Immaginate di lanciare una moneta dal finestrino di un aereo, inclusiva di un dispositivo GPS per riuscire successivamente a trovarla. Il tutto con la finalità, inerentemente utile, di creare un grafico con la quantità di volte in cui essa cade mostrando testa o croce. Fatelo 100, 200, 2.000 volte: quanto spesso capiterà che l’oggetto, raggiungendo il terreno di taglio, resti conficcato nella terra soffice di qualche radura disabitata? Non più di una manciata di volte, probabilmente. Eppure moltiplicate la ripetizione del gesto per un numero di volte che tende all’infinito ed anche una tale casistica, per quanto rara, non potrà fare a meno di fare lo stesso. Ed è soltanto per lo stesso rapporto di causa ed effetto, fondamentalmente, che possono esistere determinati tipi di gemme. Frutti inconfondibili del processo mineralogico attraverso cui gli atomi o le molecole si dispongono, sotto l’influsso di condizioni estreme, con un reticolo perfettamente modulare ed infinitamente ripetuto. All’altro capo del quale prendono forma, con imperturbabile progressione, gli orpelli facenti parte delle nostre esposizioni museali, gioielli e in casi particolarmente opulenti le braccia dei lampadari. Eliotropio quarzite ametista diaspro citrina e così via a seguire, come potremmo estrarre da un qualsivoglia libro di cristallomanzia… Eppur sussiste, strisciante ed inevitabile, la percezione che molto altro possa nascondersi dietro le cognizioni liberalmente acquisite, che un mare in tempesta ondeggi letteralmente, sotto l’apparenza solida di questa terra, in attesa che gli occhi umani possano finalmente attribuirgli migliaia, se non migliaia di nomi. Questione citata dal creativo della grafica 3D Dan Hoopert, che pubblicando il suo ultimo video sulla piattaforma multimediale Vimeo ha scelto d’includere come didascalia un brano dell’articolo del 2019 della rivista Earth che affermava: “Esistono 5.000 minerali diversi riconosciuti dalla International Mineralogical Association, molti dei quali documentati a partire da un numero limitato di occorrenze. È perciò improbabile che gli scienziati scoprano nuovi depositi di sostanze particolarmente abbondanti. È invece probabile che molti minerali rari debbano ancora essere scoperti.” Contributo cui si aggiunge, nel caso specifico, l’elaborazione visiva più notevole di quelli che potremmo definire in senso generico cinque tipologie di cristalli fantastici, ispirati a pietre davvero esistenti, da lui mostrati in maniera piuttosto insolita: in quello che potremmo definire, volendo, una sorta di time-lapse esteso attraverso secoli, se non millenni, e almeno parzialmente fantastico nel suo svolgimento. Non ci viene mostrato, infatti, il reticolo cristallino nel suo stato (apparentemente) immutabile, né il processo di solidificazione sperimentato al momento della sua nascita, bensì una sorta di stato intermedio e trasformativo, attraverso cui le rispettive venature delle diverse pietre si allungano fino all’estremo, s’incrociano e formano nuovi reticoli, sistemi all’interno di un sistema più grande. Circondati dal più munifico florilegio delle arcane circostanze. Sarebbe in altri termini possibile paragonare l’effetto risultante a quello del sistema linfatico di una pianta o creatura, rispondente a regole totalmente diverse poiché tipiche del regno della non-vita. Finché in un crescendo finale, le cinque pietre vengono mostrate tutte assieme, mentre lo spettatore, silente, finisca idealmente per vocalizzar tra se e se: “Bello ma vorrei sapere cosa, esattamente, ho appena visto…?”
