Foschia e vento, ghiaccio, ghiaia, precarietà. Perfetta identità tra obiettivo e meta, scopo e intento, percorso e destinazione: questo serve, e molto altro, per giustificare la discesa entro il baratro delle profonde possibilità, fino alla porta della storia di un simile luogo. Omalo in Georgia, con la sua fortezza del XIII secolo e le alte torri ricoperte di licheni, usate un tempo come impenetrabili bastioni contro la venuta dei banditi, eserciti nemici o cercatori di fortuna provenienti dai confini del paese. O almeno i pochi, tra di loro, che si dimostrassero abbastanza intraprendenti da poter raggiungere il fondo attraverso una delle quattro gole che circondando il territorio interno della regione di Tusheti: Gometseri, Pirikiti, Chagma e Chanchakhovani. Tutte egualmente ripide, inaccessibili ed accomunate dall’odierna presenza, alquanto utile in linea di principio, di lunghe e serpeggianti strade create per gli autoveicoli dei nostri giorni. Riconoscibili in quanto tali, tra le loro caratteristiche, più che altro dall’occasionale impiego dell’asfalto, materiale utile a evitarne la disgregazione al sopraggiungere di ciascun inverno. Poiché la strettezza, quantità di curve e grado d’inclinazione parrebbero più che altro adatte a muli, ragni o altri animali dalle zampe cariche di un senso di cautela inerente. Mentre al quinto, o sesto tornante s’inizia comprendere l’effettiva natura dei piccoli “santuari” disseminati ad intervalli variabili, croci accompagnate, in ciascun caso, dalla foto e il nome di qualcuno, un’altra vittima chiamata dalle voci del vento e lo scorrere dei torrenti montani. Poiché è consigliabile prestare massima attenzione, mantenersi concentrati per quanto possibile, ma l’imprevisto, a Tusheti, resta sempre in agguato: frane improvvise, crolli dovuti all’escursione termica, l’incontro di autoveicoli incontrati in posizione sfortunata. O il semplice, quanto irrimediabile, guasto meccanico del proprio mezzo nel momento veicolare della verità. Seguìto da… riuscite a immaginarvelo?
La strada dalle multiple diramazioni, che assomiglia al caotico disegno di un bambino capriccioso sulla tela digitale di Google Maps, parte da un’altezza di 3.000 metri e discende fino ai 1.880 di Omalo stessa, capitale dell’intera regione definita come un parco naturale, benché abitata da un totale di appena 37 coraggiosi uomini e donne, di cui soltanto una parte resta in questo luogo per l’intero estendersi dei mesi invernali. La stessa connessione con la civiltà, del resto, viene meno quando il ghiaccio riesce a ricoprire quel sentiero in bilico, identificando l’unico possibile collegamento nel volo di elicotteri, utilizzati occasionalmente al fine di rifornire di vettovaglie questo luogo talvolta dimenticato. In attesa di un miglioramento delle infrastrutture, lungamente promesso, che al momento attuale sembrerebbe sempre più lontano, data l’impossibilità di ottenere il via libera dagli enti di protezione ambientale. Le diverse strade possibili fino a questo nesso di una civiltà inaccessibile quindi, da molti di coloro che la osservano dalle alte vette circostanti, presentano del resto un’ulteriore problematica al momento del ritorno, quando l’ambizioso visitatore dovrà ritrovarsi a percorrerle in salita, ovvero la maniera in cui le prestazioni di un motore automobilistico, normalmente, iniziano a degradarsi al di sopra di una certa altitudine. Richiedendo una pressione sempre più intesa sul pedale dell’acceleratore, il che a sua volta, può costituire la ragione ultima di un catastrofico, inconcepibile disastro. Va da se che per chiunque voglia affrontare una simile sfida, l’impiego di un veicolo 4×4 in ottime condizioni di manutenzione sia pressoché insostituibile allo scopo…
