Nient’altro che una testa ragionevolmente affilata (ma non troppo) inastata su di un manico di legno privo di contrappesi: umile strumento, tra i più antichi costruiti dall’uomo, impiegato spesso ai fini più diversi, incluso quello, giudicato inevitabile, di combattere il nemico. Nella sua interpretazione tradizionale c’è ben poco di un’ascia che possa rivaleggiare, per qualità ingegneristica, versatilità e potenza, con la più nobile di tutte le armi, frutto di un percorso evolutivo che portò la spada, attraverso innumerevoli generazioni pregresse, al rapido, invincibile fulmine di guerra, capace di difendere e attaccare nella più variabile serie di circostanze. Ciò detto, è impossibile non fare caso al grado di sofisticazione in cui Simon Rohrich e il suo rivale Brett fanno cozzare, in questa sequenza registrata durante il torneo di rievocazione Warlords Sports di Dallas, Texas, i rispettivi implementi bellici contro le protezioni in puro acciaio, ragionevolmente rappresentative dell’equipaggiamento di un soldato europeo all’apice della guerra dei cent’anni (1337-1453) con la valida testimonianza di un pubblico rapito, nonché quella successiva delle schiere di appassionati del vasto web. Poiché c’è ancora molto, di attuale, in questa serie di frangenti dedicati alla messa in pratica di antichi arti e mestieri, incluso quello particolarmente lurido dell’annientamento di ostacoli umani sul proprio cammino verso la gloria. Come Robert the Bruce, re di Scozia, vincitore nel duello contro Henry de Bohun all’inizio della battaglia di Bannockburn nel 1314, o re Giovanni II di Francia a Poitiers nel 1356, famoso utilizzatore d’ascia, i due atleti (poiché di questo si tratta, all’epoca dei nostri giorni) s’industriano nel mettere in pratica una serie di movenze e tecniche che a differenza della scherma, potrebbero essere rimaste invariate da secoli, se non millenni di storia della civilizzazione. Semplici e diretti eppure non per questo privi di una certa sofisticazione, nata dall’applicazione di una serie di approcci che nascono dalla creativa interpretazione del momento. Il tipo di asce da loro impugnate del resto, in un caso simile alla soluzione progettuale della tipica ascia danese e nel secondo, più elaborato, dotata di doppia punta al fine di favorire affondo dritto e rovescio, appaiono ben lontano dall’orpello che potrebbe brandire un taglialegna malcapitato in battaglia. Conformandosi, piuttosto, nel concetto universale dell’ascia a due mani, considerata nei fatti un attrezzo degno dei cavalieri e valido a risolvere un ampio nodo di circostanze. Tra cui spezzare un muro di scudi, abbattere un cavaliere in corsa, superare fortificazioni o varcare l’imprendibile difesa degli oppositori, potenzialmente incapaci di resistere ad un’arma lievemente distante dalle convenzioni. Stiamo parlando del resto di una lama il cui baricentro è situato integralmente nella testa piuttosto che all’altezza dell’impugnatura, riducendo notevolmente la rapidità con cui può essere direzionato il suo taglio, ma incrementando di contro l’impatto fulmineo di ciascun colpo. Simili attacchi, nel contempo, qualora parati all’altezza dell’impugnatura, avrebbero potenzialmente mancato di bloccare la parte prominente in senso longitudinale dell’arma, capace di risultare nondimeno letale ai danni del suo bersaglio. I pirati e saccheggiatori vichinghi, in particolare, nella loro età d’oro estesa tra il 793 e il 1066 furono rinomati utilizzatori di questo specifico attrezzo battagliero che non venne mai realmente rimpiazzato, nel loro equipaggiamento tipo, da un’impiego ad ampio spettro della spada. Questo perché, probabilmente, l’alternativa era meno costosa da produrre, ma permetteva anche particolari risoluzioni di un confronto tra due guerrieri, tra cui il colpo vibrato all’altezza del tendine d’Achille, raggiungibile unicamente grazie alla specifica forma dell’ascia da guerra. Almeno finché approcci migliori alla difesa individuale non cominciarono, un poco alla volta, a far la differenza in questo tipo di sanguinaria equazione…