Un cristallo è sostanzialmente l’aggregazione solida di materiale risultante da un processo di precipitazione, soluzione, congelamento o deposizione. Stato di trasformazione limite che tanto spesso, contrariamente all’aspettativa ragionevole, deriva da una serie di processi chimici tutt’altro che rari in natura, come la creazione di una camera magmatica, l’iperfluido risultante dall’aumento della pressione in intercapedini sotterranee o ancor più semplicemente ma in maniera decisamente più transitoria, l’abbassamento estremo e improvviso della temperatura dell’aria. Il cristallo che ci è maggiormente familiare, del resto, e compare frequentemente nelle decorazioni natalizie, è quello prodotto dal cosiddetto fiocco di neve, al punto da essere riconoscibile al colpo d’occhio da chicchessia. Ed il principio generativo, fondamentalmente, resta lo stesso: dapprima trova generazione, in un punto inerentemente stabile dello spazio e possibilmente privo di asperità, il cosiddetto germe del cristallo (in un processo detto nucleazione) al quale restano attaccati, l’uno dopo l’altro, un certo numero di suoi identici elementi costitutivi. L’uno dopo l’altro, implacabili e indefessi, si dispongono nell’unica formazione resa possibile dalle loro caratteristiche inerenti, chiamato reticolo cristallino. Ed è questo il modo in cui la gemma sembra letteralmente crescere in maniera progressiva, come si trattasse di un qualche tipo di pianta, fungo o alga nata da semi invisibili e protesa verso un futuro incerto. Ma molti sono i fattori esterni capaci d’influenzare una simile serie di trasformazioni… Tipico ad esempio, nella creazione intenzionale dei cristalli in laboratorio, è l’impiego di una bacchetta di vetro strofinata sulla superficie del recipiente in vetro all’interno del quale si trova la soluzione, al fine d’incrementare l’elettricità statica ed il conseguente stato di eccitazione dei processi d’interconnessione chimici tra i singoli componenti. Talvolta tentando d’ottenere, piuttosto che il prodotto finale da indossare come pezzo forte di qualche collana, la conseguente purificazione degli altri ingredienti presenti nella bottiglia, come stato intermedio verso la realizzazione dell’ennesima, variabilmente utile ed ormai altrettanto mondana, pietra filosofale. A lungo tempo, d’altra parte, gli studiosi si sono interrogati su come, esattamente, questo processo potesse sfidare la seconda legge della termodinamica, creando a partire dal nulla uno stato d’ordine che scaturisce dal caos e contravvenendo, in conseguenza di questo, al processo implacabile dell’entropia. Finché non si scopri come in realtà fosse proprio il calore inevitabile, generato dalla progressiva crescita e aggregazione della pietra, ad aumentare il grado di disordine nel mondo circostante ed in conseguenza di ciò, preservare l’equilibrio.
Cristalli dotati di un valore inerente a causa della loro possibile rarità, nel frattempo, restano quelli di origine naturale, sostanzialmente affini alle visioni fantastiche del video realizzato da Dan Hoopert, ciascuno riconducibile almeno in parte a una pietra reale sfruttando il sempre valido indizio della tonalità cromatica che li caratterizza. Così che il primo, di un viola tipico dell’ametista, fluorite o lepidolite, sembra contenere lo spirito dei rampicanti del bosco, tante rosette spinose si affollano sotto la superficie chiara e limpida del suo abito protettivo esterno. Seguìto da una verde tormalina, apatite o avventurina, ricoperta di gocce apparentemente congelate all’interno di uno spazio impossibilmente denso ma capace di rimanere, nonostante tutto, innegabilmente trasparente. In modo non dissimile dalla successiva fluorite, agata o citrina (arancione) mentre simile a un labirinto di specchi appare il quarzo incolore in grado di concludere la carrellata. Ma è forse l’azzurrite, crisocolla o emimorfite blu, a catturar maggiormente lo sguardo, in funzione delle intricate venature capaci d’incontrarsi rispettando la regola degli angoli retti…
La natura imperscrutabile dei cristalli da sempre ci affascina e guida le nostre percezioni in materia. Verso l’idea, anticamente diffusa attraverso i secoli, che tali oggetti inanimati possano mantenere un qualche tipo di potere ultraterreno, in grado d’influenzare il nostro stato d’essere o le circostanze presenti e future dell’esistenza. Una semplice conseguenza dell’idea alchemica secondo cui tali pietre derivassero dall’effetto dei raggi del Sole, filtrati attraverso il suolo verso i vasti reami del mondo chtonio, ove finivano per trasformarsi in qualcosa d’innegabilmente tangibile e permanente. E per quanto la scienza sia valida a dimostrare il contrario, sarebbe un livello di fiducia prossimo all’ottimismo irrealistico negare che particolari risultanze possano sfidare, con la loro innata magnificenza, ogni dubbio residuo sull’esistenza di un processo generativo che guida l’Universo.
Poiché non è forse vero che la creazione di un qualcosa di tanto preciso e ordinato nonostante i presupposti, costituisca una sfida innegabile all’allontanamento dalla primordiale Età dell’Oro, concetto formativo ed al tempo stesso irrecuperabile, dell’Universo?