A mali estremi, estremi rimedi e come potrebbe dire la nostra amica Phrynosoma solare, val più la vita che una goccia di sangue, abilmente lanciata contro il muso del proprio assassino. Muscolosa e corazzata, vero e proprio carro armato delle sabbie, tuttavia abbastanza piccola (10 cm ca.) da essere potenzialmente il pasto della volpe, del coyote, del road runner o del topo-canguro. Un problema esacerbato, nel suo caso, dalla flemma con cui è solita fuggire dal pericolo, decisamente poco comparabile con quella del tipico rettile quadrupede dotato di una coda, inclusi quelli della sua stessa famiglia diffusa nei deserti nordamericani, Phrynosomatidae. Poiché soltanto lei, tra tutte, risulta essere di sangue reale, come reso chiaro dalle spine sulla testa nella configurazione di un diadema e nulla può bastare per far perdere la calma, a chi comanda sulle circostanze imprevedibili del quotidiano con profonda nobiltà dei gesti e sicurezza nelle sue capacità inerenti o evolutive. Non a caso, tra tutte le sue specie consorelle, proprio questa è quella più strettamente associata a una specifica reazione contro il pericolo, consistente nell’usare il fluido della proprie stesse vene come arma, in una maniera letteralmente priva di paragoni nell’intero regno della natura.
Reazione auto-emorragica preventiva, prende il nome in gergo questo speciale approccio difensivo, che consiste nella rottura in condizioni di stress di alcuni capillari posizionati nelle speciali cavità note come seni oculari, operazione costosa in termini di risorse ma che non sembra arrecare alcun tipo di danno permanente all’organismo della piccola creatura. Costituendo, piuttosto, il sentiero della sua salvezza, dato il sapore a quanto pare orribile di quello spruzzo, così come dev’esserlo quello di lei stessa, almeno per quanto diventa possibile capire dal predatore soggetto a una simile imprevista contingenza. Non che la lucertola regale cornuta, come la chiamano da queste parti, abbia per il resto un aspetto altamente appetibile, data la quantità impressionate di spine e la capacità di gonfiarsi letteralmente, come un rospo, nel momento in cui qualcuno avesse l’ambizione di serrare le proprie fauci sul suo corpo. Entrambi approcci operativi, ad ogni modo, subordinati al semplice intento ben riuscito di mimetizzarsi, grazie alla livrea iperrealistica e l’istinto a sotterrar se stessa nei lunghi periodi di riposo. La P. solare, tuttavia, resta pur sempre una predatrice diurna e come tale, vulnerabile all’assalto di molti nemici, contro le cui aggressioni appare, quanto mai, ben preparata. Al punto che il suo stesso approccio alla nutrizione passa per il tramite, quotidiano, della battaglia: basti osservarla nel momento in cui, senza nessun tipo di timore, si avvicina al foro d’uscita della tana delle formiche nere raccoglitrici (gen. Pogonomyrmex) chiudendo le sue palpebre come l’auto di Batman nel film del 1989, diventando in questo modo impervia a qualsivoglia tipo di attacco, mentre l’opera precisa della sua lingua sceglie, e fagocita l’una dopo l’altra, le imperturbabili schiere dei suoi aggressori. Fino al numero assolutamente impressionante di 2.500 in un solo giorno!