La storia registrata di Tusheti, per quanto ci è possibile distinguere attraverso le nebbie del tempo, ha inizio verso la metà del XVI secolo, quando il re Levan di Kakheti, sovrano della Georgia occidentale dopo la caduta delle dinastie locali, concesse al popolo dei Bats (o Batsbi – ბაცი) i diritti di sfruttamento di queste fertili valli, fin da subito trasformate anche in pascolo per i greggi di pecore e capre che ancora oggi, costituiscono ulteriore ostacolo stagionale al transito dei pochi, coraggiosi automobilisti. È comunque ritenuto dagli storici che tale etnia, parlante la lingua Batsbur Mott inclusiva di termini e forme derivanti dall’Ingush, si fosse fin da tempo mescolata alle tribù native dei Chaghma-Tush, parlanti il Vecchio Georgiano, dando luogo al caso raro di una comunità rurale essenzialmente bilingue, mantenuta unita da un sincero e insostituibile punto in comune: il desiderio di mantenere intatte, nonostante le pressioni esterne, il loro culto religioso dedicato alle divinità pagane. Dopo un lungo periodo attraverso cui gli abitanti delle valli seppero mantenere la propria indipendenza inviando in cambio gli uomini a combattere nelle guerre della Kakhetia e particolarmente contro il regno di Persia, la regione iniziò a spopolarsi a seguito di una serie di contingenze storiche sfortunate. Soprattutto a partire dal 1830, quando nel giro di una decade si ebbe una grande frana e il diffondersi di un’indefinita pestilenza. Fino al rimanere delle sole famiglie di pastori ed agricoltori, che nel corso della seconda guerra mondiale furono responsabili di una rivoluzione contro l’egemonia sovietica, riflettendo quanto stava succedendo nel contempo nella regione vicina dell’Inguscezia. Con le proprie personalità burbere e montanare, naturalmente resistenti alle difficoltà ambientali, gli abitanti del luogo continuano dunque a sopravvivere secondo norme ereditate direttamente dal sistema feudale, fondate sul mutuo soccorso nei frequenti, possibili momenti di necessità. Mentre l’arrivo reiterato dei turisti al disgelo della primavera, alquanto sorprendentemente, riesce a costituire una risorsa di un certo valore per garantirsi alcune delle comodità della vita moderna, persino in fondo alle ripide gole di Tusheti.
Il tragitto veicolare, inerentemente inadatto alla maggior parte degli automobilisti, resta tuttavia subordinato alla scelta più frequente dei percorsi da trekking, una delle attività maggiormente praticate nella regione, data la sua notevole biodiversità in qualità di una delle ultime, vere aree selvatiche d’Europa. Particolarmente famose, a tal proposito, risultano essere le capre tur orientali (C. cylindricornis) dotate d’impressionanti corna ritorte verso la parte posteriore del proprio cranio. Mentre sempre parlando di animali, risulta totale l’assenza di suini di alcun tipo, data la credenza locale e dotata di origini incerte secondo cui tale creatura sarebbe capace di chiamare sulla testa degli uomini ogni tipo di orribile sventura. Una credenza comunque non imprescindibile né di origine religiosa, visto come la maggior parte dei Bats e Georgiani siano perfettamente propensi a consumare la carne di maiale, purché ciò avvenga lontano dalle proprie case.
Un viaggio di scoperta inizia del resto sempre col desiderio di mettersi in discussione e se tutto fosse già chiaro e definito, quale sarebbe la ragione valida per dedicargli un momento insostituibile della propria vita? In tale ottica ogni pericolo, qualsiasi sfida, assume il significato ulteriore di un prezioso ricordo, sopra cui costruire le strutture inviolabili dell’umana cognizione dei fatti. Chi può dire, dunque, di aver veramente Guidato, senza poter annotare nel proprio curriculum ideale almeno un esempio di strada affine a quella del serpeggiante percorso di Tusheti!
E qual’è il significato di automobile, se non quello di portare i suoi occupanti oltre le regioni iperboree dell’inconoscibile pensiero… Giù e innanzi, a ritroso attraverso la Storia. Sotto l’ombra di mura che in eterno silenzio, hanno saputo riconoscere il peso e il significato delle incalcolabili generazioni.