Certamente degne d’interesse risultano essere, a tal proposito, le panoplie indossate dai due combattenti dei nostri giorni, costruite secondo una serie di approcci che appaiono essere senz’ombra di dubbio, oltre che protettivi, validi a dimostrare l’effettivo stile dell’epoca ispiratrice della tenzone. Con corpetto lamellare metallico e pauldrons (o powldrons) indossati a coprire le spalle, sovrastate in entrambi i casi da esempi antologici di bacinetto, l’elmo di origine italiana che costituiva, all’inizio del conflitto edoardiano (IV secolo) la protezione maggiormente in uso nei campi di battaglia di tutta Europa. Come evoluzione della più semplice cervelliera, coadiuvata da soluzioni tecniche riprese dall’Oriente, come il profilo appuntito e quasi aerodinamico al fine di deviare i colpi, successivamente affiancato alla visiera frontale “a faccia di maiale” capace di proteggere il volto del combattente. Altrettanto preminente, in entrambi i casi è la presenza del camaglio o gorgiera in maglia metallica, finalizzata a coprire ogni possibile varco d’ingresso in direzione del vulnerabile collo, bersaglio preferito dai migliori manovratori di armi bianche di tutte le Ere. Nella realizzazione complessiva di un insieme contro il quale, essenzialmente, un’ascia avrebbe trovato ben poche opportunità di successo contrariamente a quanto, in effetti, Hollywood e i videogiochi vorrebbero averci insegnato: la maggior parte delle armi medievali concepite allo scopo bellico, in effetti, risultavano essere molto più leggere di quanto saremmo soliti aspettarci, con il tipo di asce a due mani mostrate nel video raramente capaci di superare i 3 o 4 Kg e le spade lunghe, impugnate a due mani, inferiori persino della metà. Ciò senza neppur contare come una superficie metallica, per quanto costituita da singoli anelli intrecciati l’un l’altro, possa facilmente resistere a qualsivoglia tipo di colpo vibrato di taglio, laddove gli affondi, inerentemente, risulteranno sempre goffi qualora portati con un oggetto la cui testa costituisce anche il baricentro. Ragion per cui ancor prima dell’invenzione delle vere e proprie armi ad asta o soluzioni avanzate come il martello o la mazza a flange, capace di mordere letteralmente via il metallo dell’armatura nemica arrivando a ferire direttamente il suo occupante, l’ascia medievale intraprese un percorso che l’avrebbe portata ad allungare progressivamente il suo manico, perfezionando il suo utilizzo presunto nella già citata serie di situazioni tipo. Fino al caso estremo della Sparth (XIII secolo) coi suoi 160 cm d’impugnatura e testa allargata, manovrata con significativo grado di sofisticazione dai rinomati gallowglass, guerrieri e mercenari d’elite dei clan scozzesi. Per trovare la successiva evoluzione funzionale dello stesso concetto impugnato nel video da Simon e Brett, invece, occorre spostarci fino alla guerra civile inglese delle due rose (1455-1485) combattuta tra i rispettivi sostenitori delle casate Lancaster e York, in cui l’equipaggiamento tipo del milite aveva finito per includere l’invalicabile armatura a piastre completa e contro di essa, la temibile pollaxe (o “azza”) vero e proprio apriscatole lungo fino a due metri, dotato di punta acuminata sulla sua sommità e in opposizione ad essa, oltre alla testa larga e il piccone sul retro, entrambi altrettanto pericolosi se vibrata con lunghi e devastanti archi sopra la testa del proprio bersaglio.
Al giorno d’oggi l’idea stereotipata dell’ascia come arma più facile da usare in guerra rispetto alla spada viene tutt’ora promossa da un certo tipo di letteratura, storica e fantasy, benché l’evidenza provi effettivamente l’opposto. Quasi come se il maggior prestigio, e valore, dell’arma tipo del cavaliere dovesse in qualche modo implicare una superiorità di quest’ultimo ai suoi sottoposti. Nella stessa maniera in cui si tende, del resto, a sopravvalutarle entrambe, egualmente inadatte a superare l’armatura indossata dalla fanteria pesante di quelle epoche, a meno di tecniche particolarmente complesse applicate nel migliore dei modi e delle circostanze (vedi half-swording).
Il che faceva, in quella particolare fase della guerra europea, delle ben più umili picca, lancia ed arco degli attrezzi ben più utili allo scopo per un semplice fattore al di sopra di ogni altro: l’esser stati creati, fin dall’inizio, per penetrare, piuttosto che tagliare. Verso l’esecuzione di un attacco molto più difficile da bloccare o deviare, poiché concentrava tutta l’energia muscolare in un singolo punto, verso il raggiungimento dell’uccisione tanto tragicamente agognata. La stessa che ritroviamo, tradotta in termini moderni, dall’ideale conduzione di un qualsivoglia tipo di proiettile balistico fino alla barriera che ci separa dal successo fatale. Traguardo di quel percorso che avrebbe trovato il suo passo successivo, di lì a poco, con l’invenzione più letale di tutti i tempi: la balestra…