Appare d’altra parte totalmente spropositata, la quantità di cibo fagocitata da un così piccolo rettile in proporzione al suo peso, secondo alcuni studi finalizzata alla metabolizzazione in quantità sufficiente delle tossine presenti all’interno delle formiche, necessarie al fine di mantenere sgradevole il sapore di quel fondamentale getto di sangue. Una dote posseduta d’altra parte, sebbene con potenza minore, dagli stessi piccoli neonati della specie, costretti a sopravvivere senza nessun tipo di assistenza genitoriale dal momento stesso della schiusa. Come parte di un processo riproduttivo, normalmente iniziato tra aprile e giugno, che culmina con la deposizione di 10-30 uova, in una quantità e dimensioni talmente elevate, in proporzione alle dimensioni della madre, da far pensare che quest’ultima debba morire per lo sforzo, come avviene in molte altre specie animali, laddove invece, queste lucertole possono riprodursi più volte attraverso i 5-6 anni della propria esistenza. I piccoli quindi, non più lunghi di due o tre centimetri, raggiungeranno l’età riproduttiva già entro il secondo anno di vita, giustificando chiaramente la natura estremamente prolifica di questa creatura, capace di resistere agevolmente alle minacce pur non trascurabili subìte dal suo ambiente di appartenenza, soprattutto per la disinfestazione dalle formiche normalmente condotta in periferia degli insediamenti abitati.
Un grande problema dell’intero genus Phrynosoma d’altra parte, resta la loro non-tossicità o incapacità di rappresentare alcun tipo di minaccia per l’umano curioso, dotato di riflessi sufficientemente rapidi per afferrarne un’esemplare e che tanto spesso, per una ragione o per l’altra, dovesse decidere di portarselo a casa. Circostanza, quella della vita in cattività, a cui la lucertola non può semplicemente adattarsi, data la sua propensione a stressarsi quando presa in mano e la necessità di nutrirsi quasi esclusivamente di formiche di quella specifica tipologia, benché la specie regale, tra tutte, possa talvolta trarre il proprio nutrimento anche da alcune specie di coleotteri del deserto. Comunque ben diversi da quanto ci si possa aspettare di trovare in un comune negozio di articoli per erpetofili o altri possessori di animali domestici del tutto fuori dal comune. Pur non essendo, dunque, sufficientemente flessibile a comprendere le regole di una vita innaturale, nel suo legittimo contesto di appartenenza la lucertola regale vanta una notevole propensione al discernimento, particolarmente per quanto concerne l’identificazione di un predatore. Nel caso in cui quest’ultimo, per l’appunto, risulti essere abbastanza piccolo e lento (topo o crotalo delle sabbie) essa tenterà di scappare al momento giusto, mentre contro il più rapido serpente-frusta (Masticophis taeniatus) essa farà affidamento alla natura imprendibile della sua schiena ricoperta di aculei, mantenuta come uno scudo all’indirizzo dell’avversario. Ed è unicamente contro i mammiferi, esseri umani inclusi, che il suo istinto affinato attraverso i secoli potranno indurla a far ricorso all’ultima ratio del getto sanguigno, concettualmente comparabile all’abbandono della coda da parte delle sue lontane cugine dei meno aridi climi europei.
Dotata nel frattempo di una forza superiore a quella data a intendere dalle sue ridotte dimensioni, quantificata in un esperimento del programma statunitense Little Giants in una spinta di 734 grammi, la lucertola regale non è mai particolarmente gradevole da prendere in mano, soprattutto per l’istinto da essa posseduto di conficcare le proprie appuntite difese nella pelle di chiunque sia tanto incauto da tentare di sollevarla da terra. Occasione nella quale, come ultima risorsa, potrebbe anche scegliere di fingere la morte, per poi voltarsi all’improvviso “mostrando il fianco” tanto premurosamente ricoperto, dai processi automatici della natura, di scaglie acuminate.
Il che tutto sommato, più che una minaccia dovrebbe essere un consiglio, di lasciare gli abitanti del deserto nel luogo a cui essi appartengono, senza perseguire necessariamente quel piacere del possesso, che più di ogni altra cosa sembrerebbe influenzare il comportamento umano nel suo rapporto con il mondo che lo circonda. Anche a rischio di trovarsi inzaccherati, da uno spruzzo innegabilmente poco raccomandabile, in maniera non diversa da quanto potrebbe succedere con una puzzola priva di ghiandole odorifere. Ma dotata di una mira pressoché infallibile, data l’identità totale di punto di vista, mirino e bocca di fuoco. Oppure dovremmo chiamarlo, occhio assassino?