aeroporto, destinato ad essere ricostruito solamente entro il 2002. Occasione entro cui l’elica dello storico OS2U, che per primo era riuscito ad atterrare presso l’isola, avrebbe trovato onorevole collocazione nel nuovo edificio principale dell’Yrausquin. Tra le altre dotazioni dell’aeroporto, ad oggi, possiamo inoltre annoverare gli uffici locali della Winair (con sede presso l’isola più grande di Sint Maarten) un camion dei pompieri e l’ufficio immigrazione, in perenne attesa di eventuali richieste per la cittadinanza locale. Data la scarsa lunghezza della pista, nessun aereo a reazione può atterrare a Saba, dove del resto è anche impossibile effettuare il rifornimento di carburante. Il che costringe gli utilizzatori frequenti a pianificare i propri viaggi con particolare attenzione, pena il verificarsi di una situazione di crisi le cui ramificazioni, comprensibilmente, potrebbero diventare piuttosto costose..
Il volo, dopo tutto, è una della massime ambizioni dell’uomo ma anche uno strumento valido a risolvere problemi nella vita di tutti i giorni. Mare eccessivamente mosso per effettuare la traversata? Una persona famosa, o con poco tempo a disposizione, vuole visitare l’isola di Saba? Gruppi di turisti necessitano d’inserirla nel proprio tour delle Antille Minori, senza per questo rinunciare a tappe più importanti della propria trasferta esplorativa? Tutto diventa possibile, quando le distanze di accorciano al punto di scomparire. Lo stesso Bill Gates aveva definito, del resto, l’invenzione dell’aereo a motore come “l’Internet di inizio ‘900” facendo seguito alla maniera in cui lo spostamento in volo riuscì ad abbattere i confini fisici e mentali, permettendo una proficua commistione di pensieri ed idee. Ogni popolo, d’altra parte, apprezza possedere un simbolo che possa renderlo diverso dai propri vicini. Ed appare altamente insolito, nonché affascinante, che gli abitanti dell’isola di Saba, almeno per un periodo della propria storia, avessero scelto di configurare in quel ruolo la pista di atterraggio commerciale più corta del mondo.